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Visualizzazione dei post da maggio, 2023
  BUON COMPLEANNO, FABIO!   Sono settanta. Un'età di bilanci, di conti, di progetti, di rimpianti. Ma Fabio Concato sembra non sentirne affatto il peso. La sua voce, dolce e leggera, un sussurro di primavera in musica, è sempre quella di quarantuno anni fa. Quando la sua Milano "dorme ancora" mentre lui e la moglie si regalano una " Domenica bestiale " al lago.  Era il 1982: Fabio Concato, figlio di un jazzista e nipote di due cantanti lirici, diventava una delle voci più belle di quel decennio lì. " Rosalina ", " E ti ricordo ancora ", " Guido piano ", " Fiore di maggio " sono successi cantati e conosciuti da almeno tre generazioni. Poesie in musica che non risentono del tempo che scorre e delle mode che cambiano. Canzoni immortali, alle quali si aggiungono molti altri brani, più o meno conosciuti, più o meno apprezzati ( come " L'Umarell ", scritto nel 2020 in pieno lockdown , e dedicato ai vecchietti che
 MYRIAM PETACCI, UNA STORIA NELLA STORIA Bella, fiera, decisa. Vincere, il motto del Regime, divenne anche il suo. La sua vittoria era rappresentata dal palcoscenico e dal grande schermo, dove riuscì ad arrivare grazie a "Lui". Sì, proprio "Lui". Perché negli anni '40, quando Myriam Petacci, in arte Miria di San Servolo, esordì come attrice (dal Teatro delle Arti di Roma al Festival di Venezia) sua sorella maggiore Claretta era già diventata l'illegittima compagna del Duce, che cercò in tutti i modi di aiutare la cognatina a spiccare il volo.  Provò anche in Spagna, dove nel 1943, in piena odissea nazionale, tra guerra e ribellioni, fu spinta a trasferirsi dalla sorella e dal Duce, che non fece in tempo a riabbracciare prima che fossero uccisi. Myriam Petacci, nel Dopoguerra, tornò in Italia e si rifugiò tra i ricordi, cercando di salvaguardare la memoria di sua sorella, partecipando anche al film a lei dedicato da Squitieri, nel 1984. Poi l'oblio, disso
  ARRIVEDERCI, ISA! Se n'è andata in punta di piedi, muovendo con dolcezza e discrezione quelle gambe tanto onorate sui palcoscenici della rivista e tanto osannate da comici come Totò, di cui fu gradevole e seducente "spalla" comica. Isa Barzizza non c'è più. Sul suo sguardo e il suo sorriso da giovane e affascinante fanciulla prima e di raffinata e imbiancata signora poi è calato il sipario davvero.  Figlia del compositore e direttore d'orchestra Pippo, tenuta a battesimo artistico da Macario ne "Le educande di San Babila", femme fatale accanto a Totò nelle commedie di Mattòli (da "Totò al Giro d'Italia" a "Un turco napoletano"), Isa Barzizza aveva lasciato le scene ancora giovane (dopo la prematura morte del marito, il regista Carlo Alberto Chiesa), dedicandosi successivamente al doppiaggio per poi ritornare alla ribalta alla fine del secolo scorso, tra cinema e televisione, con le moderne fiction (lei che aveva inaugurato le t
  LITTLE TONY: "RIDERÀ", ALTROVE "Non finisce qui. E sai perché? Sono nato nuovamente". Ci credo. Credo che la sua vita sia ricominciata sotto altre forme. Little Tony ci lasciava dieci anni fa, il 27 maggio 2013, stroncato da un tumore polmonare. Ma io sono convinto che, come cantava a Sanremo 2008, ritornando in scena dopo alcuni anni di stop per problemi di cuore, Little Tony abbia ricominciato altrove la sua vita, fatta di musica, giubbotti di pelle, ciuffi imbrillantinati e ancheggiamenti stile Elvis Presley.  Dai Castelli Romani a Londra, dal Cantagiro al Festival di Sanremo, Antonio Ciacci da San Marino - Little Tony per gloria - ci ha regalato brani indimenticabili, a metà strada tra rock e pop , tra Stati Uniti e litorale romano, tra "musicarelli" e tournée mondiali, passando da "Riderà" a "La donna di picche", fino ad arrivare a "Non finisce qui", il canto di un nuovo inizio. Qui di seguito, vi ripropongo l'arti
