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 ELSA MERLINI: "AMORE" DI DIVA


"Bisogna lavorare, con amore e intelligenza". Con queste parole, Elsa Merlini descrisse se stessa e la sua avvincente esistenza, fatta di battaglie, dentro e fuori la scena, di palcoscenici calcati con brio, leggerezza e passione, tanta passione. Quando se ne andò, quarant'anni fa, il 22 febbraio 1983, per un male incurabile, la Merlini aveva abbandonato le scene da poco, appena un anno. 



Con Antonio Calenda, l'attrice triestina - nacque nella "città della Bora" il 26 luglio 1903 - era ritornata su quel palcoscenico dove, nei remoti anni '30, aveva esordito neanche diciottenne a Firenze, sotto la direzione di Annibale Ninchi. Da quel momento Elsa Tscheliesnig divenne Elsa Merlini, vincendo l'ostilità dei genitori e dimostrando a tutti con studio, impegno e dedizione che era in grado di fare ciò che desiderava: recitare. 


Elsa Merlini in scena, a teatro, nel 1933 con Sergio Tofano (a destra) e Luigi Cimara.


Piccola, graziosa, con quel volto di porcellana dai lineamenti delicati incorniciato da ricci e corti capelli, Elsa Merlini divenne una delle attrici brillanti più amate, dividendo la scena con artisti come Sergio Tofano, Luigi Cimara e Renato Cialente (con cui diede inizio a un lungo sodalizio artistico e sentimentale, conclusosi con la sua prematura scomparsa). 


In alto, Elsa Merlini con Nino Besozzi in "Trenta secondi d'amore" (1936) di Mario Bonnard.
In basso, con Vittorio De Sica in "Non ti conosco più" (1936) di Nunzio Malasomma .


Nello stesso periodo, la sua recitazione briosa e allegra le diede grande visibilità grazie al cinema, dove la "commedia borghese", quella degli "equivoci", le permise di mettere a frutto il suo talento in pellicole come "Trenta secondi d'amore", con Nino Besozzi, e  "Non ti conosco più", accanto a Vittorio De Sica. Poi venne la guerra, il tempo sembrò fermarsi, ma Elsa Merlini continuò a lavorare, con amore e intelligenza. 


In alto, Elsa Merlini con Peppino De Filippo ne "I pappagalli" (1955) di Bruno Paolinelli.
In basso, con Franco Volpi in un'opera di prosa per la televisione, "Villini a sorpresa" (1958).


Così riprese il teatro, rinnovandosi in quel repertorio brillante in cui si era fatta amare e apprezzare, offrendo anche piacevoli caratterizzazioni al cinema, come una vispa servetta innamorata di Peppino De Filippo nella commedia "I pappagalli", o moglie di Totò, presidente di una sgangherata squadra di calcio in "Gambe d'oro". Fu tuttavia la televisione, alla fine degli anni '50, ad accogliere la sua recitazione misurata, perfettamente inserita in numerose opere di prosa e in alcuni sceneggiati. 


Elsa Merlini in "Mela" (1982) di Antonio Calenda.

In sordina, quasi in punta di piedi, la Merlini proseguì la sua carriera, combattendo fino alla fine per difendere quel posto che, con impegno e talento, aveva conquistato. Un anno prima della sua scomparsa, come dicevamo all'inizio, Elsa Merlini fu protagonista di una memorabile pièce, "Mela", scritta da Dacia Maraini e diretta da Antonio Calenda. L'ultimo regalo al suo pubblico, a quasi ottant'anni, con la grazia, la verve e l'argento (non solo nei capelli) della grande diva che non si è mai rassegnata a gettare le armi. Sono certo, infatti, che ancora oggi, da qualche parte, Elsa Merlini continui a lottare contro l'oblio del tempo: con amore, intelligenza e passione.

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