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Visualizzazione dei post da aprile, 2024
 HOSKINS, "L'AMICO" EDDIE I suoi occhi trasudavano malinconia, ma dieci anni fa, il 29 aprile 2014, quando una polmonite ce lo portò via, furono i nostri a lacrimare per il dispiacere. Bob Hoskins, probabilmente, non ha avuto tutto quello che un bravo attore dovrebbe avere. Premi prestigiosi (ma una candidatura all'Oscar, per "Mona Lisa", il film che lo tirò fuori dall'anonimato, la ottenne), riconoscimenti particolari, una carriera  costellata di grandi successi (le sue interpretazioni di "grido" sono ben poche).  Eppure, Bob Hoskins è riuscito ad entrare nei cuori di tutti noi dopo una vita fatta di studio (la  Royal Shakespeare Company  di Londra), gavetta e impegno. Che vestisse i panni di Eddie Valiant, il detective che caccia fuori dai guai (prendendolo letteralmente per le orecchie) il coniglio Roger Rabbit, quelli del mozzo di Capitan Uncino Spugna, o ancora quelli di papa Giovanni XXIII (una delle ultime interpretazioni, straordinaria)
 CARLO NINCHI, LE DUE FACCE DELL'ESISTENZA Naso importante, fisico imponente, presenza significativa. Carlo Ninchi è stato un volto molto amato. Non bello, ma affascinante, con quel naso aquilino sotto lo sguardo severo, dalla voce ruvida ma calda, ha interpretato personaggi diversi, pur mantenendo sempre, in ogni circostanza, quella misura che si confà al mestiere.  Fratello minore di Annibale, cugino (di secondo grado) della più popolare Ave, Carlo Ninchi nacque a Bologna il 31 maggio 1896. Il suo primo amore fu il teatro, ed esordì nel primo dopoguerra nei panni di Pilade ne "L'Oreste" di Alfieri, nella compagnia di suo fratello.  In alto, Carlo Ninchi con Elvira Bonecchi ne "I promessi sposi" (1941) di Mario Camerini. In basso, con Roberto Villa ne "La vispa Teresa" (1943) di Mario Mattòli. Nella sua carriera in palcoscenico, Ninchi ha lavorato con Renzo Ricci, Tatiana Pavlova, Marta Abba, Mario Mattòli nella "Compagnia Zabum", per po
 ANGELO BERNABUCCI, IL "SIGNOR COATTO " Era un signore. A tradirlo, forse, soltanto la sua voce roca e romanesca, simbolo della sua essenza e della sua veracità. Angelo Bernabucci ha interpretato il romano coatto, il tifoso sfegatato dei colori della lupa, il cafone arricchito, diventando in breve tempo un caratterista di razza. Ma nella sua vita di tutti i giorni, che si svolgeva nel "cuore" di Roma, tra Via Giulia  e Piazza Farnese, Angelo Bernabucci era un venditore di libri. Gentile, disponibile e simpaticissimo, per via del suo inconfondibile accento e il piacere della battuta goliardica.  A cambiare la sua vita, dopo i quarant'anni d'età, fu Carlo Verdone che, abitando nella zona, aveva avuto modo di conoscerlo, bazzicando tra un bar e una officina meccanica dove Angelo Bernabucci, senza alcuna velleità artistica, regalava battute e dava sfogo alla sua arte in discussioni quotidiane, come i successi (e le sconfitte) della Roma o i problemi del caro-vit
  I FIORI DELL'AVVENIRE "Non è possibile comprendere il presente, se non attraverso il passato prossimo e quello remoto. Ma non sarebbe sufficiente limitarsi all'esame del presente ed alla disamina del passato. La rievocazione dei singoli episodi della Resistenza, pur così luminosi, acquista vero significato solo se intesa a cogliere i motivi ideali e non quelli contingenti della lotta e della vittoria, perché il passato conforti nel presente ed ammaestri per l'avvenire."  Gli ideali della Resistenza come sostegno nel presente e guida nell'avvenire. Lo scrisse, sulle colonne de Il Popolo , il 25 aprile 1956, Enrico Mattei, fondatore e presidente dell'ENI, uomo-chiave della Ricostruzione ma, ancor prima, membro del CLN Alta Italia e coordinatore dei gruppi partigiani "bianchi", ovvero i cattolici.  Perché la Resistenza, emblema della cooperazione, del mutuo-soccorso, della falange armata contro l'oppressore era costituita da tante identità. P
