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Visualizzazione dei post da maggio, 2021
 L'ALIDA, IL CINEMA  È passato un secolo. È proprio il caso di dirlo. E non soltanto perché cento anni fa esatti nasceva la più grande, la più bella, la più intensa interprete del cinema italiano. È passato un secolo perché rivedere le foto di Alida Valli,  rivedere il suo volto austero, dominato da grandi occhi chiari splendenti sul suo bianco incarnato, equivale a fare un viaggio nelle meraviglie del cinema. Appassionato, emozionante, serio. Proprio come lei, che seppe portare avanti la sua passione fino alla fine, nonostante le difficoltà e nonostante, forse, tutto questo non le sia stato mai, fino in fondo, riconosciuto. Alida Maria Altenburger von Marckenstein und Frauenberg nacque a Pola, il 31 maggio 1921, quando l'Istria era ancora territorio italiano. Sua madre era istriana, suo padre trentino, e la sua era una nobile famiglia. Quel nome così altisonante, enfatico, sembrava rispecchiare la sua immagine di donna altera e fiera.  Alida Valli con Nino Taranto in "L&#
  ADDIO, DIVINA CARLA! Leggera, elegante, raffinata. Così se n'è andata. Dopo un'ultima piroetta, cercando di sfuggire alla malattia, Carla Fracci ha lasciato il palcoscenico della vita con la grazia che l'ha sempre contraddistinta. Fin dal Dopoguerra, nella sua Milano - dove era nata il 20 agosto 1936 -, alla Scala, dove mosse i primi passi e dove divenne una étoile , per la gioia del papà tranviere e della mamma operaia. Da lì, "Carlina" Fracci ha raggiunto i più grandi teatri del mondo, si è esibita con artisti come Nureyev e Bolle, ha diretto i corpi di ballo del  San Carlo Di Napoli e dell'Opera di Roma. Una infinità di successi, di personaggi (da Giselle a Giulietta), di ovazioni e riconoscimenti senza mai perdere quell'umiltà di ragazza di modesta estrazione che ha saputo levarsi sugli altari dell'Arte ma rimanendo sempre fedele a se stessa "passo dopo passo" - come recita il titolo della sua autobiografia -, fino alla fine. Dopo un ul
  CIAO, ISABELLA!  Diciassette anni, una testa di capelli riccioluti su un corpo esile, la gomma "ciancicata" all'angolo della bocca e una frase: "Ah stronzo, punto esclamativo". Così Isabella De Bernardi entrò nella storia del cinema, con quella scena in cui dava del "fascio" a Mario Brega nell'opera prima di Carlo Verdone, "Un sacco bello".  Era il 1980, e per qualche anno il suo volto da "pischella" ribelle fece capolino in diversi film, regalandoci gustosi momenti comici. E pensare che il cinema ce l'aveva in casa. Suo padre era il grande Piero De Bernardi, lo sceneggiatore che, in coppia con Leo Benvenuti, firmò tra le più belle pellicole della commedia nazionale. Proprio con loro, Carlo Verdone stava infatti stilando la sceneggiatura del suo primo film in casa De Bernardi. Isabella De Bernardi con Carlo Verdone in "Un sacco bello" (1980).  Un giorno rimase folgorato da Isabella, vedendola litigare con la sore
  GINO MARINGOLA, L'ELEGANZA DI UN'ANIMA IN SCENA "Un'anima pura" lo definì Luciano De Crescenzo e come dargli torto. Perché Gino Maringola la sua purezza d'artista, di scrittore, poeta e uomo la sprigionava ad ogni fiato emesso. Quella voce limpida, elegante come i suoi abiti, le sue cravatte ben annodate al collo, col suo incidere sobrio e sicuro allo stesso tempo. Come faceva sul palcoscenico, dove approdò come cantante a vent'anni - era nato il 17 novembre 1917, per quanto dichiarato il 13, "per scaramanzia" - nella sua amata Napoli. Iniziò ad esibirsi nell'avanspettacolo con Alfredo Thomas, girando per mezza Italia. Nel 1940, poi, passò alla recitazione, scritturato nella celebre compagnia Cafiero-Fumo, dove divise la scena con altre grandi interpreti del teatro partenopeo, le sorelle Nuccia e Nunzia Fumo. Ma il vero successo arrivò alla fine degli anni '60, al Teatro San Ferdinando di Napoli, quando a chiamarlo con sé fu Eduardo De
  MYRIAM PETACCI: "L'INCUBO" DI UNA RAGAZZA CHE SOGNAVA LA GLORIA "Vincere, Vincere, Vincere e Vinceremo in Cielo in Terra e in Mare" ed anche "in Scena" oserei dire. Perché quel motto, specchio di uno dei periodi più bui della nostra storia recente, divenne anche quello di una ragazza che sognava la gloria. Sua sorella, in qualche modo, aveva coronato il suo sogno d'amore con "Lui". Colui che credeva fermamente (o almeno lo dava a vedere) alle parole sopracitate. La "sognatrice" di cui stiamo parlando è Maria "Myriam" Petacci, la sorella minore di Claretta, l'amante di Benito Mussolini. Aveva solo diciassette anni - era nata, a Roma, il 31 maggio 1923 - quando Myriam Petacci salì per la prima volta in palcoscenico. Sua sorella era già legata al Duce e leggenda vuole che lo spettacolo - un'opera di Cherubini messa in scena al Teatro delle Arti di Roma - che la vide esordire come cantante lirica, venne appositam
