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Visualizzazione dei post da novembre, 2020
 MARIO MONICELLI: TRA SORRISI E AMAREZZE, FINO ALL'ULTIMO "CIAK"  Un uomo di novantacinque anni, gravemente malato, crede di aver fatto il suo tempo, di non aver più possibilità se non quella di soffrire e così si butta dal quinto piano dell'ospedale in cui è ricoverato schiantandosi al suolo. Sembra il finale di un film. Una scena perfetta, con la camera che riprende un manichino in volata mentre precipita verso il basso, magari con una melodia tragica, da melodramma del Dopoguerra. Una scena dopo la quale sentire il regista gridare "Stooop!" e concludere così l'ultima sequenza. Ma quell'uomo che precipita non è un manichino, è una persona in carne ed ossa, e quella non è la scena conclusiva di un film, ma un fatto reale. Il cui protagonista, però, è un regista e sceneggiatore amatissimo. Tra i migliori narratori del secolo scorso: Mario Monicelli. È il 29 novembre 2010 quando, all'Ospedale San Giovanni di Roma, il "Maestro" della comm
CIAO,  DIEGOARMA' !  Non stiamo parlando di calcio. Perché se si trattasse puramente di questo forse io sarei la persona meno adatta a parlarne. Non ho mai tifato, non sono mai stato in uno stadio e non ho mai amato il calcio. Non sono neanche mai stato "dignitoso" nelle partitelle che si fanno da ragazzi nelle ville comunali. Eppure sono qui a ricordare Diego Armando Maradona. Il motivo? Innanzitutto perché sono un appassionato di storia del secolo scorso, e lui - non me ne voglia nessuno - ne ha fatto ampiamente parte. E poi perché ho i miei natali a Napoli. Proprio lì dove il " Pibe de oro " è diventato leggenda.  E infatti, il Maradona che voglio ricordare io non è quello del campo da gioco in senso stretto, il ragazzo prodigio uscito dall'umiltà della sua Argentina correndo dietro ad un pallone che lo ha portato lontano, tra campionati mondiali (ben quattro), ori, argenti, coppe e squadre consacrate alla storia (dagli Argentinos Juniors al Barcellona).
 MARCO BIAGI, UN UOMO GIUSTO Era un uomo perbene. Un professore universitario e giuslavorista la cui unica colpa - se può essere così definita - fu quella di voler fare bene il suo lavoro, nell'interesse della società. Oggi il professor Marco Biagi, perché così lo ricordano tutti, avrebbe compiuto settant'anni se solo diciotto anni fa, il 19 marzo 2002, sei pallottole non avessero messo fine alla sua voglia di giustizia e di cambiamento. A farlo, un gruppo di neo rivoluzionari che si rifacevano ad un gruppo terroristico che l'Italia intera credeva e sperava di essersi lasciata alle spalle: le Nuove Brigate Rosse.  Biagi, oltre che docente in varie università italiane ed esperto di diritto, era in quegli anni consulente dell'allora Ministro del Lavoro Roberto Maroni. Stava lavorando ad una legge - che prese il suo nome - che avrebbe determinato un forte cambiamento del mercato del lavoro. Aveva già subìto molte critiche, oltre che minacce. Tre anni prima, il 20 maggio 19
23 NOVEMBRE 1980: "UN'AGONIA" LUNGA QUARANT'ANNI Novanta secondi. Novanta secondi che sembrarono un'eternità. E dopo, l'inferno. Era il 23 novembre 1980: alle 19.34, una scossa di magnitudo 6.9 della scala Richter si abbatté sul sud Italia, tra la Campania e la Basilicata. Colpì con veemenza, senza pietà, inghiottendo, come un’enorme voragine, ogni cosa. Epicentro in Irpinia, nell’avellinese. Allora internet era fantascienza, i telefonini non erano ancora diffusi. L’allarme venne dato dai radioamatori e da qualche coraggioso che, dai paesi colpiti, si recò a Napoli, ad Avellino o a Salerno, per raccontare cosa stava accadendo.  I primi dispacci giornalistici  erano pieni di inconsapevolezza. Nessuno aveva ancora capito davvero cosa fosse successo. Ma bastarono poche ore. I soccorritori, sollecitati subito o quasi, si recarono sul posto, ma non con la celerità necessaria. Forse proprio per quell’inconsapevolezza. Ma anche una volta giunti a destinazione, le ope
