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Visualizzazione dei post da gennaio, 2021
 LEONARDO SINISGALLI: INGEGNERE, POETA, LUCANO "Il lucano è perseguitato dal demone della insoddisfazione". Lo aveva scritto lui stesso in "Gente della Lucania", cogliendo appieno lo spirito del suo popolo: come lui schivo, destinato a "vivere nell'ombra", a girare per il mondo senza trovare mai appagamento, fino alla fine - sopraggiunta quarant'anni fa, per un infarto, il 31 gennaio 1981. Forse perché, più di altri, costretto a lasciare l'amata terra natia. Leonardo Sinisgalli visse tutto questo sulla propria pelle, ma nel suo disperato tentativo di conciliare l'arte e le scienze, la matematica e la poesia, cercò in qualche modo di trovare sollievo al dolore per aver dovuto strappare troppo presto le sue radici.  Sinisgalli infatti lasciò la sua Montemurro, in provincia di Potenza - dove nacque il 9 marzo 1908 -, ancora ragazzino, per continuare gli studi prima a Caserta e poi a Benevento, diplomandosi nel 1925. Fu il suo maestro elementar
  IL QUESTORE MARZANO: DALL'ARRESTO DEL DUCE AL DIVERBIO COL VIGILE CHE ISPIRO' IL FILM DI ZAMPA "Ma tu sai chi sono io? Tu non mi riconosci, o fingi di non riconoscermi?". Sono queste le fatidiche parole volte dal sindaco/De Sica all'integerrimo vigile Celletti/Sordi, allo scopo di indurlo a non procedere col verbale della contravvenzione appena contestatagli. Il prosieguo dell'esilarante film di Luigi Zampa, "Il vigile", è storia nota: il povero Celletti verrà completamente "smontato" in termini di onestà ed integrità morale, mettendo in mezzo la sua vita privata (convivente con donna già sposata, il cognato che macella clandestinamente, la sorella dedita alla prostituzione) per il solo sbaglio di essersi permesso di multare il primo cittadino che, tra l'altro, lo aveva "raccomandato" e fatto assumere dal capo dei vigili della città. Alberto Sordi e Vittorio De Sica ne "Il vigile" (1960) di Luigi Zampa. Quell'i
  LUCIA BOSE', ETERNA RIBELLE  L'avevo promesso, poco meno di un anno fa. Avevo promesso che per il suo novantesimo compleanno le avrei comunque dedicato ampio spazio. Ed eccomi qua, a tener fede alla promessa fatta a Lucia Bosè il giorno della sua scomparsa, lo scorso 23 marzo, dopo averla adeguatamente salutata con un articolo. Ciò che di lei mi ha sempre colpito non è stata soltanto la bellezza. Quella, dopotutto, era sotto gli occhi di tutti. Ciò che ho sempre apprezzato in lei, invece, è la sua capacità di vivere la vita con leggerezza "che non è superficialità", come diceva qualcuno.  La Bosè infatti ha saputo raggiungere l'età matura con quello spirito avventuroso e libertario che l'ha sempre contraddistinta fin dalla nascita, avvenuta a Milano il 28 gennaio 1931. "Bella ma povera" - citando altre graziose donne del tempo - Lucia Bosè iniziò a lavorare giovanissima, prima ancora di impiegarsi come commessa nella rinomata pasticceria Galli nell
 MARÍA MERCADER: MOGLIE, MADRE E FIGLIA DEL CINEMA ITALIANO Lei non lo ha semplicemente "fatto". María Mercader il cinema l'ha "sposato" e lo ha anche "generato". Non solo perché dietro molti film di Vittorio De Sica, suo compagno, c'era anche lei, ma anche perché i loro figli, Manuel e Christian, hanno in maniera diversa seguito "l'arte" dei genitori. Una sorta di ringraziamento, se vogliamo, a quel "mondo" che le aveva dato tutto: affermazione e amore.  Lei e Vittorio De Sica, infatti, si conobbero sul set del film "Un garibaldino al convento", nel 1942. Era da pochi anni giunta in Italia dalla Spagna, dove era nata a Barcellona, il 6 marzo 1918.  María Mercader con Leonardo Cortese in "Un garibaldino al convento" (1942), di Vittorio De Sica. Bionda, dai lineamenti appena accennati, il naso all'insù e due occhioni languidi, si affacciò al cinema al termine degli studi in collegio, esordendo in "
