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Visualizzazione dei post da febbraio, 2023
  LA FINESTRA DI FRONTE: LA VITA OLTRE I "VETRI" DELLA PAURA Un giovane donna e un uomo anziano. Due anime affrante che si specchiano nei propri occhi, chiari e limpidi, scoprendosi l'uno complementare all'altro. Lui legato a un passato doloroso, che ha sempre condizionato la sua esistenza, lei incapace di vivere nel suo presente infelice. A fare da filtro, una finestra su un cortile popolare romano attraverso cui lei, Giovanna (Giovanna Mezzogiorno), trentenne moglie e madre di due bambini, spia l'inquilino dell'appartamento di fronte, sognando una vita diversa. Una vita diversa l'aveva sognata anche lui, Davide (Massimo Girotti), un uomo malato, affetto da disturbi di memoria, che la giovane donna e il marito di lei, Filippo (Filippo Nigro), incontrano in strada in stato confusionale, accogliendolo in casa nella speranza di risalire alla sua identità. L'incontro tra Giovanna e Davide . Da sinistra, Giovanna Mezzogiorno, Filippo Nigro e Massimo Girott
 ARMANDO TROVAJOLI: UNA VITA DA "ASCOLTARE"  Ascoltarlo. Credo sia questo l'unico modo per poterlo ricordare degnamente. È fondamentalmente inutile perdersi in "chiacchiere" se si vuole raccontare Armando Trovajoli. Basta ascoltare le sue note, indimenticabili, allegre, malinconiche o struggenti. Classe 1917, romano, Trovajoli scovò nella musica e nella sua composizione la propria ragion d'essere. Il padre avrebbe voluto farne un architetto, ma (fortunatamente) commise un grosso errore: regalargli un violino.  Da quel momento, Armando Trovajoli capì che la sua lunga esistenza - conclusasi dieci anni fa, il 28 febbraio 2013 - sarebbe stata votata a quello. Dall'archetto del violino passò poi ai tasti del pianoforte, si diplomò al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, si divise tra la passione per il jazz - collaborando con personaggi come Duke Ellington e Louis Armstrong - e la musica leggera, fondando persino l'Orchestra Stabile della Rai, nel 1958.
  "LA SOLITUDINE" DI UN NUMERO PRIMO Sono trascorsi trent'anni eppure quella melodia, così dolce, semplice e orecchiabile appare ancora moderna. Era il 27 febbraio 1993 quando, sul palco dell'Ariston, "La solitudine", brano d'esordio della cantante Laura Pausini, si aggiudicava il primo posto nella sezione "Novità". Osservando immagini e video dell'epoca, emerge chiaramente quanto tempo sia passato da allora. La Laura Pausini di oggi è molto diversa. Rivederla neanche ventenne, con un pettinatissimo "caschettone" e la giacca dalle grosse spalline e dal bavero bordato d'oro, grintosa ma anche timida, sembra lontana anni luce dalla "regina" delle arene e degli stadi che abbiamo imparato ad amare in questi tre decenni.  Laura Pausini non è più la scolaretta delusa dal suo ragazzo, Marco, che "se n'è andato" perché la famiglia di lui si è trasferita in un'altra città. La paura di stare da soli, di aver
  IL "NOBILE" FANFULLA Aveva un nome d'arte da "giullare" e un cognome anagrafico dai forti richiami araldici. Luigi Visconti, per tutti "Fanfulla", non  poteva non essere additato come il "Re" del palcoscenico, tra avanspettacolo e varietà, tra gag  e stacchetti di ballerine succinte.  Figlio della celeberrima "Diavolina", Fanfulla calcò le più prestigiose platee nazionali fin da giovanissimo, sbarcando poi nel mondo del cinema, come poderoso attore di contorno in film d'autore ("Fellini Satyricon") e in piccole e grandi commedie accanto ad attori come Totò e Alberto Sordi. Tuttavia, la sua carriera, conclusasi per un infarto durante una tournée nel bolognese, si svolse tutta sull'amato palcoscenico, l'unico luogo in cui Fanfulla raggiunse l'apoteosi del successo, grazie alla sua verve e alla sua arte "regale". Ebbene, a centodieci anni dalla sua nascita, volevo ricordare il "nobile" Fa