  LETTERA A UNA PROFESSORESSA, IL TESTAMENTO DI DON MILANI «Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che “respingete”. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate». Queste parole racchiudono il senso profondo della sua missione, del suo credo, della sua scuola. Una scuola diversa per chi diverso non è ma viene percepito come tale. Una scuola osannata e contestata. Una scuola che ha fatto “scuola”. Lettera a una professoressa , di don Lorenzo Milani, diventò il manifesto del Sessantotto, la “guida” spirituale di chi contestava un sistema (sociale, politico, economico) ritenuto obsoleto. Ma oggi, a un secolo dalla nascita del prete di Barbiana, essa rappresenta il testamento di un uomo che ha fatto della Fede strumento di lotta e di riscatto dall’ignoranza e del Vangelo il decalogo degli unici e veri princìpi del cristianesimo.  Las
 GAETANO SCIREA: PROFESSIONE CALCIATORE Aveva solo trentasei anni quando un incidente lo strappò alla sua vita e al campo di calcio che aveva onorato con i suoi piedi. Piedi agili, scattanti, in grado di tenere incollata la palla e permettergli di destreggiarsi con leggera naturalezza. Gaetano Scirea avrebbe oggi settant'anni - era nato a Cinisello Balsamo, vicino Milano, il 25 maggio 1953 - e alle spalle una carriera luminosa a bordo campo.  Dalla "Serenissima" della sua città natale alle giovanili dell'Atalanta, poi alla Juventus, dove si ricoprì di gloria e onori, prima come difensore libero, poi come capitano. Sette scudetti per la " Vecchia Signora " e altri trofei tra Coppa Uefa e Coppa Italia. Per non parlare poi dei Mondiali dell'82, quando Scirea fu tra gli undici angeli che si laurearono "campioni del mondo" sotto lo sguardo fiero del presidente Pertini che esultava dagli spalti del Santiago Bernabéu  come un tifoso qualunque. Pagine
  NINO TERZO, IL MAGICO "SOFFIO"  DELLA COMMEDIA ITALIANA Baffone nero, occhi strabuzzati, sorriso sdentato, corpo piccolo e dall'andatura goffa, Nino Terzo ha fatto ridere anche solo per questo. Se poi ci si aggiunge la sua parlata sicula da balbuziente asmatico, incapace di parlare senza emettere un "soffio" d'incoraggiamento, ecco che il suo posto d'onore tra i più grandi caratteristi nostrani è garantito senza ombra di dubbio.  Quella macchietta lì, quella del balbuziente dal "soffio" proibito, in grado di far ridere prima ancora di proferir verbo, Antonino "Nino" Terzo iniziò a provarla nei teatri della "sua" Palermo, dove nacque un secolo fa - il 22 maggio 1923.  In alto, Nino Terzo con una comparsa ne "I due colonnelli" (1963). In basso, da destra, Nino Terzo,  Totò e Ugo D'Alessio in "Totò contro i quattro" (1963). Entrambi i film sono diretti da Steno. L'avanspettacolo e il varietà furono
 BUON COMPLEANNO, AL BANO! Può piacere o non piacere, come personaggio e come cantante, ma non si può di certo negare il suo talento. La sua ugola, forte, roboante, calda, "grida" da più di mezzo secolo la sua storia: da giovane figlio di contadini del Tavoliere a grande "voce" della musica italiana. Da Cellino San Marco, dove venne alla luce ottant'anni fa, a Milano, dove iniziò la sua carriera. Dai milioni di dischi, dall'oro al platino, alle bottiglie di vino pregiato della sua tenuta agricola, messa su con amore in ricordo del papà Carmelo.  Sotto il panama bianco perennemente presente, il cuore di Albano Carrisi, per tutti Al Bano, batte al ritmo di una tradizione canora a metà strada tra la musica leggera e il canto popolare, tra il tenorile e il baritonale, tra competenza e semplicità, specchio di un Paese che con lui ha vissuto tutto. Come la lunga storia d'amore - poi divenuta solida amicizia - con Romina Power, nata tra i "musicarelli"