 SERGIO RAIMONDI, UN "BEL" RICORDO Era un ragazzo della Roma del Dopoguerra, uno dei tanti. Bello, aitante, dal volto onesto. E in quel volto, destinato a comparire sulle copertine dei più celebri fotoromanzi, da "Sogno" a "Cine illustrato", egli trovò un modo per dare una svolta alla propria vita. Così Torquato Feliziani, meccanico romano, lasciata la tuta da lavoro per gli abiti del divo, diventò Sergio Raimondi, cominciando ad apparire sui fumetti fotografici che tanto piacevano alle ragazzine.  Una di quelle storie poi, "Vendetta di zingara", in cui affiancava Anna Vita, ebbe talmente successo che, nel 1950, si ritrovò a interpretarla sul grande schermo. Il passo fu breve. Sergio Raimondi diventò nel giro di pochi anni uno dei tanti volti del cinema popolare del tempo, quello dei "bulli" e delle "pupe", dei ragazzotti lavoratori o scansafatiche e delle giovani sognatrici e pudiche, ma anche orgogliose e combattive.  Sergio
 RUGGERO ORLANDO, UNA VOCE "LIBERA" " Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando ". Professionale, sobrio, a tratti ironico, impeccabile in ogni condizione, con quella frase d'incipit che lo ha reso un mito immortale. Ruggero Orlando, il Telegiornale degli anni '60, le imprese spaziali americane, il battibecco col collega Tito Stagno nella notte in cui l'uomo compì il "grande passo per l'umanità" rappresentano ancora oggi immagini vive, autentiche, di un modo di fare informazione forse artigianale, ma senza dubbio sincero e schietto.  Laureato in Matematica, corrispondente per l'EIAR da Londra prima della guerra. "Voce" della BBC e della celebre Radio Londra, Ruggero Orlando divenne uno dei volti più amati della neonata Rai TV alla fine degli anni '50, con le sue leggendarie corrispondenze da New York, in quell'America da cui ci separavano giorni o ore interminabili, di mare o di volo (ma allora l'aereo era un lusso
  DANIELE D'ANZA, TRA SAPIENZA E POPOLARITÀ  È stato tra i più innovativi registi della Rai Tv. Dal racconto gotico- noir de "Il segno del comando", con Carla Gravina e Ugo Pagliai, agli sketch del Principe De Curtis nella serie "Tutto Totò", da "Il Mattatore" con Gassman al musical "Scaramouche" con Modugno, Daniele D'Anza ha realizzato pagine di intrattenimento indimenticabili, con lo spirito critico di chi fa della sperimentazione la propria cifra.  La "firma" di D'Anza ha siglato sceneggiati ancora oggi indimenticati. Produzioni che tenevano incollati al video milioni di telespettatori, attirandoli con una sapiente dose di semplicità e ricercatezza, di sapienza e popolarità. A quarant'anni dalla sua scomparsa - avvenuta il 12 aprile 1984 -, per omaggiare questo grande maestro della Tv, vi ripropongo un ampio articolo dedicatogli un paio di anni fa, nel centenario della nascita. L'articolo è fruibile al seguente
 ARRIVEDERCI, "SIGNORA" GASSMAN! Non sembrerebbe, in apparenza, che la "signora" Gassman se ne sia andata via così, con discreto fare. Non sembrerebbe, dico, perché chi ricorda il suo papà, il Vittorio nazionale, il fanfarone del cinema, il leone del palcoscenico, sa benissimo quanto egli fosse enfaticamente (ma solo scenicamente) amante di protagonismo. Paola Gassman, però, la sua prima e adorata figlia avuta dall'indimenticata Nora Ricci (figlia di Renzo, altro "grande" dimenticato), è sempre stata una donna piuttosto schiva e riservata.  Il papà - chi ne conosce le vere "corde", lo sa - era in effetti un timido latente, ma la fama, il successo, l'immagine che di lui ne aveva dato il cinema ne avevano fatto un uomo dall'ego profondo, maniacalmente votato all'apparire a tutti i costi. Paola, no. Paola amava la riservatezza così come amava il palcoscenico, e su quel palcoscenico, dietro il riserbo che promette la chiusura del sipa
 ALDO GIUFFRÉ, FASCINO DIMENTICATO Allievo di Eduardo De Filippo, "spalla" di Totò in celebri film ("Guardie e ladri" e "Un turco napoletano"), attore drammatico per Francesco Rosi e Sergio Leone, "teatrante" illustre accanto al fratello Carlo in capisaldi della commedia partenopea ma anche interprete di opere di Pirandello e Balzac, Aldo Giuffré è stato un grande.  Un grande attore di teatro, un brillante interprete sul grande schermo e anche un bravo doppiatore, grazie a una voce calda di cui neanche un brutto incidente (un'operazione alle corde vocali) riuscì a sminuirne il fascino. Un fascino svanito nel tempo e nello spazio, dai tempi in cui l'ultimo sipario si abbassò sul suo volto. Ebbene, a cent'anni dalla sua nascita, voglio ricordare Aldo Giuffré riproponendovi l'ampio articolo che gli dedicai tempo fa, nel decimo anniversario della scomparsa. L'articolo è fruibile al seguente link: https://ilrestodelmarino.blogspot.
