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MARCO TULLI, ILLUSTRE CARATTERISTA


Per loro ho una passione speciale. Sono quelle figure spesso marginali ma talmente "vive" che a volte risaltano più degli stessi protagonisti. I caratteristi, infatti, costituiscono da sempre una componente fondamentale della nostra cinematografia, con nomi entrati nella storia: da Mimmo Poli a Luigi Pavese, da Tano Cimarosa a Toni Ucci, da Luciano Bonanni a Nino Terzo. Alcuni hanno fatto anche altro (come Luigi Pavese, grande interprete teatrale oltre che doppiatore). Altri, invece, si sono limitati a piccole comparsate, a volte senza neanche parlare, ma in numerose pellicole importanti (come Mimmo Poli e Luciano Bonanni).


Ma nel grande popolo dei caratteristi di media fattura spicca - anche in termini d'altezza - Marco Tulli, noto al grande pubblico soprattutto come interprete dello "Smilzo" nella fortunata serie di film su Don Camillo e Peppone. La sua carriera iniziò nel Dopoguerra, nella sua Roma - dove nacque il 20 novembre 1920. Ancora studente universitario, iniziò col teatro, calcando i primi palcoscenici sia nella rivista che nel varietà, per poi passare al cinema che sarà la sua fortuna.


Marco Tulli con Sergio Tedesco in un varietà radiofonico negli anni '50.

                                                                                                  


Infatti, dalla fine degli anni '40 fin quasi alla sua morte, Tulli prese parte ad oltre cento film. Alto, magro, allampanato, dotato di una vocetta stridula, venne impiegato dai più grandi registi - da Dino Risi a Marino Girolami, da Steno a Luigi Comencini - per la caratterizzazione di tipi sinistri, impiccioni, saccenti, impiegati, passanti e ladruncoli. 


In alto, Marco Tulli e Renato Salvatori in "Poveri milionari" (1958) di Dino Risi.
In basso, di spalle, con Mario Carotenuto e Gino Ravazzini in "Caccia al marito" (1960) di Marino Girolami.


Come già detto, però, a renderlo noto al pubblico fu il ruolo dello "Smilzo", uno dei fedeli compagni del sindaco Peppone (Gino Cervi) in perenne amore/odio col suo acerrimo "rivale in gonnella" don Camillo (Fernandel), in tutte e cinque le pellicole ispirate ai romanzi di Giovannino Guareschi.


Lo "Smilzo". In alto, Marco Tulli con Fernandel ne "Il compagno don Camillo" (1965) di Luigi Comencini. 
In basso, da sinistra, Gina Rovere, Marco Tulli, Saro Urzì e Ignazio Balsamo in "Don Camillo monsignore...ma non troppo" (1961) di Carmine Gallone.
              

Ma, come molti altri generici, anche Marco Tulli ebbe una carriera ben più ampia. Accanto al grande schermo continuò a frequentare il palcoscenico, lavorando perfino con Giorgio Strehler al "Piccolo" di Milano. Inoltre, recitò in numerosi programmi e varietà radiofonici della Rai, negli anni '50, e proprio per la Tv di Stato, prese parte anche a numerosi sceneggiati televisivi ("Le avventure di Laura Storm", "Le inchieste del commissario Maigret"), rimanendo in attività quasi fino alla morte, avvenuta il 20 marzo 1982.

Sono pienamente convinto dell'importanza dei caratteristi per la buona riuscita di un film, ed è per questo che amo molto raccontarne "storia e gesta", per così dire, al fine di renderli indimenticabili oltre i loro volti, così particolari e indelebili. Proprio come quello di Marco Tulli, col suo sguardo limpido e il nasone lungo, brillante interprete del nostro cinema ed illustre membro di una categoria di attori troppo spesso dimenticata e a cui oggi, tramite lui - a cento anni esatti dalla sua nascita -, ho voluto rendere omaggio.

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