  LA MALFA: L'UOMO, L'ECONOMISTA, IL POLITICO Venne soprannominato la "Cassandra" della politica italiana, perché le sue previsioni economiche - soprattutto in qualità di Ministro del bilancio - non furono mai incoraggianti. In realtà, il suo agire era dettato soltanto da prudenza e oculatezza. Ugo La Malfa nasceva centoventi anni fa - il 16 maggio 1903 -, e legò per sempre il suo nome alla politica nazionale con il simbolo dell' "edera".  Fondatore del Partito d'Azione nel 1942, "Padre" Costituente nel 1946, uomo chiave della Ricostruzione post-bellica, fu prima segretario, poi presidente del Partito Repubblicano Italiano (Pri), nelle cui fila condusse diverse battaglie, come quelle per la scuola laica e per l'attuazione di una serie di riforme per lo sviluppo del Mezzogiorno. Tra calcoli, numeri e vari Ministeri, Ugo La Malfa concluse la sua carriera nel 1979, stroncato in pochi giorni da un'emorragia cerebrale. Un uomo deciso, un
 DORIS DOWLING: "OCCHI" DI CINEMA Fiera e austera. Occhi grandi, scuri. Capelli neri, sciolti e vaporosi o elegantemente raccolti. Fisico slanciato ed elegante. L'immagine del cinema americano degli anni '40, delle attrici algide e fatali. Ma Doris Dowling, in tutto questo, fu soltanto una cometa di passaggio. Dai palcoscenici di Broadway ai teatri d'avanguardia, dalla natia Detroit - dove nacque un secolo fa, il 15 maggio 1923 - ad Hollywood, Doris Dowling raggiunse il successo in patria con "Giorni perduti" di Billy Wilder, ma la popolarità vera arrivò nel Belpaese, dove si trasferì alla fine degli anni '40 insieme alla sorella maggiore Constance, detta "Connie", bionda ma molto simile a lei, in volto e corpo.  Fu proprio quest'ultima, infatti, a legare per sempre il proprio volto all'Italia, quale ultima "musa" di Cesare Pavese. Doris e "Connie" Dowling arrivarono qui alla fine degli anni '40, riuscendo en
  CIAO, ENRICO!  Tutto nasce da un'idea. Che poi si concretizzi, che poi diventi realtà è necessario, ma comincia tutto da lì, da un'idea. E di idee, Enrico Oldoini ne ha sempre avute molte, spesso geniali, altre volte intelligenti. Come sceneggiatore ha scritto pagine di cinema, di commedia soprattutto. Ha collaborato con registi quali Nanni Loy ("Testa o croce"), Dino Risi ("Tolgo il disturbo"), Carlo Verdone ("Borotalco" e "Acqua sapone"), ma ha anche scritto e diretto molti capitoli cinematografici: da "Lui è peggio di me", con Pozzetto e Celentano, al dittico di "Vacanze di Natale" ('90 e '91), passando per "Una botta di vita", col duo Sordi-Bilier.  Ha lanciato Lino Banfi - reduce dalla " commedia sexy " - nel drammatico, con il film Tv "Nuda proprietà vendesi", dove l'attore pugliese divideva la scena con Annie Girardot. E proprio in televisione, dove ha lavorato molto (
 CONGRATULAZIONI, ENRICO! Una volta si chiamavano commedie farsesche o film commerciali, poi sono diventati " B-movie ". Una volta erano interpretate da Totò e Fabrizi, da Sordi e la Valeri, poi da Pozzetto e Abatantuono, Mattioli e Buccirosso. Prima erano dirette da Stefano Vanzina, in arte Steno, poi dai suoi figli, Carlo ed Enrico. Cos'è cambiato? Al di là dei tempi, degli attori, degli usi e dei costumi italici, nulla. Si è sempre storto il naso di fronte a quei film popolati da grandi caratteristi - oggi rari - e gentili primattori. Film che il pubblico ama tanto, perché fanno divertire, distraggono dalle preoccupazioni del mondo, dalle proprie miserie. Film a volte girati a basso costo.  E anche quando registi e sceneggiatori come i Vanzina sono andati oltre il filmetto di facili incassi (Steno inaugurò il poliziottesco anni '70 e si diede anche al giallo, i figli hanno sperimentato la "commedia all'italiana" e anche il drammatico), sono sempre sta