  CESCO BASEGGIO, SAGGEZZA DA PALCOSCENICO Sono trascorsi cinquant'anni esatti dalla sua morte, ma già al tempo Cesco Baseggio appariva come un "mammut" del palcoscenico. La sua figura corpulenta e bonaria, la sua recitazione spontanea e incisiva, erano rimasti ancorati alla tradizione teatrale ottocentesca da cui con grande orgoglio proveniva, e a cui si sentiva legato a filo doppio. Così come alla sua Venezia, la città sua - anche se lui nacque a Treviso, il 13 aprile 1897 -, dei suoi genitori ed anche del suo autore prediletto, Carlo Goldoni. Francesco "Cesco" Baseggio, infatti, fu uno dei più grandi interpreti del teatro dialettale veneto, quello goldoniano in particolare, ambiente in cui si affacciò ancora giovanissimo, entrando nella compagnia di Gianfranco Giachetti prima dello scoppio della Grande Guerra - che lo vide impegnato al fronte.  Così abbandonò la musica, passione di famiglia - suo padre Arturo era musicista e maestro di violino, e sua madre, I
 VASCO PRATOLINI, "CRONACHE" DELL' UMANITA' "S'imparano mille cose in un istante, non occorre essere stati a scuola, quando la vita ti colpisce a tradimento con le sue cattiverie: basta avere una spina dorsale che ti mantenga in piedi". È una di quelle verità che fanno male, eppure Vasco Pratolini ha dimostrato come i "colpi" della vita possano essere sfruttati per creare qualcosa di bello. Le sue sofferenze, le sue esperienze personali, la sua Firenze - dove nacque il 19 ottobre 1913 -, furono i protagonisti di un meraviglioso spettacolo fatto di poesia e di "cronache", di dolori e di gioie, di reale e immaginario (sebbene la fantasia in lui sia poca cosa), che ha indubbiamente segnato la nostra letteratura ma anche la nostra cultura. Attraverso la sua vita - segnata dalla prematura scomparsa della madre, dalla triste esperienza in sanatorio e dalla tragica morte del fratello Dario -, segnata dagli anni del fascismo e dal fermento cu
   NERIO BERNARDI, "L'ARTE" DI ESSER RAFFINATI  Alto, distinto, bello, dallo sguardo magnetico. Uno di quei personaggi del cinema delle "immagini": quello in cui la voce (spesso affidata alle sapienti corde dei doppiatori) non era poi così importante. Certo, forse dire questo di lui sarebbe un errore, perché Nerio Bernardi, in quanto a voce, non era affatto messo male: era profonda, calda, carismatica, e venne "sfruttata" tanto anche nelle sale di doppiaggio, oltre che per dare la giusta caratterizzazione ai suoi personaggi. Tuttavia, il fatto che io abbia sottolineato la sua presenza fisica e "visiva" non è un caso.  Perché la sua carriera, difatti, iniziò nel cinema muto, e proprio nella sua città, Bologna, dove nacque il 23 luglio 1889. La Felsina Film, casa cinematografica locale, lo ingaggiò come interprete in due film: "Rebus" e "Marinella", nel 1918. Da quel momento, Nerino "Nerio" Bernardi, figlio di un s
TURI FERRO, UN SECOLO DI "PASSIONE" "Gli artisti non muoiono mai", è una frase fatta. Forse banale, ripetuta puntualmente ad ogni "coccodrillo" dedicato alla dipartita di un grande "maestro", che si parli di cinema o di arte in senso più ampio. Ciononostante in questa frase, così apparentemente semplice, si nasconde un grande vantaggio che solo gli artisti hanno: sopravvivere a loro stessi e al proprio corpo. Sono infatti trascorsi ben cento anni dalla nascita di Turi Ferro, e fra pochi mesi saranno ben venti dalla sua scomparsa, ma la sua "anima" è ancora qui con noi. E non poteva essere diversamente per chi, come pochi, ha dedicato interamente la propria vita all'arte, fin dai primi vagiti, nella sua Catania - dove nacque il 10 gennaio 1921. Figlio di un attore dilettante, Salvatore "Turi" Ferro cominciò da ragazzino ad esibirsi in alcune filodrammatiche, mantenendo accesa questa sua passione anche durante la Seconda gue
