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Visualizzazione dei post da novembre, 2025
 I DE FILIPPO NEL NOME DI LUCA Era un predestinato. Aveva solo sette anni quando, nel 1955, in diretta TV dal Teatro Odeon di Milano, Luca De Filippo faceva il suo ingresso in palcoscenico in braccio a papà Eduardo. Quel ragazzino, con le mani dietro la schiena e il sorriso sdentato, veniva presentato come il capostipite di una “nuova generazione”, tenuto a battesimo nei panni di Peppiniello in Miseria e nobiltà . Un passaggio obbligato per tutti i membri della famiglia Scarpetta-De Filippo. Un onore, ma prima di tutto un onere. Forse troppo per le spalle di un ragazzino.                                              Questo, tuttavia, era ciò che accadeva a tutti i figli dei grandi teatranti del Novecento. Un destino segnato. Un privilegio? Forse, anche se non basta essere “figli di” per riuscire nella vita. Ma in questo caso lo escluderei: perché Luca De Filippo non e...
CIAO, ORNELLA! Ecco, la musica è finita. E ci sentiamo soli. È questo il nostro stato d’animo. La musica è finita. Ornella se n’è andata. E ci sentiamo soli. Sì, soli. Perché Ornella Vanoni viveva in un eterno presente. E ci eravamo illusi davvero che la sua voce, la sua eleganza, la sua ironia e perfino le sue gaffe ci avrebbero fatto compagnia per sempre, come le sue canzoni più belle:  Eternità , La musica è finita , L'appuntamento , Noi, le donne noi .  Una esistenza che sembrava “senza fine”, come quelle mani che avevano fatto innamorare Gino Paoli, suo grande amore e indimenticabile partner di tanti successi. Successi che non le sono mai mancati: dagli esordi in teatro con Strehler e Garinei & Giovannini ai varietà televisivi fino ai successi musicali, tra festival e tournée . E invece no, Ornella Vanoni è volata via, seguendo la sua voce. Una voce che saliva su, leggera, in alto, che non conosceva confini. Una voce libera, che ha cantato e detto tutto ciò che h...
 BAUMAN, LA CULTURA SALVERÀ L ’EUROPA Ho riletto quelle parole, con attenzione. Ho riletto quelle parole che mi avevano affascinato, qualche anno fa, da studente alle prese con un interessante (quanto corposo) esame universitario di Filosofia della Storia. Ho riletto quelle parole come tributo. Tributo a un sociologo e a un pensatore, ma prima di tutto a un uomo che se oggi fosse qui griderebbe, dai microfoni della Storia, la sua verità.  Perché sono convinto che alla veneranda età di cento anni, Zygmunt Bauman avrebbe ancora da dire, o da ridire. Ridire nel senso letterale del termine. Ripetere ciò che fingiamo di non sapere e che lui ha sempre sostenuto. Fin dagli albori di quella “società liquida”, emblema della post-modernità, che ha reso tutto certamente più dinamico, più fluido e aperto alle novità, ma anche più precario. Ebbene, rileggendo le parole di Bauman in L’Europa è un’avventura  ho ritrovato un pensiero che mi accompagna costantemente negli ultimi tempi. L...
  ADDIO, KESSLER! Insieme, sempre. E non solo per genetica simbiosi, come ci si aspetterebbe da due gemelle omozigoti. Insieme perché solo così, insieme, sono riuscite a vivere come volevano. Insieme sono venute al mondo, nell’agosto del 1936 in Sassonia, nella Germania Orientale. Insieme sono fuggite da lì, verso Ovest, e insieme hanno abbandonato una famiglia difficile e un destino che non volevano fosse il loro.  Insieme hanno iniziato a danzare. E poi a cantare, sedurre e affascinare, con quelle gambe che sembravano infinite, come il vortice della perdizione. Insieme hanno esordito sui palcoscenici germanici, insieme si sono fatte ammirare al Lido di Parigi tra le Bluebell e infine insieme sono approdate lì dove hanno conosciuto la fama, quella eterna: la televisione italiana. Quando il varietà si chiamava Antonello Falqui, gli schermi erano in bianco e nero e per non essere giudicate troppo “audaci” bisognava coprirle, quelle gambe, con dei pesanti collant neri che non ...
CARLO VERDONE: LA FORZA DEI SENTIMENTI Qualche settimana fa ho rivisto, dopo tanti anni, Perdiamoci di vista , riscoprendolo ancora più bello di quel che ricordavo. La storia di un cinico presentatore televisivo che si innamora di una ragazza paraplegica che ne aveva smascherato ipocrisie e bassezze irrompendo dal pubblico nel pieno di una trasmissione in diretta. Un amore attraverso cui riempire il vuoto lasciato dai suoi fallimenti, personali e professionali . Ho voluto esordire così, citando questa pellicola che vede Carlo Verdone dividere la scena con una dolcissima (viene quasi difficile pensarlo) Asia Argento, perché credo che sia la costante presenza dei sentimenti, e delle relative emozioni, a spiegare quanto sia grande la filmografia di Verdone. Perché sì, Perdiamoci di vista è un film pieno di sentimento . Come lo è Acqua e sapone , il mio preferito in assoluto, intriso di quell’ingenuità che oggi manca tanto. Lo è Borotalco , con l’amore viscerale di Eleonora Giorgi per ...