 LILIANA DE CURTIS: AMORE DI FIGLIA Sarebbero stati novanta oggi, se non fosse volata via undici mesi fa. Però possiamo capirla. Manca tanto a noi il suo "babbo", figuriamoci a lei, in cui egli era impresso in "carne, ossa e cartilagine". Liliana De Curtis, nobile figlia di cotanto padre Totò, se ne sta Lassù, accanto a lui, probabilmente a raccontargli quanto fatto in vita per mantenerne viva la memoria. Possiamo mai dimenticarla? Direi proprio di no, anche perché sarebbe ingiusto. Sarebbe ingiusto dal momento che lei, bella, brava e umile, ha sempre cercato di conservare vivo tanto Totò quanto Antonio De Curtis, le due personalità di un piccolo grande uomo che ha fatto tanto per lo spettacolo italiano e che, ahimè, in vita non è mai stato tanto considerato. Allora lei, figlia prediletta, donna bella e affascinante, forse ancor di più nella maturità, decise di consacrare la sua vita di attrice mancata - Totò, che Dio l'abbia in gloria, era geloso e preferiva si
  IL "NOSTRO" FERNANDEL L'8 maggio 1903, a Marsiglia, veniva alla luce il sorriso più bello e buffo del cinema italiano. Sì, ho detto italiano. Perché Fernandel era più italiano di tanti grandi attori di pura cittadinanza. Cominciò nei café-chantant della Costa Azzurra, fece comiche esibizioni alle Folies Bergère di Parigi, ma diventò leggenda solo quando indossò la tonaca di don Camillo, un burbero prete emiliano i cui pregi e i cui difetti erano stati "disegnati" dalla prodigiosa matita di Guareschi, per poi finire sul grande schermo con quel volto lì, dal sorriso largo e lo sguardo furbo.  E che lo stesso Fernandel, attore completo, comico e drammatico - con Pagnol, ai suoi esordi cinematografici -, fosse contentissimo di quella popolarità italica condivisa con l'amico/nemico Gino Cervi, nei panni del "rosso" Peppone, è risaputo. Come si sa bene che l'ultimo costume di scena che egli indossò prima di morire - consumato da un cancro nel febb
 BUON COMPLEANNO, TONY! Sguardo sinistro, pelle cotta dal sole, capelli corvini, laconico o collerico. Tony Sperandeo, da almeno quattro decenni, è  l'effige della sua amata Isola e di quella Palermo in cui settant'anni fa nacque, e nei cui tratti caratteristici è rimasta scolpita. Dagli inizi nel cabaret col duo "Alamia & Sperandeo", portando in scena la musica popolare siciliana, all'esordio cinematografico con i fratelli Taviani in "Kaos", nel 1984.  Il segreto del successo? Il suo accento marcatamente siculo come il suo volto da "duro" che gli hanno permesso di caratterizzare con talento e disinvoltura soprattutto loschi figuri, lavorando con registi del calibro di Squitieri, Damiani e Marco Tullio Giordana, che ne "I cento passi" gli affidò il ruolo del boss Tano Badalamenti, con cui ottenne un David di Donatello. In Continente, però, tutti lo ricordano anche per le sue numerose partecipazioni televisive, tra miniserie e fict
 ANDREOTTI, L'INDECIFRABILE   Freddo, fermo, impassibile, ironico, divertente, sagace. Si potrebbero sprecare tanti aggettivi, anche contraddittori, per descrivere una figura complessa e sfaccettata come la sua. E, forse, sarebbe inutile provare a definirlo in maniera univoca e precisa. Giulio Andreotti non è stato soltanto un uomo politico, uno dei più influenti della Prima Repubblica, prima, durante e dopo la sua genesi, il suo sviluppo e la sua disfatta. Andreotti è stato un fenomeno sociale, l'emblema della politica italiana di ispirazione cattolica, nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale e trasformatasi in un vero e proprio sistema di Poteri ancora oggi di difficile discernimento.  Classe 1919, romano verace, laureato in Giurisprudenza, Giulio Andreotti ha fatto della politica la propria ragion d'essere, potremmo dire, dalla culla alla tomba. Mosse i primi passi nella FUCI, la federazione degli universitari cattolici, negli anni '30. Nel Dopoguerra, grazie
