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Visualizzazione dei post da settembre, 2020
 CESARE BARBETTI, INCONFONDIBILE "ANIMA" Eleganza e charme , in corpo e voce. Ed è proprio quest'ultima, la voce, la sua "anima", ad aver fatto di Cesare Barbetti un mito del doppiaggio nazionale. La sua vicenda artistica, però, non può essere limitata soltanto a questo, dal momento che essa cominciò prestissimo e come attore. Figlio d'arte - entrambi i genitori erano attori -, Barbetti nacque "casualmente" a Palermo (il 29 settembre 1930) su una nave, e fece il suo ingresso nel mondo dello spettacolo soltanto quattro anni dopo, quando esordì nel film "Il cappello a tre punte" di Mario Camerini, accanto ad Eduardo De Filippo. Dotato di spontaneità recitativa e grande capacità di immedesimazione nel personaggio,  Barbetti diede gran prova di sé quale attore-bambino, partecipando a numerosi film con ruoli particolarmente apprezzati come quelli  di Marco Ansaldi in "Dagli Appennini alle Ande" (1943) di Flavio Calzavara e Brunello i
ALBERTO MORAVIA, IL "CAOS" DI SÉ   "La mia vita, come credo la vita di tutti, è un caos e l'unica linea continua è quella dell'opera letteraria". Forse questo già dice tutto su di lui, sulla sua essenza, di uomo e di scrittore. Una mente lucida, fortemente concentrata sull'Io, tendente alla psicologia e all'indagine interiore. Alberto Moravia viveva nel caos "comune": quello in cui, ad ormai trent'anni dalla sua scomparsa, tutti noi possiamo ritrovarci. Quel caotico fluire dell'esistenza tra incertezze, paure, desideri, vizi, virtù e ipocrisie.  Quegli stessi caratteri propri della classe borghese di cui pochi come lui, con acume e intelligenza, hanno saputo mettere a nudo, valicando i decenni, abitudini, costumi e convenzioni.  Quella classe in cui lui stesso era nato, a Roma, il 28 novembre 1907, da padre ebreo e madre cattolica. Alberto Moravia, infatti, mise in discussione un "mondo" vissuto dal di dentro. Raccontò sto
  ADDIO A JULIETTE GRÉCO:  LA FRANCE DANS LE MONDE  Ha rappresentato la " joie de vivre ", la gioia di vivere. È stata la musa dell'esistenzialismo francese: di un "mondo" in bianco e nero, in abiti e apparizioni sullo schermo, che ha segnato la cultura d'oltralpe nel Dopoguerra. Juliette Gréco è volata via ieri, nella sua dimora in Provenza, con la leggerezza della sua voce e dei suoi novantatré anni, vissuti con "passione, lotta, amore" come amava ripetere. Nata a Montpellier il 7 febbraio 1927, Juliette venne allevata dai nonni dopo la separazione dei suoi genitori. Durante la guerra venne anche presa dalla Gestapo e finì in prigione, scampando per miracolo alla deportazione (vista la sua giovanissima età). La sua epopea artistica cominciò alla fine degli anni '40 a Parigi, sulla  rive gauche , nei caffé di Saint-Germain-des-Prés. Lì divenne la musa del movimento esistenzialista: "nero" come i suoi occhi, contrastanti col suo volto
"SANDRINA": L'ALTRA "FACCIA" DI RAIMONDO "Che vita vuota, che vuota vita". La conclusione di ogni giornata accanto a lui, in quel lettone, assorto - almeno nelle intenzioni - nella lettura della "Gazzetta dello Sport", era sempre la medesima: una vita insoddisfacente, oscillante tra un "che barba, che noia" e un "che noia, che barba". Sono parole rimaste impresse nella nostra mente quelle di Sandra Mondaini. Parole condivise per anni da generazioni di mogli alle prese con mariti altrettanto pantofolai e abulici proprio come il "suo" Raimondo. Perché era sì finzione scenica quel quotidiano siparietto mostrato in "Casa Vianello", ma era anche lo specchio di una vita vissuta " in tandem"  per oltre cinquant'anni e conclusasi il 15 aprile 2010, con la scomparsa di Raimondo Vianello. Un'avventura iniziata nel lontano 1958, quando entrambi erano già sulla cresta dell'onda.             Sa
 LORELLA DE LUCA: ETERNA  BAMBINA DAGLI OCCHI TRISTI Il broncio più bello del cinema italiano. Definirei così Lorella De Luca: con quel volto candido, sempre un po' imbronciato, illuminato da uno sguardo malinconico e tenero allo stesso tempo. Lo stesso sguardo che, negli ultimi anni della sua vita, ormai cieca, le aveva impedito di osservare il mondo con quella fiducia e quella spensieratezza del Dopoguerra, da lei vissuto dentro e fuori dalla scena, ancora bambina. Nata a Firenze, il 17 settembre 1940, la De Luca aveva infatti solamente quindici anni quando si ritrovò, per caso, catapultata nel mondo dello spettacolo tenuta a battesimo nientepopodimeno che da Federico Fellini ne "Il bidone" nel 1955.  Suo padre, impiegato di banca, non era per niente felice di quella proposta, ma alla fine acconsentì a patto che fosse la prima e l'ultima volta. Ma noi sappiamo che non andò affatto così. L'anno successivo, infatti, Lorella De Luca raggiunse la popolarità nazional
 MAURO DE MAURO: MEZZO SECOLO DI  MEZZE " VERITA' " "La verità ha un solo modo d'essere" diceva Jean-Jacques Rousseau, ed è forse proprio questo il problema. Essa non è affatto negoziabile, non può essere "scelta" ma va semplicemente appurata. Un verbo, quest'ultimo, che poco si sposa col termine verità. Mauro De Mauro lo sapeva molto bene, e alla fine lo ha provato sulla propria pelle. Quella "verità" lui la cercava e probabilmente l'aveva anche trovata quel 16 settembre 1970, quando scomparve nell'oscurità di un' afosa serata palermitana, montando sulla sua auto con tre uomini che lo aspettavano sotto casa sua. Da allora le verità divennero due: quella sulla sua scomparsa e quella da lui "trovata", quello scoop di cui aveva accennato alla famiglia e ad alcuni suoi colleghi a "L'Ora" di Palermo, il quotidiano per cui lavorava dalla fine degli anni '50: un giornale di sinistra, vici
NIENTEPOPODIMENO CHE...MARIO RIVA!     "Domenica è sempre domenica". Il 1° settembre 1960 era un giovedì, eppure sono convinto che per tutti gli italiani la sensazione era una sola: la "domenica" non sarebbe stata più la stessa senza di lui. Quel giorno, infatti, Mario Riva, conduttore amatissimo quanto il suo programma "Il Musichiere", esalò l'ultimo respiro nell'ospedale di Verona, dove era stato ricoverato undici giorni prima a seguito di un assurdo quanto fatale incidente. Era la fine della sua vita, ma anche la conclusione di ben due decenni straordinari che avevano visto Mario Riva emergere prima come attore, dividendosi tra teatro e cinema, poi come conduttore, in radio e nella neonata televisione, di cui fu un pioniere. Mariuccio Bonavolontà, per l'anagrafe, nacque a Roma il 26 gennaio 1913, da padre napoletano, compositore, e madre abruzzese. Cominciò a recitare fin da giovanissimo, frequentando una filodrammatica ed esordend