  PINO LOCCHI: “L’ANIMA” DEI GRANDI Era un uomo piccolino, ma quella voce, potente, seducente e ammiccante, sovrastava la sua minuta essenza, mai priva di eleganza e buon gusto. Pino Locchi è stata THE VOICE del doppiaggio italiano. Voce ufficiale di grandi attori, nazionali e internazionali.  Uomini affascinanti e dal fisico statuario. Volti dal sorriso malandrino e la faccia da schiaffi. Divi dagli occhi limpidi e penetranti. Che si incarnasse nel corpo di un “povero ma bello” come Maurizio Arena, negli abiti sdruciti di Terence Hill, nello smoking bianco di Sean Connery nei panni di 007 (ma anche di Roger Moore) oppure nel corpo ambrato e aitante di Sandokan (Kabir Bedi), “l’anima” di Locchi trovava in loro completezza. Un attore brillante, bambino prodigio, che nel doppiaggio trovò la propria consacrazione e quella di grandi e piccoli attori che non sarebbero stati gli stessi senza le sue prodigiose “corde”. A cento anni dalla sua nascita, vi invito a leggere al seguente...
  CIAO, BEPPE! Non prendersi mai troppo sul serio. Credo sia stato questo il suo segreto. Un uomo gentile, in abiti, gesti e parole. Preparatissimo, con una carriera intensa e soddisfacente, passando dalla direzione d’orchestra all’arrangiamento musicale fino alla musicoterapia. Un maestro che non si è mai vantato di sé. Beppe Vessicchio è stato l’incarnazione stessa del pop, del popolare.  La barba curata, i papillon, gli immancabili panciotti sotto giacche sobrie sono stati il suo tratto distintivo, oltre la musica. La musica che amava, la musica per cui viveva. E che si trattasse di comporre, di studiare armonie che favorissero la coltivazione del pomodoro o di dirigere l’orchestra al Festival di Sanremo , era la medesima cosa. Beppe Vessicchio faceva tutto in punta di piedi e in punta di bacchetta: con professionalità, garbo e ironia. Sì, perché un uomo che non si prende troppo sul serio è disposto anche a diventare un fenomeno di costume, a giocare su se stesso e con se...
  ANTONELLO FALQUI, IL TEMPO E LA TELEVISIONE C’era una volta, il tempo. Sì, il tempo. È ciò che manca di più alla nostra televisione. Il tempo per pensare e riflettere, per ideare. Il tempo per costruire, allestire un palcoscenico, per creare scenografie. Il tempo per ascoltare sigle d’apertura e chiusura, coreografie che durano poco più di cinque minuti ma provate per una settimana intera. Il tempo di scrivere sketch intelligenti, dove l’ironia non lascia mai spazio al turpiloquio ma soltanto al gioco di parole.  Il tempo in cui bastavano solo tre telecamere (la numero uno, la numero due e la numero tre) per rendere giustizia a uno studio preparato nei minimi dettagli. C’era una volta il tempo, in quel tempo. Il tempo di Antonello Falqui e del varietà del sabato sera. Il tempo di Studio Uno e Canzonissima , Teatro 10 e Milleluci . Il tempo dei monologhi di Walter Chiari, degli acuti di Mina, della raffinata sensualità di Raffaella Carrà, delle gambe delle Kessler su coreo...
 CIAO, GIORGIO! La politica di cui si beffava, la politica che raccontava con tagliente punta di grafite, non era certo quella di oggi. Sebbene fu proprio lui a illustrare, con ironia sagace, spesso colorita, il drammatico passaggio tra la Prima e la Seconda Repubblica. Ma i politici che ritraeva Forattini erano - al netto di debolezze e nefandezze, piccole o grandi che fossero -, a modo loro, ancora degni di talune attenzioni, anche al solo scopo satirico.  Se si pensa che, tra gli ultimi a cui Giorgio Forattini ha dedicato tavole e tavole pubblicate sulle pagine dei migliori quotidiani, da Repubblica a Il Giornale passando per La Stampa , c’era Silvio Berlusconi, viene naturale constatare come i “suoi” personaggi messi alla berlina per la tutela della sacrosanta libertà di satira avessero una definita personalità. Giulio Andreotti, Amintore Fanfani, Bettino Craxi, Enrico Berlinguer, Giovanni Spadolini. Personalità diverse, personalità complesse, ma pur sempre degne di ess...
LA VERITÀ SECONDO PASOLINI Forse più che a disvelarla la Verità, lui ci ha spinti alla sua ricerca. Ricerca, appunto, non scoperta. Perché Pier Paolo Pasolini era uno scrittore, un regista, un poeta, un uomo sensibile e complicato, pieno di contraddizioni (difficile riuscire a capirlo a fondo, al limite provarci), ma era anche un filosofo. Una persona incline alla riflessione, al porsi delle domande per trovarne le risposte. La sua ricerca della Verità si compie nel l’osservazione della  realtà, nel l’indagine attraverso  i meandri della religione, negli abissi dell’esistenza umana. Una ricerca continua fondata probabilmente sulla consapevolezza che essa fosse un affascinante esercizio critico più che una operazione strumentale finalizzata al raggiungimento di un obiettivo. Perché di verità ce ne sono tante.  La verità per Pasolini si celava nei paesaggi fiabeschi e bucolici delle campagne friulane di Casarsa, nelle squallide baracche delle borgate disseminate nella per...