MARCO TULLI, ILLUSTRE CARATTERISTA Per loro ho una passione speciale. Sono quelle figure spesso marginali ma talmente "vive" che a volte risaltano più degli stessi protagonisti. I caratteristi, infatti, costituiscono da sempre una componente fondamentale della nostra cinematografia, con nomi entrati nella storia: da Mimmo Poli a Luigi Pavese, da Tano Cimarosa a Toni Ucci, da Luciano Bonanni a Nino Terzo. Alcuni hanno fatto anche altro (come Luigi Pavese, grande interprete teatrale oltre che doppiatore). Altri, invece, si sono limitati a piccole comparsate, a volte senza neanche parlare, ma in numerose pellicole importanti (come Mimmo Poli e Luciano Bonanni). Ma nel grande popolo dei caratteristi di media fattura spicca - anche in termini d'altezza - Marco Tulli, noto al grande pubblico soprattutto come interprete dello "Smilzo" nella fortunata serie di film su Don Camillo e Peppone. La sua carriera iniziò nel Dopoguerra, nella sua Roma - dove nacque il 20 novemb
 AUGURONI, CARLO! Se oggi amo così tanto il cinema - quello "vero"- gran parte del merito va a tre suoi grandi protagonisti. Tre "maschere" diverse tra loro, ma dotate del medesimo talento: riuscire a far riflettere col sorriso. Mi riferisco a Totò, Alberto Sordi e Carlo Verdone. Non dico che siano gli unici tra i miei beniamini, ma senza dubbio i primi con cui mi sono interfacciato fin da bambino. Non ricordo un giorno della mia infanzia trascorso senza un loro film, ovvero senza una loro battuta.  E Carlo Verdone, senza dubbio, è quello che ho "consumato" di più, divorando vecchie videocassette con le sue pellicole. Conosco a memoria, ancora oggi, interi pezzi dei suoi film. Adoro soprattutto il "primo" Verdone, quello delle origini, riferibili agli anni '80, quando si affacciò al cinema "battezzato" da Sergio Leone, dopo una laurea in Lettere Moderne alla Sapienza (dove venne bocciato dal padre, il critico cinematografico Mario V
 LIA ZOPPELLI, IMMENSA ANTIDIVA Raffinata, misurata, elegante. Una vera signora. Forse si potrebbe chiudere anche qui. Non credo serva aggiungere molto altro se si parla di Lia Zoppelli: un'artista eccezionale, oggi forse caduta nel dimenticatoio come un bellissimo costume da scena abbandonato dietro le quinte di un vecchio teatro, su cui il sipario è ormai calato da decenni. Dopotutto, quando la Zoppelli se ne andò, nel gennaio del 1988, la profonda crisi che lo spettacolo italiano stava attraversando era ormai nel pieno del suo evolversi, portando nel giro di pochi anni ad una decadenza dell'arte da palcoscenico. E forse, la sua scomparsa ne era una pallida spiegazione. Perché Lia Zoppelli, oltre che validissima interprete al cinema ed in televisione, era prima di tutto una teatrante.  Recitare era il suo sogno di bambina. Un sogno coltivato a lungo fino a quando, a diciotto anni, debuttò nella sua Milano - dove nacque il 16 ottobre 1920 -  in compagnia con Evi Maltagliati e
