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Visualizzazione dei post da giugno, 2023
  LEA MASSARI, LA FIEREZZA FA NOVANTA È ormai lontana dai riflettori da oltre trent'anni. L'ambientalismo e il benessere degli animali sono oggi il suo unico impegno. Le ultime di tante battaglie combattute dentro e fuori la scena. Perché sì, Lea Massari è stata ed è una guerriera. Ha lottato contro il conformismo, contro il pensiero comune, contro il successo a tutti i costi. Anche contro l'oblio, decidendo lei quando andare via.  Anna Maria Massatani, romana de Roma , novant'anni oggi, ha attraversato gli ambienti del cinema con una disinvoltura che nessuno ha mai avuto.  In alto, Lea Massari con Enrico Pagani ne "I sogni nel cassetto" (1957) di Renato Castellani. In basso, con Alberto Sordi in "Una vita difficile" (1961) di Dino Risi. Esordì con Monicelli ("Proibito", nel 1954), lavorò con Castellani ("I sogni nel cassetto"), con Antonioni ("L'avventura"), con Risi accanto a Sordi ("Una vita difficile"),
 KATE, LA HEPBURN « Ci sono donne e donne, e poi c'è Kate. Ci sono attrici e attrici, e poi c'è Hepburn ». Impossibile contraddire Frank Capra, uno dei tanti gloriosi registi americani che hanno avuto l'onore di filmarla con la propria cinepresa. Katharine Hepburn non era solo una diva, era un'attrice. Ma ancora prima era una donna: libera, indipendente, anticonformista.  Figlia di una femminista e di un urologo, nata nel Connecticut - il 12 maggio 1907 -, "Kate" iniziò a muovere i primi passi in teatro, esordendo a Broadway, dove si fece notare per bellezza, temperamento e talento, tanto talento. Nei primi anni '30 affiancò il palcoscenico (che non abbandonò mai del tutto) ai set cinematografici.  Katherine Hepburn, a destra, in "Piccole donne" (1933) di George Cukor. Da quel momento, la sua effige ha dominato il grande schermo per più di quarant'anni, passando dalla commedia al dramma, dal film storico al melodramma, lavorando con registi c
 BUON COMPLEANNO, "PROF"! Che vita intensa. Tra note, parole, versi e versioni. L'aura da professore l'ha sempre avuta, ma col passare del tempo, in questi lunghi e vissuti ottant'anni Roberto Vecchioni ha acquisito quel fascino proprio di chi del sapere ha fatto metro di interazione col reale.  Dai versi di Seneca e Cicerone alle strofe di "Samarcanda", dai licei lombardi ai palcoscenici nazionali, Vecchioni affabula tutti con la sua conoscenza trasversale, che non include soltanto la musica, ma anche la storia, antica e contemporanea, tra miti e declinazioni, tra greco e latino, tra saperi e sapori. Sapori assorbiti con l'anima, trasmessi con la sua voce calda e arrochita, con l'ironia di chi sa e vuole che gli altri sappiano. Di chi ha sempre cercato di essere utile, anche con una canzonetta apparentemente sconclusionata e orecchiabile ma in realtà piena di significato. Perché Roberto Vecchioni non è soltanto un cantautore. È prima di tutto un
  CASTELLANO & PIPOLO: LA STRABILIANTE COPPIA DEL CINEMA NOSTRANO Erano gli anni '50. Nella redazione del "Marc'Aurelio", rivista satirica diventata poi fabbrica di "penne" del cinema italiano, tra Age & Scarpelli, Steno ed Ettore Scola, due individui fatti per intendersi si incontrarono. Uno si chiamava Giuseppe Moccia, in arte "Pipolo", l'altro Franco Castellano.  Castellano & Pipolo. A sinistra, Franco Castellano, a destra, Giuseppe Moccia, in arte "Pipolo". Tra matite e pastelli, tra vignette e gag, l'ingegnere mancato (Pipolo) e l'ex bancario (Castellano) sancirono la "santa alleanza" della commedia italiana, dando vita a un sodalizio artistico destinato a durare oltre quarant'anni. La premiata ditta "Castellano & Pipolo" ha prodotto piccoli capolavori di comicità nazionale, prima quali sceneggiatori, poi come registi.  In alto, Luigi Pavese e Totò in "Totòtruffa '62"
