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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022
 OSCAR LUIGI SCALFARO: IL PRESIDENTE DI "TRANSIZIONE"    Erano anni difficili. Di cambiamento, di confusione, di ricerca. E lui, dall'alto della sua carica, col suo rigore, la sua profonda fede, riuscì a mantenere la barca in rotta nonostante la mareggiata. Quasi vent'anni dopo, il 27 gennaio 2012, Oscar Luigi Scalfaro se ne andò, morendo nel sonno, con la consapevolezza di aver fatto della politica uno strumento di coesione e di pace. Si può dire che la storia politico-sociale nazionale Scalfaro l'abbia fatta tutta. Di origini nobili, calabresi e piemontesi, nacque a Novara il 9 settembre 1918. Frequentò fin da giovanissimo gli ambienti dell'Azione Cattolica, per poi entrare anche nella FUCI da studente in Giurisprudenza, laureandosi alla "Cattolica" di Milano nel 1941. Cominciò la sua carriera in magistratura, partecipò alla Seconda guerra mondiale come sottotenente e, dopo la Liberazione, entrò in politica nelle fila della Democrazia cristiana.  N
 DINO BUZZATI, LA RICERCA DELLA VERITÀ   La vita, si sa, corre verso la morte. E in questa corsa pazza, nel disperato tentativo di sfuggire al suo richiamo, lui si faceva trascinare con un misto di paura e curiosità. Non che le andasse incontro, non che la "stuzzicasse". Ma Dino Buzzati sapeva bene che, prima o poi, sarebbe toccata anche a lui, e in qualche modo la sua scrittura e i suoi racconti furono un modo per esorcizzarla, per tenerla sotto controllo, per carpirne i segreti. Quando arrivò il suo turno, il 28 gennaio 1972 - ricoverato in una clinica milanese per un tumore -, Buzzati la accolse con lucida serenità. Come quei personaggi, surreali, psicologicamente oppressi dal dubbio, rincorsi da un destino che sembra non lasciare campo libero alla decisione. La medesima lucidità con cui, per quasi cinquant'anni, raccontò le pagine più scure dell'Italia del Dopoguerra (l'aereo del "Grande Torino" che precipitò a Superga nel 1949) e della sua amata Mil
"IL CASO": ROSI E IL RACCONTO DEL "MISTERO" MATTEI - "Io sto preparando questo film, sarà perché Mattei era un personaggio che aveva creato una rete di complicità con tutti, ma io mi trovo davanti a una serie di porte chiuse, e con tanto di cartellino ufficiale, non ultimo il segreto di Stato" - "Troppa gente vuole che le cose restino come sono" Questo scambio di battute, messo in scena da Francesco Rosi in prima persona, nel dialogo con alcuni giornalisti verso la fine della pellicola, evidenzia, a mio parere, quale sia stata la molla - oltre all'amore per la storia e i suoi protagonisti - che ha spinto il grande cineasta napoletano a ricostruire uno dei più grandi misteri italiani, quando ancora si credeva che Enrico Mattei, il presidente dell'Eni, fosse rimasto vittima di un incidente aereo e non di un vero e proprio attentato (come appurato dal giudice Vincenzo Calia tra gli anni '90 e i primi anni Duemila).  "Il caso Mattei&
 NUNZIO FILOGAMO: LA "VOCE" DI UN "CARO AMICO"  Mancavano solo otto mesi. Avrebbe compiuto il secolo in settembre e, invece, il 24 gennaio 2002, Nunzio Filogamo salutò per sempre quei "cari amici" che per decenni lo avevano ascoltato in radio. Certo, non lavorava ormai da anni, viveva in una casa per anziani, ma nello spirito era rimasto quel signore distinto che poche volte si mostrò in volto, donando però al pubblico quella sua voce da cantante confidenziale (incise anche qualche brano), discreta, misurata, affabile. Nato a Palermo - il 20 settembre 1902 - ma cresciuto a Torino, Annunziato "Nunzio" Filogamo cominciò a recitare da ragazzino nei teatrini scolastici. Poi, col tempo, passò a palcoscenici di professione fino ad approdare nella celebre Compagnia di Ruggero Ruggeri, dopo aver studiato Legge (laureandosi) alla Sorbona di Parigi prima e all'Università di Torino poi. Ma il vero successo arrivò con la radio. Dotato di una dizione perf
