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Visualizzazione dei post da luglio, 2020
  FRANCA VALERI 100: L' "EFFIGE" DELLO SPETTACOLO ITALIANO La sua presenza - sebbene ormai da qualche anno lontana dai riflettori - è qualcosa di misterioso, quasi "fuori posto" nell'epoca odierna. Franca Valeri ha appena raggiunto il secolo di vita  valicando con lucidità, eleganza e ironia il nuovo Millennio inaugurato da ormai vent'anni. La sua figura, però, sembra stonare con le direttive dell'era moderna, essendo indissolubilmente legata ad un "mondo" che non esiste più: quello del teatro, del varietà televisivo del sabato sera, del cinema ironico-riflessivo. La "sciura" Franca Maria Norsa (per l'anagrafe), come la chiamerebbero nella sua "Milàn" - dove è nata il 31 luglio 1920 -, ha vissuto tutto questo, anzi di più: è stata tra le artefici di un universo davvero "spettacolare" in cui si sapeva far ridere senza essere volgari, in cui era possibile regalare momenti di grande comici
LEA PADOVANI, TALENTUOSA BELLEZZA       La bellezza non è tutto nella vita, si sa. Ma se ci si aggiunge la grinta, la determinazione e la passione, ecco che anche l'armonia esteriore ne guadagna in fascino.   Credo che in queste poche parole si sintetizzi ciò che è stata Lea Padovani: una bella donna, affascinante, emotiva, ma anche decisa, risoluta e in grado di lottare per ciò in cui credeva. La sua vita iniziò a Montalto di Castro, nella Maremma laziale, il 28 luglio 1920. La sua era una semplice famiglia borghese: il padre Ugo era un ferroviere di origini vicentine, la madre, Ida Campanari, veniva da Tuscania. Si trasferì a La Spezia (per via del lavoro del padre) e lì conseguì la maturità. Ma dopo il diploma, riuscendo a vincere le ritrosie paterne, decise - dopo un concorso per filodrammatici dilettanti - di spostarsi a Roma per frequentare l'Accademia d'arte drammatica. Era il 1942: due anni dopo, lasciò la scuola per debuttare come soubrette nella r
ADDIO A GIANRICO TEDESCHI, ULTIMO "SIGNORE" DELLA SCENA  Forse ha "resistito" anche troppo. Per un "animale da palcoscenico" vivere lontano da quelle assi di legno è praticamente impossibile. Gianrico Tedeschi, infatti, ha resistito quattro anni, avendo dato il suo addio alle scene a ben novantasei anni. Oggi, dopo un secolo di vita festeggiato lo scorso aprile, si è conclusa l'esistenza di un uomo che aveva fatto del teatro la propria "ragion d'essere", dopo aver iniziato a recitare quasi solo "per non morire", rinchiuso in un lager nazista durante la Seconda guerra mondiale. Fu allora che Gianrico Tedeschi salì per la prima volta su un palcoscenico, per poi non scendervi più fino al 2016, quando incurvato dall'età e dal tempo lasciò che il sipario si chiudesse per un'ultima volta sul suo volto. Nel corso della sua carriera lavorò con Strehler e Visconti, si cimentò con Shakespeare e Goldoni, passando anche p
CONSTANCE DOWLING: L'ULTIMA "MUSA"  Per Cesare Pavese era "la vita e il nulla", un "vizio assurdo", lo "sguardo" della morte. Per il cinema, invece, una delle tante attrici che - sebbene talentuose - non riuscirono ad affermarsi. Quando il poeta piemontese e Constance Dowling si conobbero era il 1949.  Lei si trovava in Italia con la sorella Doris, anche lei attrice, da poco divenuta popolare per la sua partecipazione da coprotagonista con Silvana Mangano in "Riso amaro" di De Santis. Anche "Connie" - reduce da una mediocre esperienza ad Hollywood - riuscì a farsi strada nel cinema italiano, pur non raggiungendo la visibilità della sorella.  Non appena Pavese la vide - bella, dolce, avvenente - se ne innamorò perdutamente, ma probabilmente per lei non era la stessa cosa. Constance fu per il poeta l'ennesima batosta: il colpo di grazia al suo "male di vivere" che lo portò a togliersi la vita non mo
FERRUCCIO AMENDOLA, LA PERFEZIONE DI UNA "VOCE IMPERFETTA" Una voce perfetta nella sua imperfezione: ruvida, pastosa, allegra. Un volto per anni semisconosciuto e poi legato per sempre alla televisione. La popolarità per Ferruccio Amendola arrivò tardi, tra i quaranta e i cinquanta anni di età, dopo una intensa gavetta divisa tra doppiaggio e recitazione cinematografica. Iconico timbro di De Niro e Hoffman, "trucida" ugola di Tomás Milián nei poliziotteschi anni '70, la sua carriera fu lunga e tutta in salita. Iniziò a Roma, sua città d'adozione, dove si trasferì ancora ragazzino da Torino - dove nacque il 22 luglio 1930. La sua era una famiglia di artisti: i genitori erano entrambi attori, come i nonni, mentre lo zio era il famoso regista e sceneggiatore Mario Amendola. Non c'è da stupirsi, dunque, se ancora bambino si ritrovò a recitare, esordendo sul grande schermo in "Gian Burrasca" (1943) di Sergio Tofano.  Successivamente si esib