  EMILIO COLOMBO: IN "VOLO" AI VERTICI DELLA PRIMA REPUBBLICA  "Dritto come un manico d'ombrello, una voce tersa come la brina". Così lo descriveva Indro Montanelli e in queste parole si racchiude una delle tante storie del Dopoguerra italiano, fatte di coraggio e di fermezza. Emilio Colombo era un uomo retto, in grado di fare del bene, ma anche di sbagliare, chiedendo umilmente scusa. Il suo cuore lucano batteva forte, al ritmo del progresso che l'Italia democristiana di De Gasperi cominciava a conoscere tra riforme e ricostruzioni.  Cresciuto negli ambienti dell'Azione Cattolica, Emilio Colombo si avvicinò alla politica dopo una laurea in Giurisprudenza alla "Sapienza" di Roma, entrando nelle fila della Democrazia cristiana e venendo eletto a soli ventisei anni all'Assemblea Costituente. Passando attraverso vari Ministeri, da quello dell'Agricoltura e delle Foreste a quello del Bilancio, Colombo si fece promotore di una politica volta
  EMANUELA ORLANDI: QUARANT'ANNI DI UNA MELODIA "STONATA" Per tutti è rimasta questo: una ragazzina di quindici anni, col flauto traverso alla bocca, intenta a suonare una melodia. Una melodia silenziosa che riecheggia nelle nostre orecchie da quarant'anni. Da quel 22 giugno 1983 quando quella ragazzina, Emanuela Orlandi, scomparve all'ombra del Cupolone senza dare più notizie. Una BMW scura, una offerta di lavoro ricevuta comunicata alla sorella e poi niente più. Emanuela Orlandi è diventata un sorriso spensierato stampato su quei manifesti con cui venne tappezzata tutta Roma.  Una giovane scomparsa senza lasciare traccia, o meglio, lasciando tracce ancora oggi percorse e ripercorse senza arrivare a una verità. Dallo IOR di monsignor Marcinkus alla Banda della Magliana, da Ali Ağca, l'attentatore di Papa Giovanni Paolo II, allo stesso papa polacco (su cui, negli ultimi mesi, sono piovute accuse pesanti) fino ai servizi segreti. Sono tanti i nomi che si intrec
 SERGIO BRUNI, "CORDE" E RICORDI DELLA VECCHIA NAPOLI " Te voglio bene assaje ", " Carmela ", " Vieneme 'nzuonno ". Da Villaricca al Teatro Reale di Napoli, nel 1944, da Piedigrotta al Festival di Sanremo. La voce di Sergio Bruno ha percorso vicoli, strade, piazze, tubi catodici e antenne radio. Si è insinuata nelle nostre anime, con la sua potenza e la sua dolcezza.  Una musica che sembra lontana nel tempo ma che è ancora "giovane" nei cuori di chi si è innamorato, ha pianto o ha sofferto ascoltando le sue "corde". La musica di Sergio Bruno era quella strappalacrime, pura e sincera come lui, che a un certo punto decise di abbandonare gli schermi e rifugiarsi tra spartiti e note fino alla sua scomparsa, il 22 giugno 2003, esattamente vent'anni fa. Al link seguente vi ripropongo l'articolo redatto due anni fa, nel centenario della nascita. Un buon modo per riscoprire melodie e ricordi sopiti della "vecchia"
 "VIVA", RAFFAELLA!  Il suo ombelico è stato al centro di una polemica che ha fatto storia. Ma che avesse il pancino scoperto o sfoggiasse le sue belle gambe sotto vertiginose minigonne, Raffaella Carrà conservava il candore e la raffinatezza di una educanda. Era un'altra televisione quella in cui "nacque" la Carrà, che si chiamava Raffaella Pelloni, veniva dal litorale adriatico e aveva studiato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma anche se poi al cinema aveva preferito ben presto il piccolo schermo.  Era la Tv in bianco e nero, quella che al sabato sera trasmetteva il varietà da vedere in famiglia tutti insieme sullo stesso divano. Era la Tv perbene e perbenista, dove l'eclettica "Raffa" nazionale emerse alla fine degli anni '60. Ma che si accompagnasse a Corrado a "Canzonissima", che sfidasse Mina tra "Milleluci", che scherzasse con "Albertone" al ritmo del "Tuca tuca", Raffaella Carrà rive
  ENZO TORTORA, IL TRAMONTO DI UNA VITA «Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo "grazie" a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L'ho detto, e un'altra cosa aggiungo: io sono qui, e lo sono anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro. Ed ora cominciamo, come facevano esattamente una volta».  Con queste parole, precedute da una standing ovation mentre rientrava in quegli studi dopo ben cinque anni, Enzo Tortora era pronto a ricominciare "come una volta", dove "erano rimasti" i suoi spettatori prima che una nuvola nera cominciasse a scaricare una pioggia di odio e disprezzo sul suo volto di uomo per