  LO CHIAMAVAN'...BOMBOLO! La strada è sempre stata un palcoscenico a cielo aperto. Il cinema, quello dei volti semplici, delle battute sagaci, è nato proprio per i vicoli delle nostre città. Non solo quello neorealista in senso stretto, ma anche quello comico di impronta "vera". Ebbene lui, Bombolo, è stato tra gli ultimi interpreti tirati fuori dalla realtà e trasportati nel mondo della fantasia da un giorno all'altro. Erano gli anni '70. Franco Lechner, per tutti "Bombolo", aveva già superato i quarant'anni e girava per le strade di Trastevere, a Roma - città in cui nacque il 22 maggio 1931 -, col suo carrettino, vendendo piatti e stoviglie. Come "piattarolo" era molto conosciuto, anche per la sua comicità così spontanea, per le battute con cui riusciva ad "ammollare" i suoi prodotti o con cui intratteneva gli avventori della trattoria "Da Picchiottino" dove andava a mangiare a pranzo. Quel soprannome, così buffo e az
  FULVIA FRANCO, IL "SORRISO" DEL RISCATTO Il suo era un sorriso destinato a diventar "famoso in tutte le città". Un sorriso che, unito alla sua forma fisica e alla sua verve , ne fece una delle attrici più amate dal pubblico ma anche un simbolo di riscatto di una terra che, più di tutte, voleva buttarsi alle spalle il passato. Ma per Fulvia Franco le cose non andarono così bene. La sua vicenda artistica iniziò nel 1948, quando vinse il concorso di Miss Italia che si teneva a Stresa. Nata a Trieste, il 21 maggio 1931, la Franco indossò la celebre fascia della più bella d'Italia divenendo ben presto l'emblema di quella città di confine e di battaglie che, di lì a poco, sarebbe tornata finalmente "nostra". Ma la sua effige patriottica si legò anche alla voglia di riscatto di un Paese uscito dalle macerie della guerra, soprattutto dopo il matrimonio con un altro simbolo triestino e di quella Italia lì: Tiberio Mitri. Il pugile dal "volto d'an
  CAROSONE: GENIO, IRONIA,  SWING Elegante, ironico, geniale. Musicista di razza, pianista leggendario, autore di brani che hanno fatto storia, Renato Carosone diceva addio al suo pubblico vent'anni fa esatti, ma non era la prima volta. Era già accaduto nel 1959, quando in diretta televisiva sull'allora canale nazionale, annunciò il suo ritiro dalle scene. Carosone era all'apice di un successo iniziato dieci anni prima con il trio fondato assieme al chitarrista Peter Van Wood e all'acrobatico e indimenticato batterista Gegé Di Giacomo. "Tu vuò fa l'americano", "Maruzzella", "Torero", "Caravan petrol",  jazz  e  swing , ironia e sentimento, Carosone conquistò tutti col suo modo tutto nuovo di cantare Napoli e la sua gente, portando la sua musica in tutto il mondo. Poi quell'esilio voluto fino al 1975, quando tornò ad esibirsi alla Bussola di Viareggio. Da lì, ricominciò a suonare il pianoforte, a cantare, ad incidere dischi
  ADDIO, FRANCO! Ha sempre cercato un "centro di gravità permanente", un punto di equilibrio tra interno ed esterno, tra anima e corpo. Ma quella di Franco Battiato è stata una ricerca continua, tra stili di vita e melodie musicali, teorie filosofiche e contaminazioni ritmiche. Dalla musica di protesta dei primi anni '70 al pop, dal rock all'avanguardia colta.  Tra sonorità etniche e balzi di voci. Dal romanticismo spirituale de "La cura" alla degenerazione tecnologica  di "Shock in My Town". Per non parlare delle sue strepitose cover contenute nei tre album "Fleurs", pubblicati a cavallo del nuovo millennio: da un classico della canzone napoletana come  "Era de maggio"  a "Il cielo un una stanza" di Gino Paoli e  "Ritornerai" di Bruno Lauzi. Una carriera lunga oltre cinquant'anni, tra successi commerciali e riconoscimenti internazionali, emozioni forti e una  ininterrotta ricerca musicale fino a due anni
