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 TANO CIMAROSA, SORRISI DI GIOIA


Era piccolo di statura ma di grande levatura. Era simpatico, spontaneo, sincero e appassionato del suo lavoro. Per Tano Cimarosa l'arte del palcoscenico era di casa, e non fu difficile capire quale fosse la sua strada quando negli anni '50 lasciò la sua Messina - dove nacque il 1° gennaio 1922 - per sbarcare in Continente, a Roma, come tanti compaesani alla ricerca di una sistemazione. Il suo primo approccio alle scene avvenne però nella sua amata Sicilia. 



La sua era una famiglia di "pupari". Costruendo e animando graziosi "pupi", le caratteristiche marionette sicule, Gaetano Cisco - questo il suo vero nome - girò in lungo e in largo per l'Isola esibendosi con una piccola compagnia. La sua vocazione artistica, però, lo portò a trasferirsi a Roma - seguito ben presto dai fratelli Michele e Giovanni, anch'essi attori - per provarci seriamente. E ci riuscì. Basso, sanguigno, la testa lucida di brillantina e i baffoni folti all'ombra della coppola, Tano Cimarosa divenne ben presto l'archetipo del siciliano d'estrazione popolare: sanguigno, laconico o collerico, dalla battuta pungente, passando con disinvoltura dalla commedia al dramma. E fu proprio un ruolo di siciliano, precisamente di un mafioso, Zecchinetta, a consacrarlo al successo ne "Il giorno della civetta"(1968), film diretto da Damiano Damiani e tratto dall'omonimo romanzo di Sciascia.


Tano Cimarosa ne "Il giorno della civetta" (1968) di Damiano Damiani.


Da lì, la sua presenza al cinema divenne una costante, passando dalle farse di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia  ("I due mafiosi", "I due parà") alla "commedia all'italiana" con Alberto Sordi ("Bello, onesto, emigrato Australia...", "Il medico della mutua") e Nino Manfredi ("Per grazia ricevuta", "Café Express"). Dal maresciallo di P.S. al padre di famiglia, dall'emigrato all'estero al mafioso, Tano Cimarosa interpretò i ruoli più disparati ottenendo una visibilità di tutto rispetto e lavorando praticamente tutta la vita, dividendosi tra cinema ( tra gli ultimi con cui lavorò ci fu Tornatore) e televisione, dove prese parte ad alcune fiction. 


In alto, Tano Cimarosa con Alberto Sordi ne "Il medico della mutua" (1968) di Luigi Zampa.
In basso, con Nino Manfredi in "Café Express" (1980) di Nanni Loy.



Negli ultimi anni dovette fare i conti con la malattia, che lo strappò alla sua piccola casa-museo romana, ricoverandosi in una clinica che lasciò per sua esplicita volontà pochi mesi prima di morire. Tano Cimarosa, infatti, chiese di finire i suoi giorni nella sua amata Messina, e proprio lì il suo sorriso birbante sotto gli occhietti vispi si spense in una casa di cura comunale il 24 maggio 2008.


Tano Cimarosa in "Nuovo Cinema Paradiso" (1988) di Giuseppe Tornatore.


La sua uscita di scena passò quasi in sordina, ma destò un certo clamore il caso della sua sepoltura. La sua bara, infatti, fece "anticamera" per due anni nel deposito del cimitero di Messina, prima di essere collocata nel Famedio nel 2010, grazie soprattutto all'interessamento del nipote.

È triste pensare che, salvo qualche rara eccezione - una bellissima docu-intervista uscita nel 2010 e diretta da Nicola Palmeri -, sono ben pochi a ricordarsi di lui. Lui che, come recita l'epitaffio sulla sua tomba, "strappò sorrisi all’inopia del dopoguerra e a quanti vennero dopo". Ebbene, ad un secolo dalla sua nascita, credo sia venuto il momento di rendergli quei sorrisi con la giusta memoria.

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