  SERGIO ENDRIGO: LONTANO DAGLI OCCHI, NON DAL CUORE  " C'è gente che ama mille cose, e si perde per le strade del mondo ". Uno dei suoi versi più famosi, da leggere pensando alla sua voce, calda e gentile. Per le strade del mondo, probabilmente, rischia di perdersi anche il suo ricordo. Sergio Endrigo è stato uno dei più grandi. Forse perché, come si dice in gergo, non era uno che "se la tirava". Eppure, senza retorica, è stata una delle voci più trasversali e umane della musica italiana.  Figlio di un cantante lirico, esule istriano - nacque a Pola novant'anni fa, il 15 giugno 1933 - , Endrigo ha cantato d'amore, ha toccato temi sociali, ha parlato d'ecologia e d'ambiente quando in pochi ne sentivano il bisogno. Ha fatto cantare i bambini grazie a brani come " Ci vuole un fiore ", " Napoleone " - scritti con la collaborazione di Gianni Rodari - e " Il pappagallo ". " Io che amo solo te ", una delle canzon
 IL "VALOROSO" ORLANDO Un nome che richiamava alla mente la poesia latina e il poema epico, un talento sudato sui più grandi palcoscenici nazionali e un volto ormai dimenticato. Orazio Orlando avrebbe compiuto novant'anni oggi se solo un infarto non lo avesse strappato alla vita troppo presto, nel 1990, su quelle assi di legno dove per decenni aveva ricevuto applausi e consensi.  Dal cinema con Petri (braccio destro di Volonté ne "Indagine su un cittadino...") alla televisione con gli sceneggiati di Bolchi ("I miserabili") e Majano ("Qui squadra mobile") passando per il teatro, dalle pièce antiche al repertorio brillante, Orazio Orlando ha avuto una carriera breve ma intensa, silenziosa e discreta come la sua persona: elegante e misurata, schiva e gentile, incapace di agitare le braccia o alzare la voce pur di farsi notare. E in un mondo dell' "apparire" come quello dello spettacolo queste virtù spesso si pagano a caro prezzo.
 GREGORY PECK: IN ALTO, BRILLA La sua stella non brillava più come un tempo, ma nel firmamento cinematografico della grande Hollywood continuava a essere un riferimento per tutti. Era l'11 giugno 2003 quando Gregory Peck, uno dei più belli, più talentuosi e gentili uomini del cinema mondiale se ne andava tranquillo, nel sonno, tenuto per mano dalla moglie. Era la fine di un'era. Un'era fatta di luci, di ombre, di successi, di speranze, anche d'oblio. Ma prima che arrivasse quello, Eldred Gregory Peck aveva fatto in tempo a diventare quello che tutti amavano (e amano): il divo. Anche se del divo Peck possedeva solo la lunga presenza sul grande schermo e l'amore incondizionato del suo pubblico, maschile e femminile.  Alto, moro, atletico, dallo sguardo intenso protagonista di primi piani che hanno fatto storia, Gregory Peck arrivò al cinema per caso, mentre studiava all'università.  In alto, Gregory Peck e Ingrid Bergman in "Io ti salverò" (1945). In bas
   ADDIO A SILVIO BERLUSCONI,  IL "PRESIDENTE" 1994. Tangentopoli ha spazzato via le principali sigle politiche nazionali. L'Italia vive un periodo di profonda instabilità. A un passo dal nuovo millennio a mancare sono le certezze. Col suo sorriso carismatico, la sicumera del grande imprenditore, in abito scuro, dai video delle nostre TV Silvio Berlusconi annuncia la sua discesa in campo politico con "Forza Italia". Sembra ieri, ma sono passati quasi trent'anni. Trent'anni che hanno rivoluzionato nel bene e nel male il nostro Paese, traghettato da un secolo all'altro con i problemi del passato e la speranza nel futuro. Silvio Berlusconi, l'imprenditore che creò  ex nihilo  una nuova Milano alle porte della capitale del Nord industrializzato (Milano 2), l'ex cantante e animatore sulle navi da crociera, il pioniere delle televisioni private con Fininvest (poi Mediaset), l'ultimo padrone della Standa, la catena di grandi magazzini che con lu
 BUON COMPLEANNO, MICHELE! Dai megafoni del "Comitato", la sua voce pastosa e marcatamente sicula accoglie da più di trent'anni i telespettatori nella "piazza" più famosa d'Italia. Il suo volto, però, è meno conosciuto della sua "penna" che da oltre quattro decenni ha scritto e scrive pagine di spettacolo e intrattenimento. E pensare che Michele Guardì, siciliano di Casteltermini, ottant'anni compiuti oggi di cui più di cinquanta trascorsi con "Mamma Rai", si era laureato in Legge nella sua amata isola e aveva anche iniziato ad esercitare la professione forense.  Tuttavia l'arte, la scrittura, la neonata Tv lo affascinano fin da ragazzino, portandolo a collaborare prima con alcune testate giornalistiche locali poi alla Rai, tra radio e televisione, giungendo a Roma alla fine degli anni '60. Autore di numerose trasmissioni radiofoniche in coppia col cugino Enzo Di Pisa, Michele Guardì fu tra le più brillanti firme del varietà e