MAURO BOLOGNINI, PASSIONE SCONFINATA  Variegata. Forse così si potrebbe definire la filmografia di Mauro Bolognini. Un insieme di esperienze, di personaggi, di storie, di intrecci e di letteratura, tanta letteratura. Perché furono proprio i romanzi, portati sul grande schermo con grande fedeltà, a fare di Bolognini il cineasta che è stato. La sua esperienza dietro la macchina da presa iniziò a Roma, dove giunse dalla natia Pistoia - città in cui nacque il 28 giugno 1922 -, dopo una laurea in architettura, diplomandosi al Centro Sperimentale. Cominciò a frequentare il set come aiuto regista di Luigi Zampa, con una esperienza anche in Francia con Yves Allégret. Il suo debutto come regista risale al 1953 con "Ci troviamo in galleria": un film musicale che si ispirava all'avanspettacolo e al varietà, con Sophia Loren e Carlo Dapporto.    In alto le locandine di alcuni film diretti da Bolognini. Da lì, tra il 1955 e il 1959, una serie di titoli di varia natura: dal neorealismo
  MARIA MICHI, PARABOLA DI UNA "ORCHIDEA" DEL CINEMA "Un'orchidea in un vaso da notte" la definí così Eduardo De Filippo, che di fatto la portò in scena per la prima volta, ma a farne una diva "meteora" fu Sergio Amidei, facendola debuttare al cinema nel piccolo capolavoro neorealista "Roma città aperta". Col suo sguardo triste e la sua apparente fragilità, Maria Michi sembrava portare in scena tutta la miseria, la sofferenza ma anche la gioia da lei vissuta in vita. Da "maschera" al Teatro Quattro Fontane di Roma a "volto" del neorealismo, da partigiana accanto a Togliatti e Nilde Iotti a moglie del principe Torlonia, Maria Michi visse un'esistenza abbastanza travagliata, segnata da una vita sentimentale complicata affiancata da una carriera altalenante tra teatro e cinema, dove dopo un iniziale successo col neorealismo non ebbe piú molte occasioni importanti, pur continuando a recitare fin quasi alla fine, sopraggiun
 GARY COOPER, LA LEGGENDA DI UN EROE GENTILUOMO  Era l'epoca degli eroi senza macchia e senza paura. Quelli dalla "Colt facile" e lo sguardo di vetro sotto la falda del cappello. John Wayne e Gary Cooper furono coloro che crearono il mito del West. Praterie sconfinate, mandrie di bufali, assalti alle diligenze, e loro lì, in tutta la loro robustezza fisica e morale, a salvare il mondo dalla cattiveria. Gary Cooper, però, fece ancora di più. Portò se stesso sul set. Alto, aitante, affascinante, elegante anche col fazzoletto al collo e le pistole appese sui fianchi, divenne ben presto l'emblema dell'eroe positivo, dotato di ferrei principi. Un vero gentleman dell'aurea collina di Hollywood, dove tra gli anni '20 e gli anni '40, da Frank James Cooper, originario del Montana - dove nacque il 7 maggio 1901 -, figlio di padre inglese e madre americana, divenne Gary Cooper ed entrò di diritto nella storia del cinema. Anche se, il suo sogno, era fare il fumet
 ANNA LONGHI, L'ALLEGRA "BUZZICONA"  È stata tra le ultime caratteriste del cinema, senza dubbio la più giovane. L'ultima immagine di quella romanità verace e " de core " di un tempo. Paciosa, grassoccia, simpatica nel volto e nello sguardo, oltre che nel temperamento, Anna Longhi ha rappresentato l'effige di una Roma ormai sparita: quella dei " bancarellari " di Campo de' Fiori, quella delle trattorie di Trastevere, il quartiere in cui nacque - il 31 dicembre 1934 - prima di trasferirsi con la famiglia nel Rione Monti.  Una donna come tante, madre di famiglia, che faceva la sarta. Infatti, aveva in mano forbici, ago e filo quando venne scoperta da Alberto Sordi sul set di un film. Un volto come il suo, genuino, bonario, era qualcosa che già allora, alla fine degli anni '70, era una rarità. Un po' come la "Sora Lella", Elena Fabrizi, scovata da Carlo Verdone, Anna Longhi divenne una figura tirata fuori da un passato che se
 CAMILLO MASTROCINQUE: RIDI, CHE TI PASSA!   Risate a crepapelle, battute memorabili e tanta eleganza. Quell'eleganza della parola che era tipica degli artigiani del cinema di una volta, anche di quello comico-farsesco, spesso considerato di serie B. Camillo Mastrocinque, si sa, non ebbe molti applausi dalla critica, ma ancora oggi i suoi film sono conosciuti da tutti. Specialmente quelli con protagonista Totò, che diresse nelle sue pellicole più celebri. Ma la sua esperienza col cinema ha radici più lontane. Prima di arrivare ad essere tra le firme più amate dal pubblico degli anni '50, era un giovane studente di architettura che si ritrovò, quasi per caso, scenografo sul set del kolossal "Ben Hur", di cui erano in corso le riprese a Roma - città in cui nacque l'11 maggio 1901.  Era il 1926, il film ebbe successo e Mastrocinque si convinse che la sua passione per lo spettacolo fosse la carta vincente. Dopo la laurea e un soggiorno in Francia - che lo vide dirige