 TENNESSEE WILLIAMS: L'ARTE SOFFERTA  Fu un tappo ingerito per sbaglio a portarselo via, il 25 febbraio 1983, ma la sua esistenza si era spenta a poco a poco, tra depressione e abuso d'alcol. Tennessee Williams aveva avuto una vita difficile. Problemi di incomunicabilità col padre, la difficoltà a relazionarsi con gli altri, la malattia della sorella, la sua omosessualità dichiarata che gli provocò non pochi problemi, soprattutto in famiglia. Sofferenze e dolori finiti su fogli sparsi divenute opere meravigliose, capolavori della drammaturgia statunitense.  Da "Un tram che si chiama Desiderio", portata in scena in Italia per la prima volta da Luchino Visconti (e consacrazione, nella sua trasposizione cinematografica, di Marlon Brando) a "La rosa tatuata", scritta apposta per Anna Magnani. Opere in cui la sua vita, tra tristezza e malinconia, tra speranze ed illusioni emerge limpida e drammatica, quasi senza riserve, senza pudori. A quarant'anni dalla sua
  CIAO, MAURIZIO! Quando scrissi un articolo per i suoi ottant'anni, lo definii "l'omino coi baffi" della Tv cortese e adesso che è andato via, con la discrezione che l'ha sempre contraddistinto, ho la certezza che quella mia affermazione fosse giusta. Maurizio Costanzo era forse uno degli ultimi "dinosauri" ancora non estinti. Fedelmente ancorato a quell'Era della televisione elegante, sobria e signorile. Uno dei pochi, sulle reti Mediaset, ad aver conservato il candore e la compostezza dei programmi di una volta.  Le belle conversazioni nel "salotto buono" di casa, con l'atmosfera che si respirava in programmi come "Bontà loro" - il suo esordio da conduttore in Rai - e "Acquario" fino all'inossidabile "Maurizio Costanzo Show", passando dalla Tv di Stato a Canale 5 e Rete 4. I suoi completi grigi, la sua ironia, la capacità di trattare temi drammatici e leggeri ne hanno fatto uno dei più grandi "p
  IL MIO "AMICO" ALBERTO 24 febbraio 2003. Fu uno dei pomeriggi più tristi e più allegri della mia infanzia. Sì, tristezza e allegria allo stesso tempo. Ero triste per aver perso un "amico", ma anche allegro, perché ebbi la possibilità di conoscere tante cose su di lui che non sapevo. "Albertone" se n'era andato, il "Cupolone" si tingeva dei colori del tramonto, io ero appena rientrato da scuola, avevo appreso la notizia ma non avevo neanche il tempo per piangere. Perché Alberto Sordi era lì, in Tv: coi suoi occhioni azzurri e quel faccione che riempiva un intero schermo dei grandi televisori di una volta. C'erano "Il vigile", "Il medico della mutua", "Il tassinaro", Nando "l'americano", il "Marchese del Grillo" (che andò in onda su Rai 2, e per guardarlo non feci i compiti per il giorno dopo).  Il mio "amico" era scomparso, eppure di lui era rimasto tutto: la grassa risata,
 LE MILLE "FACCE" DI SARO URZÌ  Dal maresciallo Grifò al "Brusco" dei romanzi di Guareschi, dal neorealismo alla commedia all'italiana, da Pietro Germi a Francis Ford Coppola, da Cinecittà a Hollywood. Tanti registi, tanti film, tante "facce" per un volto solo. Quello grassoccio e calvo di Saro Urzì, catanese dallo spirito sanguigno e dagli occhi buoni, destinato a piccole-grandi interpretazioni sul grande schermo.  Lasciò l'amata Sicilia in cerca di fortuna, trasferendosi a Roma, dove gli si spalancarono le porte del cinema, esordendo prima come comparsa, poi come caratterista, scoperto da Pietro Germi e reso uno dei più noti e popolari attori del nostro cinema tra gli anni '50 e '70, fino alla prematura scomparsa - per un ictus cerebrale. Un attore forse troppo dimenticato ma grandioso, come il suo volto rubicondo e i suoi svariati personaggi, disegnati sempre con impegno e pazienza. Per ricordarlo degnamente a centodieci anni dalla nasci