  DINO VALDI, L'ALTRA FACCIA DI TOTO'  La bombetta, il  tight , il corpo dinoccolato, una camera in campo lungo ed era praticamente impossibile pensare che non fosse lui. La straordinaria somiglianza con Totò fu per Dino Valdi un'arma a doppio taglio. Da un lato gli ha permesso di entrare nella storia quale controfigura ufficiale di uno dei più grandi comici nazionali. Dall'altro, però, gli ha impedito di vivere una esistenza propria.  Dal 1947, con "I due orfanelli" di Mattòli, e fino alla morte del Principe nel 1967, Dino Valdi visse "alle spalle" di Totò, tra oneri e onori, ma soprattutto oneri. Valdi aveva il compito di girare tutte le scene in cui erano richiesti eccessivi sforzi fisici (correre, saltare, andare in bicicletta) e quasi tutte le scene girate in esterna - che a Totò, abituato al palcoscenico, non piacevano molto. Ma quando, negli ultimi tempi, Totò vide la sua vista ridursi fino alla quasi totale cecità, Dino Valdi si preoccupava a
 GIOVANNI XXIII, UN PAPA ATTUALE Diritto all'esistenza, alla libertà. Diritto all'emigrazione e all'immigrazione. Parità di diritti tra uomo e donna quale "segno dei tempi". Diritto dei rifugiati politici. Disarmo, pace. Temi di una attualità sconcertante, eppure risalgono a sessant'anni fa. Sono parole contenute tutte nell'enciclica " Pacem in Terris ", l'ultima fatica di Papa Giovanni XXIII datata aprile 1963. Pochi mesi dopo, il 3 giugno, il Papa Buono, il primo ad uscire dalle mura vaticane per ritrovarsi tra la gente, spegneva il suo sguardo da nonno buono e da sacerdote umile e comprensivo. Classe 1881, figlio di contadini del bergamasco, sacerdote vicino ai ceti operai, Patriarca di Venezia, salì al Soglio di Pietro nel 1958 e nei suoi anni di pontificato portò avanti una rivoluzione, per quanto conservatrice. Nell'ottobre del 1962 iniziò i lavori del Concilio Vaticano II, interrottosi con la sua scomparsa e poi portato avanti e c
  HIKMET, ANIMO PURO Amore, natura, vita, libertà. Le parole chiave per comprendere la sua lunga produzione poetica. Una penna, quella di Nâzim Hikmet, che solo un attacco cardiaco, sopraggiunto il 3 giugno 1963, ha potuto interrompere il suo scorrer fluido e appassionato. Dalla lotta per l'indipendenza della sua Turchia alla prigionia e alla rinascita nell'amata Unione sovietica, dove le sue liriche e le sue pièce teatrali gli permisero di farsi un nome tra gli intellettuali comunisti.  "Romantico" era l'aggettivo con cui veniva definito il comunismo di Hikmet, fatto di versi pieni di speranza e di amore, tanto amore. "Alla vita" e "Il più bello dei mari" sono senza dubbio le poesie più conosciute e famose, ma varrebbe la pena leggerle tutte. Perché Nâzim Hikmet è stato un grande animo, puro e sincero, che andrebbe riscoperto nella sua interezza. Ebbene a sessant'anni dalla sua scomparsa, vi ripropongo un articolo scritto qualche tempo fa
 BUON COMPLEANNO, ORIETTA!  Della gloriosa fauna musicale dominata dalla "Tigre" Mina e dalla "Pantera" Milva, lei era il dolce "Usignolo", che cinguettava felice e spensierata d'amore, di barche, di rose, di vita. Di quei tempi, Orietta Berti ha conservato la semplicità, la leggerezza, l'ironia. Quella di una donna che non si è mai presa troppo sul serio, che ha studiato canto lirico, che ha sempre riempito la sua esistenza di emozioni sincere. Da " Io ti darò di più " a " Fin che la barca va ", da " Quando l'amore diventa poesia " a " Tipitipitì ", Orietta Berti ha creato una sua immagine.  Amatissima dalle vecchie generazioni, quelle abituate alle serate danzanti in balera, alle canzoni genuine e appassionate, si è rivelata un'artista al passo coi tempi, sbaragliando le classifiche estive due anni fa con " Mille ", tormentone estivo interpretato con Fedez e Achille Lauro. Dietro i lustrin