 BOROTALCO,  "FRESCHEZZA" '80 Una storia d'amore leggera, travolgente e romantica, fondata sulla menzogna nel disperato tentativo di sfuggire ad una realtà che non piace. Credo si possa così sintetizzare un film considerato dallo stesso regista una scommessa con se stesso. "Borotalco", infatti, uscito nelle sale quarant'anni fa esatti - il 22 gennaio 1982 -, rappresenta non solo la terza opera da regista di Carlo Verdone, ma anche il tentativo di "liberarsi" di quei personaggi (esilaranti e divertenti) che avevano caratterizzato le due pellicole precedenti ("Un sacco bello" e "Bianco, rosso e Verdone). Scrollandosi di dosso l'immagine dell'attore camaleontico, Carlo Verdone riuscì a scrivere - in coppia con Enrico Oldoini - un film di spessore differente, pennellando con armonia e gusto l'evanescenza degli anni '80, mettendone in evidenza pregi e difetti.  Sergio (Carlo Verdone) e Nadia (Eleonora Giorgi). La stori
 ARTURO BRAGAGLIA, PICCOLO-GRANDE ARTISTA La sua popolarità è legata alle innumerevoli caratterizzazioni cinematografiche, ma il suo contributo al mondo dell'arte fu ben più ampio. Proveniente da una illustre famiglia di artisti e "artigiani" dello spettacolo, Arturo Bragaglia ha saputo lasciare un segno che va ben oltre la sua intensa attività d'attore. Nato a Frosinone - il 7 gennaio 1893 - ma cresciuto a Roma dall'età di dieci anni, Arturo Bragaglia era praticamente destinato fin da bambino a fare il suo ingresso negli ambienti del cinema dalla porta principale. Suo padre, infatti, era l'ingegner Francesco Bragaglia, direttore generale della casa di produzione "Cines" di Roma. Sua madre, invece, era Maria Tassi Visconti, ultima superstite del ramo romano della nobile famiglia milanese.  Fu proprio quest'ultima ad avvicinare Arturo e i fratelli Anton Giulio, Carlo Ludovico e Alberto al mondo dell'arte. Tutti, fin dall'adolescenza, ebber
 ADDIO, CAMILLO! Per me, da telespettatore bambino, resterà per sempre Ugo Monti, l'anziano proprietario del bar del centro commerciale "CentoVetrine" nella omonima soap Mediaset, ma da cinefilo e cultore dello spettacolo non posso non essere dispiaciuto per la scomparsa di questo grande interprete. L'ennesimo ad andare via per colpa del virus. Camillo Milli, infatti, era ricoverato in una clinica a Genova per i postumi del Covid. Se n'è andato via, lasciando un vuoto in quel mondo dello spettacolo in cui aveva esordito sotto la guida di Strehler al Piccolo di Milano - città in cui era nato il 1° agosto 1929.  Da sinistra, Camillo Milli, Franco Volpi ed Ernesto Calindri nel Carosello "China Martini". Tra  pièce  teatrali - si cimentò con Goldoni sotto la direzione di Squarzina allo Stabile di Genova - e qualche apparizione al cinema e in televisione - fu il sornione cameriere che porgeva i "bicchierini" di China Martini a Volpi e Calindri nel f
  OLGA VILLI, "ARGENTEA" DAMA DEL PALCOSCENICO Eleganza, portamento e spirito ironico. Le migliori qualità per una vera "regina" della scena, infaticabile interprete del palcoscenico per oltre trent'anni, dal Dopoguerra alla fine degli anni '70. Olga Villi è stata tra le più grandi attrici e soubrette che lo spettacolo italiano abbia avuto.  Alta, slanciata, raffinata, cominciò a farsi notare nella rivista con Macario, poi passò al teatro classico con Visconti e Squarzina, lavorando al fianco di Paolo Stoppa, Rina Morelli, Gino Cervi e tanti altri "mostri" del teatro. Ma fu soprattutto con Ernesto Calindri ed il teatro brillante che la Villi riuscì ad imporsi sulla scena. E sempre al suo fianco, appena poco prima di morire - nell'agosto dell'89 - era ritornata in scena ancora viva "d'argento", nei capelli e nel temperamento. Interpretazioni intense, applaudite con sincerità, senza tuttavia impedire che sulla sua figura calasse