  ROSSELLA FALK: D'ARTE E D'AMORE "Sono tutte racchie e lei è una bella ragazza, la prenderanno di sicuro". Fu la vanità, al sentire queste parole di Giorgio De Lullo, a spingere Rossella Falk a iscriversi all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico. Quello sconosciuto incontrato, per caso, per le strade di Roma - e poi divenuto suo partner di scena nella "Compagnia dei Giovani" - aveva visto in quella diciannovenne ragazza di buona famiglia romana ciò che il pubblico avrebbe capito qualche anno dopo.  Impeccabile caschetto, naso pronunciato, occhi maliardi, Rosa Antonia Falzacappa divenne fin da subito Rossella Falk: affascinante e sofisticata, seducente e ombrosa. Esordì appena diplomata all'Accademia nel ruolo della "figliastra" in "Sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello, al Teatro della Fenice di Venezia. Era il 1948. Da quell'istante, Rossella Falk diede inizio ad una carriera che - salvo una picco
  GIUSTINO DURANO, NOBLESSE OBLIGE Il cinema lo scoprì a fine carriera, nelle vesti di Eliseo, l'anziano zio di Benigni in quel piccolo capolavoro di umana dolcezza de "La vita è bella" (1997), guadagnandosi un bel Nastro d'argento. Ma di applausi, consensi e fama Giustino Durano ne aveva avuti a bizzeffe in anni e anni di indefessa dedizione al palcoscenico.  Nato a Brindisi un secolo fa - il 5 maggio 1923 -, Durano fece una lunga gavetta tra avanspettacolo e varietà, il suo  habitat  naturale, tra battute, stacchetti di ballerine e risate a profusione. Con Dario Fo e Franco Parenti diede vita a un trio che nei primi anni '50 raccolse ovazioni in spettacoli come "Il dito nell'occhio" e "Sani da legare".  Dall'alto, Dario Fo, Giustino Durano e Franco Parenti. Passò poi al teatro di prosa con Strehler al "Piccolo" di Milano, cimentandosi con Brecht e Gor'kij. Nel frattempo, apparve anche al cinema, ma sempre in ruoli margin
 BING CROSBY,  SUSSURRI D'AMORE Non era particolarmente bello, ma aveva fascino. Le simpatiche orecchie, piccole e divaricate, erano compensate da uno sguardo azzurro e limpido come un cielo di primavera, e da un ciuffo di biondi capelli elegantemente pettinati con la brillantina. Ma la sua forza, il suo charme erano condensati nelle sue "corde", calde e sensuali. Bing Crosby è stato tra i primi, tra i più grandi " crooner " della storia musicale statunitense. Prima di The Voice Sinatra, a " to croon ", a sussurrare parole dolci e suadenti accompagnate da note swing era stato lui. Posava le labbra sul microfono e, come per magia, nell'aria si diffondeva un suono così dolce, leggero e coinvolgente da trasportare l'uditore (ma soprattutto le uditrici) in un mondo parallelo. Era l'America degli anni '20 quando Harry Lillis Crosby, detto "Bing", nativo di Tacoma - dove venne alla luce il 3 maggio 1903 -, iniziò con l'amico
 NON SMETTERE DI CERCARE, MAI! "In fin dei conti il lavoro è ancora il mezzo migliore di far passare la vita", lo scriveva Flaubert e potrei dire di essere d'accordo. Però, da meridionale, "uomo d'amore" e sensibile fino al midollo, mi trovo più in sintonia con quel che diceva il buon Luciano De Crescenzo, ovvero che la vita è fatta per metà di amore e per metà di lavoro. E quando parlo d'amore mi riferisco al senso più ampio del termine: amore per la vita, amore per se stessi, amore per i propri interessi e le proprie passioni. C'è però una soluzione: cercare di conciliare il bisogno di lavorare con la necessità di coltivare i propri sogni. In sostanza, Flaubert e De Crescenzo sarebbero soddisfatti allo stesso tempo se noi riuscissimo a fare il lavoro che ci piace, così da sentirci pienamente paghi e soddisfatti della nostra vita che scorre - forse anche troppo velocemente.  Certo, fare un discorso del genere il 1° maggio, Festa dei Lavoratori, nel