 "NON È MAI TROPPO TARDI": SESSANT'ANNI FA LA DAD DEL MAESTRO MANZI  In questi mesi è stato ed è un argomento ricorrente quello della Didattica a distanza (Dad). Una metodologia d'apprendimento che, come tutte le cose, ha i suoi pro ed i suoi contro ma che senz'altro consente a studenti e docenti la possibilità di proseguire il proprio lavoro anche in momenti drammatici come questo, in cui la pandemia ci impedisce di venire a stretto contatto. Ma la Dad, in condizioni normali, è comunque uno strumento di supporto utilissimo al normale svolgimento delle lezioni in presenza. E forse, per capire quanto possa essere importante, questa ricorrenza capita proprio nel momento più opportuno. Perché proprio sessant'anni fa il nostro Paese sperimentava una Dad ancestrale, tramite uno dei primissimi sistemi di videocomunicazione: la televisione.  Infatti, il 15 novembre 1960 la Rai - Radio Televisione Italiana mandava in onda la prima puntata di una trasmissione destinata
 EMILIO CIGOLI, IL "RE" DEI DOPPIATORI "Il Cigoli", si potrebbe anche definirlo così, proprio come il suo antenato - Ludovico Cardi, detto "Il Cigoli", famoso pittore del Rinascimento -, vista "l'unicità" della sua bravura nel doppiaggio. Dopotutto, mettere davanti alla definizione di doppiatore l'articolo determinativo è un dovere se si tratta di Emilio Cigoli. Una di quelle "voci" impossibili da dimenticare: sentite e risentite nelle più grandi pellicole del secolo scorso.  Il suo timbro caldo, virile ha fatto "parlare" i più grandi divi del cinema mondiale. Ma la sua carriera - come ogni doppiatore che si rispetti - iniziò come attore, in teatro. Si può dire, infatti, che Emilio Cardi Cigoli - per l'anagrafe -, nato a Livorno il 18 novembre 1909, sia cresciuto sul palcoscenico. I suoi genitori, Carlo e Giovanna Benfenati (in arte Cigoli), erano entrambi attori, e fin da giovanissimo il piccolo Emilio li seguiva
 CIAO, STEFANO!  "Siamo nati per combattere la sorte. Ma ogni volta abbiamo sempre vinto noi". Lo aveva scritto lui, lo scorso marzo, nel pieno della pandemia. "Rinascerò, rinascerai": una canzone di fiducia, di speranza e di coraggio - dedicata a Bergamo -, composta da Stefano D'Orazio e magistralmente eseguita da Roby Facchinetti. Due dei cinque "Amici per sempre" che hanno fatto sognare, commuovere, riflettere. Anche in questi mesi difficili, con questo brano reso speciale dalle corde di Roby e dalle parole di D'Orazio, sempre profonde, sempre sincere. E, ironia della sorte, proprio in un periodo in cui questa "vittoria" sembra sempre meno scontata, anche Stefano D'Orazio non ce l'ha fatta. È sempre stato quello meno "visibile": lì sullo sfondo, con la sua batteria, iniziata a suonare da ragazzo e mai abbandonata.  Davanti a lui Roby, il più carismatico, e poi Red Canzian, Dodi Battaglia e Riccardo Fogli: i Pooh, il g
LEO BENVENUTI, IL NARRATORE DEL SORRISO  Sono in molti a credere che la grandiosa "commedia all'italiana" sia ormai morta da almeno vent'anni. Tra le tante "cause", la scomparsa di attori e registi che hanno portato al successo un genere che è stato un fiore all'occhiello della cinematografia nazionale. Ma è anche vero che, il motivo principale, è stato soprattutto la scomparsa dei grandi autori. Quelli che io amo definire i "creatori" del cinema italiano. Primi fra tutti, Furio Scarpelli, Agenore "Age" Incrocci, Leo Benvenuti e Piero De Bernardi: produttori di fiumi d'inchiostro che hanno saputo raccontare il Paese con realismo ed ironia. La "ditta" di cui voglio parlare oggi è proprio la "Benvenuti & De Bernardi" scioltasi, con grande rammarico dei più incalliti cinefili, ormai vent'anni fa, con la scomparsa di Leonardo Benvenuti. Come già detto in riferimento alla sua "metà", Piero De Berna