 ROBERTO MUROLO: STORIA DELLA MUSICA NAPOLETANA Un sussurro di voce, caldo e gentile. Una chitarra perennemente in grembo, pronta ad accompagnarlo nei sui tremanti sussulti tra note e parole. Un viaggio tra tradizione e innovazione, dove la classica canzone napoletana si mescola alle sonorità più diverse. Forse è stato proprio questo a permettere a Roberto Murolo di vivere due esistenze: quella di un giovane chansonnier con la chitarra che incideva un 78 giri dopo l'altro "consolando" con la sua musica l'afflitta Italia del Dopoguerra. E poi quella di un uomo anziano, dal volto simpatico e sorridente, ancora desideroso di fare musica e regalare emozioni. In mezzo, però, ci fu un brutto episodio che per qualche tempo lo tenne lontano dai riflettori. E pensare che, sotto i riflettori, Roberto Murolo ci stava fin dall'infanzia, trascorsa nella sua Napoli - dove nacque il 19 gennaio 1912 -, tra poeti, musicisti e uomini della cultura partenopea dei primi del secolo s
 NUNZIA FUMO, VEGLIARDA "D'AUTORE"   La mano sinistra poggiata sulla ringhiera, la destra volteggiante nell'aria, dall'alto del suo balcone, a dirigere lo spazzino che sta pulendo il vicolo su cui affaccia la sua casa, e una frase lapidaria e definitiva sugli inquilini del palazzo che hanno buttato le cartacce dalla finestra. Sporchi per progenie perché " Si nasce fetient'! ". Così, dopo decenni di successi in teatro, Nunzia Fumo arrivò alla popolarità cinematografica. Non fu quella l'unica sua parte in quel film, "Così parlò Bellavista" del grande De Crescenzo, perché  indimenticabile rimane anche il siparietto al "banco lotto" con la sorella minore Nuccia, ma di sicuro quella sorta di monologo - accompagnato da un silenzioso sbuffare del netturbino Saverio/Sergio Solli - ne metteva in risalto un talento e una presenza scenica senza pari. Perché prima di quel balcone popolare napoletano, Nunzia Fumo calcò le più prestigiose a
 MUHAMMAD ALI, UN "NOBILE" EROE "Dentro un ring o fuori, non c’è niente di male a cadere. È sbagliato rimanere a terra". E lui, a terra, non ci poteva proprio stare. Una montagna di muscoli elegantemente sinuosa, un pugno proibito e lo sguardo, scuro ma limpido come il suo volto di ragazzo perbene. Un termine, quest'ultimo, che per molti poco si sposa col pugilato, ma che invece esprime al meglio il senso della "nobile arte": il riscatto, la voglia di farcela nelle avversità, cadere e rialzarsi. Era solo un ragazzino di Louisville, nel Kentucky - dove nacque il 17 gennaio 1942 -, Cassius Marcellus Clay, poi divenuto Muhammad Ali,  quando entrò per la prima volta in una palestra, dopo aver subito un furto. Gli avevano rubato la bicicletta e su suggerimento di un agente che raccolse la sua denuncia, fare boxe l'avrebbe aiutato ad acquistare sicurezza, a difendersi. I suoi guantoni, infatti, divennero ben presto l'emblema del desiderio di rivalsa