 ELSA MERLINI: "AMORE" DI DIVA "Bisogna lavorare, con amore e intelligenza". Con queste parole, Elsa Merlini descrisse se stessa e la sua avvincente esistenza, fatta di battaglie, dentro e fuori la scena, di palcoscenici calcati con brio, leggerezza e passione, tanta passione. Quando se ne andò, quarant'anni fa, il 22 febbraio 1983, per un male incurabile, la Merlini aveva abbandonato le scene da poco, appena un anno.  Con Antonio Calenda, l'attrice triestina - nacque nella "città della Bora" il 26 luglio 1903 - era ritornata su quel palcoscenico dove, nei remoti anni '30, aveva esordito neanche diciottenne a Firenze, sotto la direzione di Annibale Ninchi. Da quel momento Elsa Tscheliesnig divenne Elsa Merlini, vincendo l'ostilità dei genitori e dimostrando a tutti con studio, impegno e dedizione che era in grado di fare ciò che desiderava: recitare.  Elsa Merlini in scena, a teatro, nel 1933 con Sergio Tofano (a destra) e Luigi Cimara. Pic
  MASSIMO TROISI, L'IRONIA DI UNA MALINCONICA "CAPA " "'Na capa"  ricciuta. "'Na capa"  ricciuta che non smetteva di di farsi domande, di cercare risposte, di interrogarsi sui problemi della vita. "'Na capa"  orgogliosa delle sue origini napoletane che non tradì mai, parlando sempre in quella lingua che (al tempo) tale non era, ma che forse lo sarebbe diventata anche grazie a lui. Massimo Troisi, sotto quella "capa" piena di scuri ricci e dietro quel gesticolare frenetico, racchiudeva un mondo intero. Quello della gioventù meridionale degli anni '80, perduta tra disoccupazione e sogni di gloria, tra timidezze e insicurezze, tra superstizioni e modernità.  Un universo di comicità popolare e arguta che dai palcoscenici della sua San Giorgio a Cremano, alle porte di Napoli, dove nacque settant'anni fa, portò in prima serata a "Non stop" (1977), la celeberrima trasmissione di Enzo Trapani che lo lanciò as
 BEPPE FENOGLIO, CUSTODE DI MEMORIE Contro di essa non poté nulla. Sessant'anni fa, la sua lotta disperata contro la malattia la perse, ma Beppe Fenoglio, di battaglie, ne aveva vinte tante. Quelle a favore della libertà, del libero pensiero, del valore della memoria storica. Gli ideali della lotta partigiana, consumata tra speranze e dolori sullo sfondo delle sue amate Langhe, i paesaggi della sua città, Alba.  Appassionato di letteratura e scrittura, Beppe Fenoglio lasciò gli studi classici per arruolarsi durante la Seconda guerra mondiale, ma dopo l'8 settembre la Resistenza lo accolse tra le sue leve per combattere contro l'occupazione nazista. E quell'esperienza, tra realtà cronachistica ed elementi di fantasia, è confluita tutta nei suoi racconti, come "Il partigiano Johnny", il più celebre e conosciuto. La sua "penna" ha raccontato come poche un periodo storico di cui, ancora oggi, la memoria latita un po', offrendo uno spaccato realistico
 SAPORE DI MARE: IL "DOLCE" AROMA DELLA NOSTALGIA "Un'estate negli anni '60". Così recitano i titoli di testa di un film che compie oggi quarant'anni - usciva nelle nostre sale il 17 febbraio 1983 - ma che, già allora, ci catapultava in un'epoca ancora più lontana, dove la giovinezza, l'allegria, il saper ridere, scherzare e ballare erano quanto di più caro si possedesse. Attraverso le calde "corde" di Pino Locchi, voce narrante, Carlo Vanzina ci racconta Forte dei Marmi, la celebre località balneare ai suoi antichi splendori. Sono gli anni '60, quelli del "Boom economico", della musica leggera, degli amori estivi che duravano il tempo di un ballo "a 45 giri" o, al più , quei quindici/venti giorni di vacanze. È quello che succede tra Luca (Jerry Calà) e Marina (Marina Suma), il figlio di un ricco industriale milanese (il " cumenda " Ugo Bologna) e l'affascinante piccolo-borghese napoletana sbarcata