LEONARDO SCIASCIA: PAROLE, SILENZI, SPERANZE "Io credo che le sole cose sicure in questo mondo siano le coincidenze". Se è vero quanto diceva, allora anche io ho una piccola certezza fra le tante "coincidenze" della vita. Ovvero che non può essere stato un caso se io mi sono imbattuto nella scrittura di Leonardo Sciascia. Credo fosse scritto già, perché da quel momento in poi per me sono cambiate tante cose. Anche per questo amo parlare di lui ogni volta che ne ho la possibilità. Tanto più oggi, che ricorre il centenario della sua nascita, avvenuta l'8 gennaio 1921, nella sua Racalmuto, in provincia di Agrigento. Cittadina in cui riposa tuttora. In quella Sicilia amata e odiata, raccontata attraverso fiumi d'inchiostro pieni di verità, illusorie speranze, rassegnazione e amaro umorismo. Che si tratti di racconti, romanzi, o semplici articoli di giornale, Sciascia ha saputo mettere a nudo un mondo fatto di credenze popolari, silenzi, paure, emozioni, sotto il
  CHRISTIAN DE SICA, SETTANT'ANNI DI SIGNORILITA' Eleganza, simpatia e fascino li ha sicuramente ereditati dal padre, ma il suo essere "istrione" è qualcosa di molto personale. Se Vittorio De Sica, infatti, ci ha regalato opere divenute pietre miliari della cinematografia nazionale, oltre che brillanti interpretazioni nelle commedie leggere degli anni '50 (il maresciallo Carotenuto tra "Loren" e "Lollo", tra Comencini e Risi), Christian De Sica invece ha unito ad una recitazione misurata e sempre "con stile", qualità in più come canto, ballo e "incanto" del pubblico. Ieri ha spento ben settanta candeline, e sono lontani i tempi in cui era il ragazzotto corpulento e "capellone" che il papà presentò all'Italia in Canzonissima '72, davanti al "Pippo" nazionale, dicendo che il sogno del suo "Christianello" era fare il cantante. Da sinistra, Pippo Baudo, Vittorio e Christian De Sica in "
 FANFULLA, IL "RE" DELL'AVANSPETTACOLO   Sono passati "solo" cinquant'anni dalla sua scomparsa, eppure Fanfulla, al tempo, era ancora sulle assi della ribalta del varietà, come capocomico. Quel teatro fatto di doppi sensi molto velati, vestiti sgargianti, ballerine dalle gambe lunghe e risate a crepapelle. Era uno dei pochissimi a portare ancora la gioia del teatro di varietà e della rivista, mondo vissuto da dentro fin dai primi vagiti. Infatti Fanfulla - al secolo Luigi Visconti - era figlio della grande attrice  Mercedes Menolesi, in arte "Diavolina", e fin da giovanissimo - nacque a Roma il 26 febbraio 1913 - cominciò a calcare i primi palcoscenici dell'avanspettacolo in piccole compagnie di provincia. Nel Dopoguerra, invece, riuscì a costituire una propria compagnia di varietà con spettacoli celeberrimi come "E poi dicono che non c'è denaro" (1942) oppure "Il teatro della caricatura" (1944), lavorando al fianco di a
  IRENE GENNA,  FLEBILE IMMAGINE DEL CINEMA CHE FU Spesso si dice che non basti essere belli fisicamente per sfondare nel mondo dello spettacolo, ma a volte neanche il talento è sufficiente. È ciò che accadde a Irene Genna, graziosa attrice italo-greca che ebbe una discreta carriera nel cinema tra gli anni '40 e '50, e che proprio lì trovò l'amore, sposando un grande attore troppo dimenticato: Amedeo Nazzari. Nata ad Atene - il 4 gennaio 1931- da padre italiano e madre ellenica, Irene Genna mostrò precocemente inclinazioni artistiche. Trasferitasi a Roma giovanissima, studiò danza classica al Teatro dell'Opera, ma ben presto lasciò il ballo per la recitazione, frequentando alcuni corsi. Esordì al cinema, in piccoli ruoli, accanto a Totò ed Isa Barzizza in due celebri film -parodia di Mario Mattòli: "I due orfanelli" (1947) e "Fifa e arena"(1948). Ma il primo ruolo significativo lo ebbe in "È primavera..." (1950) di Renato Castellani, in cui