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Visualizzazione dei post da agosto, 2021
 ADDIO, NICOLETTA!  Elegante, discreta, educata. Per quarant'anni il suo primo piano così semplice, sorridente e familiare è entrato nelle case degli italiani, ad annunciare con la sua voce gentile quanto la Rai - Radio Televisione Italiana aveva in serbo per noi. E con la stessa pacatezza, Nicoletta Orsomando se ne è andata via, portando con sé il meglio della tv di Stato. Quella del "Telegiornale della Sera", "Carosello", il Varietà del sabato sera. Quella in cui approdò nel lontano 1953, quando dopo un corso di dizione entrò alla Rai di Roma - città in cui si trasferì giovane da Casapulla, nel casertano, dove nacque l'11 gennaio 1929 - dando inizio ad una bellissima storia. Quella di una femminilità garbata, sensuale ma non volgare, adatta a fare capolino dal televisore ad ora di cena, con quel "Signore e signori, buonasera" che utilizzò per la prima volta annunciando un documentario della National Geographic. Poi vennero "La Tv dei ragazzi
 GIORGIO STREHLER: UN SECOLO D'ARMONIA  Spazi vuoti, lenzuola bianche, luci, un palcoscenico. Attori di razza e lui, a dirigerli al meglio, a farli crescere. Il teatro di Giorgio Strehler era così: la meraviglia della semplicità. Il saper mettere in scena opere presentate in salse diverse ma fedeli al progetto originario, dando giusto risalto al testo. Goldoni, ad esempio, fu tra i suoi autori prediletti, più volte portato in scena nella cornice del Piccolo di Milano, l'arena in cui trascorse ben cinquant'anni. Dal 1947, quando lo fondò insieme a Nina Vinchi e Paolo Grassi, fino al 1997, quando se ne andò, il giorno di Natale, nella sua villa di Lugano, senza la possibilità di rappresentare la sua ultima fatica: "Così fan tutte" di Mozart, presentato poi al Nuovo Piccolo. Dire Giorgio Strehler significa dire teatro, ma anche dire Milano. Quella città che lo accolse (ci arrivò da Trieste, dove nacque il 14 agosto 1921), lo formò (frequentò l'Accademia dei Filod
  DESIDERI DEL CUORE, UNA NOTTE D'ARGENTO "Oh, oh, oh, oh, che profumo di mare/oh, oh, oh, oh, piove argento dal cielo". Cantava così Modugno, in quella che probabilmente poteva essere una sera d'agosto come questa. Una "notte di luna calante" in cui il cielo si gonfia di una pioggia d'argento, fatta di stelle luminosissime. Perché per quanto, tecnicamente, non lo siano (trattasi di frammenti di meteore) a noi romantici poco inclini alle scienze piace credere che quei puntini luminosi custodi dei nostri segreti decidano di scendere giù e realizzare i nostri sogni.  La notte di San Lorenzo è una notte magica. Una notte in cui tutto sembra diventare possibile. Molti di noi, questa sera, alzeranno gli occhi al cielo nella speranza di intercettare la stella giusta. Ne abbiamo di desideri: tanti, forse troppi. Ma c'è sempre quel desiderio sincero, quello che viene dal cuore, il primo a cui penseremo scrutando nel buio alla ricerca della "goccia"
 ORAZIO COSTA, "L'ESSERE" DEL TEATRO  Una vita consacrata all'arte della recitazione. All'insegnamento dell'arte della recitazione, formando una generazione di attori destinati a dominare le scene fin dal Dopoguerra. Orazio Costa compì una piccola rivoluzione nel teatro. Una rivoluzione frutto di una passione viscerale per il palcoscenico, nutrita fin da bambino - era nato, a Roma, il 6 agosto 1911 - e coltivata grazie a due suoi grandi maestri: Silvio D'Amico, docente della Regia scuola di recitazione  Eleonora Duse di Roma, divenuta Accademia nazionale d'arte drammatica proprio quando Costa iniziò il suo percorso di formazione da regista, e del drammaturgo Jacques Copeau, con cui lavorò a lungo a Parigi.  Dai suoi mentori, Orazio Costa apprese un modo nuovo di insegnare l'Arte. La capacità di immedesimazione nei testi attraverso l'esercitazione del corpo e dell'animo umano a interpretare ciò che ci circonda. Nel 1944, dopo aver diretto al
CARLA GRAVINA: OTTANT'ANNI DI CORAGGIO E BELLEZZA Era una ragazzina quando iniziò la sua sfavillante carriera. Lo era anche quando decise di abbandonare le scene, ormai ventisei anni fa, e lo è ancora oggi. Perché per quanto Carla Gravina compia ottant'anni, la sua immagine è rimasta la stessa: quella di una ragazza decisa, ambiziosa, pronta a tutto pur di seguire i propri sogni. E la sua vita, in fondo, è costellata di sogni, vissuti col brio di una ragazzina e la fermezza di una donna sicura di sé. Andava ancora a scuola, a Roma, città in cui si trasferì bambina dalla natia Gemona, in Friuli. Mentre si trovava davanti all'edificio scolastico con le sue amiche, venne notata dal regista Alberto Lattuada, che la scelse per una piccola parte nel film "Guendalina" (1957), interpretato da Jacqueline Sassard e Raf Mattioli. Da quel momento, il suo viso cereo, gli occhi verdi e limpidi, i suoi capelli rossi (che portasse corti o lunghi poco importava) entrarono di dirit
 SI È STANCHI, MA MAI ABBASTANZA Si è stanchi, ma mai abbastanza. Ci si accorge all'improvviso di come il fluire delle cose, della vita, dei sentimenti sembri non darci tregua. Tutto scorre, come diceva Eraclito, ma talmente velocemente che non si riesce a star dietro a tutto, soprattutto a noi stessi. Si è stanchi della propria condizione, si è stanchi di avere paura. Si è stanchi di continuare a sognare qualcosa che sembra impossibile ottenere - anche se, in fondo, non lo è.   Si è stanchi di guardarsi allo specchio e chiedersi perché non si riesce a cambiare o almeno a provarci, per quanto possibile. Ma tutto ciò non basta. Non basta a renderci consapevoli che la nostra "stanchezza" dipende in primo luogo da noi, dal nostro modo d'essere, dalla sfiducia riposta nelle nostre potenzialità.  "Si campa una volta sola, poi si crepa" diceva Totò in un suo film, ma neanche questo è sufficiente. Neanche lo spettro della morte, della caducità della vita ci aiuta a