NÂZIM HIKMET, IL "COMUNISTA ROMANTICO" "La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio, come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla dal di fuori o nell'aldilà. Non avrai altro da fare che vivere". Una delle sue poesie più belle, "Alla vita", sembra proprio un inno all'esistenza felice. Un grido d'ottimismo e di fiducia da parte di chi, dopotutto, aveva sofferto tanto. Nâzim Hikmet fu costretto a spezzare le sue radici per un profondo spirito di libertà. Figlio di un diplomatico turco e di una esule polacca, nacque a Salonicco il 15 gennaio 1902, e vide con i suoi occhi la fine dell'Impero ottomano. La guerra d'indipendenza della Turchia, nei primi anni '20, lo vide schierarsi dalla parte della libertà. Tornato in patria dopo un lungo soggiorno in Unione sovietica, aderì al Partito comunista turco battendosi per la giustizia e per gli ultimi: contadini e operai che desideravano soltanto vivere serenamente. Perché "l
 COSTA CONCORDIA: L'INCUBO DI UN "SOGNO" INFRANTO Corsi e ricorsi storici, quelli più tragici. Nell'aprile del 1912, in occasione del suo viaggio inaugurale da Southampton nel Regno Unito a New York, il Titanic andava a schiantarsi contro un iceberg, risucchiando con sé nell'Oceano più di un migliaio di persone. Quasi cento anni dopo, il 13 gennaio 2012, un altro "salotto galleggiante", la Costa Concordia, andava ad infrangersi contro uno scoglio al largo dell'Isola del Giglio, sul litorale toscano, piegandosi su un lato come un corpo senza vita.  Erano le 21:45. La nave, partita da Civitavecchia nel pomeriggio, era diretta a Savona, prima tappa di un meraviglioso viaggio nel Mediterraneo. Un sogno, tra sale danzanti, cene succulente e cabine di lusso, che si trasformò in un incubo per le oltre quattromila persone a bordo (tra passeggeri ed equipaggio) che, d'un tratto, mentre cenavano tranquillamente, videro le loro vite in bilico, a seguito del
 TONI UCCI, "CARATTERE" ROMANO  Io adoro i caratteristi. Quel grande popolo di attori, noti e meno noti, apparsi e riapparsi in decine di pellicole in ruoli più o meno significativi. Dai generici Mimmo Poli, Gianni Baghino e Luciano Bonanni, a veri coprotagonisti come i fratelli Mario e Memmo Carotenuto - che definire caratteristi è forse riduttivo -, Nando Bruno, Luigi Pavese e Nino Terzo, solo per citarne alcuni. Molti romani ed espressione di quella romanità, ora popolare ora signorile, che ha contribuito alla ricostruzione fedele di una realtà che il cinema del Dopoguerra ha saputo descrivere bene, dal neorealismo alla commedia sentimentale per finire a quella molto più chic , "all'italiana". Ebbene, tra questi interpreti straordinari un posto di tutto rispetto merita anche Toni Ucci: un attore dimenticato tanto quanto molte delle sue molteplici comparsate nei film. Nato a Roma il 13 gennaio 1922, Antonio "Toni" Ucci iniziò la sua carriera poco più
ARRIVEDERCI, DAVID!    Eleganza, umiltà, simpatia, passione. David Sassoli era tutto questo. Che si guardi al giornalista - dalla carta stampata alla Tv, dal Tg3 al Tg1, di cui fu anche vicedirettore -, o al politico - parlamentare e dal 2019 presidente del Parlamento Europeo -, Sassoli era un uomo appassionato del suo lavoro. Un uomo, prima di tutto, di fede cattolica ma dotato di un profondo spirito laico e con uno sguardo speciale per gli ultimi, per i disagiati, per coloro che sono in difficoltà.  David Maria Sassoli, nel rispetto del suo nome (ispirato a padre Turoldo, poeta e sacerdote antifascista), ha votato la sua vita al servizio della politica e dello Stato. Scarpe comode ai piedi e microfono alla mano, per anni è andato in giro a raccontare storie, persone, momenti, gioie e dolori. E quando è passato dall'altro lato, ovvero dalla parte di chi non racconta la storia ma la fa, Sassoli ha saputo credere nel disegno dell'Europa unita così come immaginata dagli antifasci