 ENIO GIROLAMI, LA MEGLIO GIOVENTÙ   Se ne andava dieci anni fa, il 16 febbraio 2013, ormai anziano, calvo ma sempre con lo sguardo limpido e puro, come quell'epoca remota di cui lui e la sua illustre famiglia erano stati protagonisti. Era la Roma del Dopoguerra, quella delle commedie leggere, delle farse canore, dei bulletti rubacuori e delle ragazze dolci, spigliate ma pudiche. Enio Girolami, "romano de Roma" - città in cui nacque il 14 gennaio 1935 -, era un giovanotto di quella generazione allegra e spensierata, cresciuta tra la guerra e la Ricostruzione e pronta a tutto pur di vivere senza riserve.  Alto, biondo, prestante, Enio Girolami iniziò a lavorare nel cinema giovanissimo, ma fu alla fine degli anni '50 che la sua figura divenne nota tra i più quotati e celebri giovani attori. Come Antonio Cifariello, Maurizio Arena e Franco Interlenghi anche Girolami divenne uno dei "belli" impiegati in commedie di grande successo, tra abbordaggi di ingenue fanc
  8 1/2: SURREALI ATMOSFERE PER REALI INTERROGATIVI Un regista in crisi, incapace di portare avanti un nuovo progetto, perduto tra contrastanti sentimenti, sogni di gloria e fantastiche illusioni. Marcello Mastroianni, dal volto enigmatico segnato dal bianco e nero, dà vita a questa storia surreale, dove tutto sembra assurdo e fantasioso, ma alla fine, facendo attenzione, seguendo l'intreccio narrativo si capisce cosa il  "vero" regista del film, Federico Fellini, volesse dire. "8 1/2" compie sessant'anni - usciva nelle sale italiane il 14 febbraio 1963 - ma appare ancora una pellicola tremendamente moderna.  Marcello Mastroianni (Guido Anselmi)  in una scena del film. Guido Anselmi è un regista cinematografico di successo che all'improvviso, nel realizzare una nuova pellicola, sente di aver perso l'ispirazione. Ritiratosi in uno stabilimento termale insieme a tutti gli uomini della produzione, comincia a vagare con la mente perdendosi in un mondo pa
 KIM NOVAK: UNA FAVOLA LUNGA NOVANT'ANNI C'era una volta, Kim Novak. Forse bisognerebbe cominciare proprio così, come in una bella favola. Sì, bella, perché l'attrice decise di allontanarsi dalle scene, ma la donna è ancora qui. Scelse solo di smettere lei prima che qualcuno la costringesse a farlo, prima che fosse troppo tardi. Lineamenti delicati, sguardo seducente, è stata per un decennio, tra gli anni '50 e i '60, tra i volti della Hollywood più bella e pura. Marylin Pauline Novak iniziò con la pubblicità, come modella, per poi sfondare, come si dice in gergo, nel mondo del cinema.  Bella, fiera, enigmatica, diventò Kim Novak, l'attrice che tutti abbiamo amato grazie a due pellicole: "L'uomo dal braccio d'oro" (1955) di Otto Preminger, con Frank Sinatra, e "La donna che visse due volte" (1958) di Alfred Hitchcock, con James Stewart. Da quel momento, Kim Novak divenne nota al pubblico internazionale, recitando al fianco di grandi a
 GEORGES SIMENON, MAIGRET E IL CONFORTO DELL'ESISTENZA UMANA Un uomo triste profondamente convinto che l'unico modo per sopravvivere fosse quello di tirare fuori tutto ciò che custodiva dentro di sé, nel bene e nel male, per essere di aiuto a qualcuno, per essere utile. Che di psicologia i suoi romanzi fossero permeati è cosa nota, ma dietro il suo sguardo di attento osservatore, attraverso le lenti dei suoi occhiali, Georges Simenon scrutava ciò che non andava nella realtà, e cercava di ricucire ferite con l'inchiostro della sua penna. Fin dall'infanzia, trascorsa a Liegi, in Belgio - dove nacque centoventi anni fa, il 13 febbraio 1903 -, si appassionò alla letteratura, cercando nei libri quella tranquillità assente nella sua vita, minata da un difficile rapporto con la madre e dalla scomparsa prematura del padre.  Iniziò a scrivere per un bisogno, dunque, e anche questo lo convinse ad abbandonare il giornalismo (con cui aveva mosso i primi passi) per la narrativa non