LETTERA A LUCIANO DE CRESCENZO  È già passato un anno ma ancora non mi sembra vero. Ogni tanto ci penso, Luciano. Mi chiedo, è mai possibile che tu non ci sia più? Eppure sono dodici mesi che la tua vita sta "proseguendo" altrove. Nel frattempo, il mondo è andato avanti, "la notte insegue sempre il giorno", come cantava Jimmy Fontana, la lotta tra "il bene" e "il male" prosegue incessante e a complicare le cose ci si è messo anche il Coronavirus. Chissà tu come avresti affrontato questa situazione? Sicuramente con raffinato humor  e  "filosofia". Sono comunque certo che da Lassù hai seguito tutto. Mi piace immaginarti così, assiso su una nuvola, con indosso una tunica bianca o azzurra (come quando vestivi i panni del Padreterno ne "Il pap'occhio" di Renzo Arbore), ad intavolare discussioni con Riccardo Pazzaglia o magari con Totò ed Eduardo, che nel loro lavoro di "pensiero" ne hanno prodotto tanto. Proprio com
RENATO POZZETTO: OTTANT'ANNI IN UN... "TAAAC!"  Perbacco, ottant'anni! Lui, forse, userebbe una delle sue battute più famose, "Eh la Madonna!" : sacrilega, forse, ma "purificata" dal suo sguardo perso e quell'aria stupita che hanno lasciato un segno indelebile nella comicità italiana. Renato Pozzetto, è vero, è stato anche volgare: "Ma vai a cagare!" rimane una delle frasi più ricorrenti, quasi quanto "Taaac!". Battute, dicevo, decisamente sopra le righe, ma talmente ironiche e surreali che, giustificate dal suo aspetto da "bambinone", assumono connotati quasi poetici. D'altra parte, ciò che di lui ci ha sempre fatto ridere è quella comicità fatta di gesti ed espressioni, oltre che di battute. La sa lunga la televisione in bianco e nero, dove questo ragazzotto simpatico approdò alla fine degli anni '60 negli studi Rai di Milano, la sua città - sebbene la sua vita sia "cominciata" a Laven
" MONSIEUR " ALBERTO LIONELLO   Un volto grande, morbido e sornione. Gli occhi intelligenti, grandi anche quelli, e un portamento da vero gentleman . Alberto Lionello, in corpo, anima e talento, esprime al meglio tutto ciò che di più bello c'è stato nello spettacolo del secolo scorso: dal teatro, il suo primo amore, alla televisione, passando per il cinema. Senza dubbio, però, è stato proprio sulle tavole del palcoscenico che Lionello ha dato il meglio di sé, con una lusinghiera carriera terminata poco prima della sua prematura scomparsa. Salì per la prima volta sul palcoscenico ancora ragazzino, presso l'oratorio di via della Passione, nel centro di Milano - città in cui nacque il 12 luglio 1930. La sua passione per la recitazione pare sia nata ancora prima, quando vide in teatro Vittorio De Sica, nel quale scorse una certa somiglianza con suo padre - Luigi, sarto di origini venete come anche sua madre, Giuditta Bruneri -, rimanendo affascinato dalla sua ele
"TOLGO IL DISTURBO": GASSMAN "OLTRE" LA SCENA   È sempre difficile mettere a nudo le proprie fragilità e sofferenze. Ancor più per un attore, che solitamente è abituato ad indossare una maschera, interpretando spesso ruoli lontani dal proprio essere quotidiano. D'altronde, il bello della recitazione sta proprio nel poter ritrovarsi in scenari e situazioni lontani dalla propria condizione o personalità. Ma interpretare, anche parzialmente, se stessi, beh, questo è tutto un altro discorso.                                                                                                            Augusto (Vittorio Gassman) e Rosa (Valentina Holtkamp). Ci vuole bravura, coraggio e forza per poter "fingere" di recitare, mostrando una parte di sé. Ebbene, credo che il personaggio di Augusto Scribani sia stato uno dei pochi casi in cui Vittorio Gassman abbia donato al pubblico un lato sconosciuto: fragile, solitario, insicuro. Con "Tolgo il dist
LELIO LUTTAZZI, RAFFINATO "MAESTRO" Il sorriso largo sotto il ciuffo ribelle e quell'eleganza sobria che andava fondendosi con quella del suo pianoforte. Sono trascorsi ormai dieci anni dalla scomparsa di Lelio Luttazzi - era l'8 luglio 2010 -, eppure la sua immagine è ancora nitida. Distinto ed ironico, geniale e umile, presentatore e pianista, attore e musicista, non ha mai perduto quel forte affetto da parte del suo pubblico, anche dopo anni di latitanza dalla televisione, in parte dovuta a una triste parentesi che segnò la sua carriera. La vita di Lelio Luttazzi si legò alla musica fin dall'infanzia, trascorsa nel quartiere Prosecco di Trieste - città in cui nacque il 27 aprile 1923 -, allevato dalla sola madre, maestra elementare, dopo la prematura scomparsa del padre. Iniziò a suonare il pianoforte nella canonica della chiesa parrocchiale. Seguì regolarmente i suoi studi, conseguendo la maturità classica e iscrivendosi alla Facoltà di Giurisprudenz