 BUON COMPLEANNO, MASSIMO!  Il sorriso sotto i baffi - un tempo folti, oggi molto più curati -, la voce calda e l'elegante figura. Massimo Lopez compie oggi settant'anni, ma la sua immagine è sempre la stessa. Quella di circa quarant'anni fa, quando assieme a Tullio Solenghi ed Anna Marchesini diede vita al Trio, sconvolgendo per sempre le nostre vite con la loro comicità così dissacrante e fantasiosa. Dalle parodie delle telenovela argentine a quelle del telegiornale, dallo sketch della vendita delle armi tra gli Usa di Reagan e l'Iran dell'Ayatollah Khomeini (parodia presentata a "Fantastico 7", provocando un incidente diplomatico tra Italia e Iran), fino alla loro interpretazione comico-musicale de "I promessi sposi", portati in Tv nel 1990. Lì, Massimo Lopez vestiva (tra gli altri) i panni della Monaca di Monza conservando i suoi baffoni. Come nei panni del presidente Ronald Reagan o in quelli di Alonso Perito Peraria (amico/amante di Dolore
 PAOLO CARLINI, L'ELEGANZA DI UN SORRISO GENTILE La memoria che bella cosa che è. Salvo quando non viene esercitata verso chi, dopotutto, ha fatto di tutto pur di lasciare un segno. Paolo Carlini, grande interprete del palcoscenico e della tv, è tra i tanti artisti italiani spesso dimenticati, offuscati dalla nebbia del tempo. Eppure la sua epopea artistica fu ricca di soddisfazioni. Romagnolo, di Santarcangelo - dove nacque il 6 gennaio 1922 -, Carlini iniziò la sua carriera ancora ventenne, dividendosi tra palcoscenico e set cinematografico.  Alto, elegante e sorridente, si esibì nei più prestigiosi teatri nazionali, portando in scena la sua recitazione misurata. Al cinema ottenne molti ruoli, ma mai di primo piano, nonostante abbia partecipato a pellicole di un certo pregio, nazionali e non ("Vacanze romane" di Wyler). La sua popolarità è legata soprattutto al piccolo schermo, dove prese parte a numerose opere di prosa e a celebri sceneggiati, ottenendo un notevole suc
 UMBERTO, "L'ECO" DELLA CONOSCENZA “Essere colti non significa ricordare tutte le nozioni, ma sapere dove andare a cercarle.” Credo sia tra le sue frasi più belle e più vere. Frasi, in verità, spesso utilizzate anche a sproposito. Proprio da chi, forse, colto non è o crede di esserlo. In ogni caso, non stupisce che a pronunciare queste parole sia stato Umberto Eco. Uno che tra i libri ci sguazzava fin dall'infanzia. Uno che si laureò col massimo dei voti in Filosofia con una tesi sull'Estetica di Tommaso D'Aquino. Uno che fu tra i pionieri della televisione italiana, come autore e non solo. Uno che riusciva a passare con disinvoltura dalla semiotica alla filosofia e alla storia medievale, che fosse vera o amabilmente inventata ("Il nome della rosa", il romanzo giallo impersonato poi sullo schermo da Sean Connery), passando per la "fenomenologia" di Mike Bongiorno: il presentatore divenuto l'idolo dei primissimi telespettatori dell'I
 TANO CIMAROSA, SORRISI DI GIOIA Era piccolo di statura ma di grande levatura. Era simpatico, spontaneo, sincero e appassionato del suo lavoro. Per Tano Cimarosa l'arte del palcoscenico era di casa, e non fu difficile capire quale fosse la sua strada quando negli anni '50 lasciò la sua Messina - dove nacque il 1° gennaio 1922 - per sbarcare in Continente, a Roma, come tanti compaesani alla ricerca di una sistemazione. Il suo primo approccio alle scene avvenne però nella sua amata Sicilia.  La sua era una famiglia di "pupari". Costruendo e animando graziosi "pupi", le caratteristiche marionette sicule, Gaetano Cisco - questo il suo vero nome - girò in lungo e in largo per l'Isola esibendosi con una piccola compagnia. La sua vocazione artistica, però, lo portò a trasferirsi a Roma - seguito ben presto dai fratelli Michele e Giovanni, anch'essi attori - per provarci seriamente. E ci riuscì. Basso, sanguigno, la testa lucida di brillantina e i baffoni fo