 FRANCO ZEFFIRELLI, LA PERSONIFICAZIONE DELL'ARTE Sensibilità e gusto. L'arte di Franco Zeffirelli è racchiusa in queste due semplici parole. Che si trattasse di teatro o di cinema, ciò che non mancava mai era la bellezza delle ambientazioni. Non è un caso che la sua carriera, nel Dopoguerra, cominciò proprio come scenografo per Luchino Visconti, con "Troilo e Cressida" di Shakespeare.  La stessa bellezza la ritroviamo nelle sue opere teatrali da regista: l'"Amleto" con Giorgio Albertazzi e "La lupa" con Anna Magnani. Così come è presente nei suoi due film di consacrazione internazionale, "La bisbetica domata" e "Romeo e Giulietta". Anna Magnani ne "La lupa" di Giovanni Verga al Teatro Pergola di Firenze (1965). Ma il medesimo gusto, sebbene dal punto di vista della commedia, lo troviamo anche nel suo film d'esordio, "Camping", con un gradevolissimo Nino Manfredi e una bellissima Marisa Allasio affian
BUON COMPLEANNO, VITTORIO! In principio c'era Nicola Maldacea, poi arrivò Nino Taranto col suo "Ciccio Formaggio". Oggi, a portare avanti la tradizione della "macchietta" c'è rimasto soltanto lui, Vittorio Marsiglia. Paglietta, papillon , giacche sgargianti e subito si torna indietro nel tempo, al varietà e all'avanspettacolo. Tra giochi di parole, ingenui doppi sensi e risate assicurate. Vittorio Marsiglia, beneventano di nascita e napoletano d'adozione, è l'ultimo testimone di un mondo scomparso.  Dall'esordio come musicista con gli Albatros, nella sua città, all'approdo al teatro, dalla canzone umoristica napoletana al cinema e alla televisione, Marsiglia ha saputo affrontare le situazioni e le scene più differenti, restando però sempre legato alla passione per quella forma di spettacolo ormai al crepuscolo. Ha condiviso il palcoscenico con grandi artisti come Aldo Fabrizi, Memmo Carotenuto, Gino Bramieri e i fratelli Giuffré. Al cine
  PERCHÉ SANREMO...È SANREMO! Mi manca. Mi manca ciò che era un tempo e che oggi non è più. Un "vero" festival della canzone italiana. Che fosse melodica, pop, romantica, ritmata, rilassante, poco importa. L'importante era riconoscersi in essa, in note e parole. Mi manca il Festival di Sanremo con più fiori e meno sciocchezze. Mi manca il Festival di Pippo Baudo e Mike Bongiorno, nei loro abiti sobri ed eleganti. Come manca l'eleganza di uno spettacolo dove la musica era al centro e tanto bastava a tenere incollati milioni di spettatori davanti al video. Mi mancano le vallette (attrici, modelle, showgirl ) che, spesso, non portavano altro se non la loro grazia e goffe "papere" trasmesse in mondovisione. Mi mancano brani che quest'anno festeggiano la cifra tonda. Le melodie "italiane" come "La solitudine" di Laura Pausini (1993) e le "Vacanze romane" dei Matia Bazar (1983). E ancora brani dolci e scanzonati, come "L'
 LEARCO GUERRA: LA LOCOMOTIVA UMANA Spingeva sui pedali come pochi. Con la forza di chi conosceva la fatica (era un manovale) e la consapevolezza di chi sapeva che, nella vita, tutto è da conquistare. La Milano-Sanremo del 1928, l'incontro con Costante Girardengo, la Maino e l'inizio di una carriera strepitosa bruciata tra tappe, vittorie e sfide memorabili. Learco Guerra, "la locomotiva umana", macinava chilometri come nulla, ricurvo sul manubrio, dritto verso l'obiettivo, tra Giro d'Italia e Tour de France , contendendosi la vittoria con "L'imbattibile" Binda.  Divenuto professionista quasi trentenne, si dedicò poi alla direzione sportiva e alla produzione di biciclette, prima che il Parkinson arrestasse la sua corsa, portandoselo via il 7 febbraio 1963. Sessant'anni dopo, però, le sue imprese sono ancora vive nella memoria del ciclismo (e non solo). Di seguito vi ripropongo l'articolo da me redatto qualche mese fa, nell'anniversari