 MARIO MEROLA: "'NA VOCE", 'NA STORIA Apriva la bocca e stringeva i cuori. Ce lo ricordiamo tutti, Mario Merola. Col suo sguardo lucido di lacrime, il faccione scolpito nel legno e il corpo grande, grosso ma elegantemente vestito ha fatto conoscere in tutto il mondo la “sceneggiata”, una delle forme di spettacolo più antiche della cultura napoletana. "' Na voce " calda, appassionata, profonda. " 'Na voce " che gridava d’ammore e ddolore , di padri di famiglia, di disgraziati nei guai, di uomini traditi che gridano vendetta, ma anche di boss mafiosi. Lui che era stato un umile scaricatore di porto che cantava "co 'e cumpagne" , i colleghi di lavoro, per allietare le giornate distrutte dalla fatica, e che nel 1959 si era ritrovato, vincendo un concorso per voci nuove, a cantare in pubblico. Un pubblico che l’ha sempre seguito: dalle tournée mondiali al Festival di Napoli, dal grande schermo (dove tra gli anni ’70 e ’80 parteci
BUON COMPLEANNO, FIORELLA!  Ci ha svelato " Quello che le donne non dicono ". Ha urlato " Che sia benedetta " alla vita, la cosa più preziosa per ogni essere umano. Si è lasciata prendere a schiaffi (rigorosamente "finti") da Sordi come controfigura di Monica Vitti, ma si batte da sempre per i diritti delle donne e contro ogni violenza di genere. Con "amiche" e colleghe illustri, come Laura Pausini, ha organizzato concerti di beneficenza. Ma Fiorella Mannoia, con la sua voce, la sua presenza, la sua energia ha soprattutto fatto di se stessa l'emblema della bellezza più pura, dell'amare senza condizioni, del rispetto, della legalità e della forza femminile. Compie oggi settant'anni, la maggior parte dei quali spesi per gli altri, ma anche per se stessa. Perché in primo luogo bisogna amarsi per essere in grado di amare e nessuno lo sa meglio di lei. Una frase che la rispecchi appieno? Forse è contenuta nel ritornello di " Mariposa
 PIPPO, IL "MAESTRO" BARZIZZA Dai microfoni dell'Eiar, le sue musiche, prodigio di fiati come il sax , ristoravano gli animi afflitti dalle "pene" del fascismo. La voce vellutata di Alberto Rabagliati e quella "suadente" del Trio Lescano accompagnavano le sue note swing , così "proibite" dal Regime eppure così amate dalla gente.  Poi arrivarono le musiche da film, quelli di Totò in primis - che aveva reso una star sua figlia, la brava e bella Isa -, il Dopoguerra e un infarto che spinse Pippo Barzizza, stimato nei locali notturni della sua Genova come ai più prestigiosi locali del mondo, ad appendere la "bacchetta" al chiodo e a dedicarsi all'insegnamento della musica ai giovani allievi che entravano a frotte nella sua riservata e accogliente dimora sulla riviera ligure, a Sanremo, dove se ne andò il 4 aprile 1994, alla lodevole età di novantadue anni. Da allora sono passati trent'anni, ma le musiche di Pippo Barzizza sono
 MARLON BRANDO, I VOLTI DI UN DIO " Gli farò un'offerta che non potrà rifiutare ". Le mascelle da molosso (opportunamente modellate dalle protesi), i capelli imbrillantinati, i baffi sale e pepe e quella voce, roca e sicula (per noi pubblico italiano quella dell'indimenticato Giuseppe Rinaldi), sopra lo smoking , nelle prime sequenze de "Il padrino" di Coppola. Marlon Brando, quarantottenne, Marlon Brando icona del cinema e per la seconda volta premio Oscar. Marlon Brando mito. Tra tanti, diversi ruoli sono pochi quelli che hanno lasciato davvero il segno. Molti lo ricorderanno ventenne, in maglietta bianca e giubbotto di pelle, nel vigore dei suoi muscoli, fresco di Actors Studio , dal palcoscenico al set, da "Un tram che si chiama desiderio" di Williams - portato sul grande schermo da Elia Kazan - a "Il selvaggio" e "Fronte del porto", il suo primo Oscar.  Marlon Brando ne "Il padrino" (1972) di Francis Ford Coppola.
 GABRIELLA FERRI, PASSIONE VERACE Era il 3 aprile 2004. Sono passati vent'anni dal suo addio. Un addio che ha il sapore del melodramma, ma anche del mistero. Un paese del viterbese, un balcone e un salto verso il basso. Un incidente (abuso di tranquillanti, perdita di conoscenza) o un gesto volontario? Chi lo sa. Di sicuro, Gabriella Ferri aveva lasciato la sua Roma da tempo. La Roma di Trastevere, dei fruttaroli di "Campo de' Fiori" e dei barcaroli del Tevere. Della musica popolare e vernacolare da lei fatta propria.              La " Vecchia Roma " che, con Enrico Montesano - suo giovane partner in "Dove sta Zazà", negli anni '70 -, aveva cantato appena tre mesi prima, nel varietà televisivo "Trash (non si butta via niente)" su Raiuno. Il lungo sodalizio con Luisa De Santis (figlia del "papà" del Neorealismo), le tournée in America latina, il Salone Margherita e la televisione col Bagaglino e una vita vissuta sull'o