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Visualizzazione dei post da ottobre, 2022
  GASSMAN, TOGNAZZI E "LA MARCIA SU ROMA":  SENTIMENTI E ILLUSIONI DI UNA CATASTROFE Molte volte i film, se ben scritti, se ben recitati, possono raccontare la storia meglio di un saggio, di un trattato, forse anche di un insegnante appassionato. Per capire la follia, l'assurdità della presa di potere del Fascismo - concretizzatasi il 28 ottobre 1922 - forse vale la pena spendere un'ora e mezza e guardare un film che racconta l'atto con cui, un secolo fa, il nostro Paese venne dato in pasto ai suoi distruttori: la marcia su Roma. L'omonima pellicola di cui parlo compirà sessant'anni tra due mesi - uscì nelle sale il 20 dicembre 1962 - ma ho pensato fosse giusto parlarne ora, per raccontare questa triste parentesi della nostra storia. Diretta da Dino Risi e interpretata da una coppia destinata a fare scintille sul set, ovvero Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, "La marcia su Roma" racconta, in parole povere, come i fascisti riuscirono a prendere il p
 ENRICO MATTEI: UN UOMO, UN SOGNO La sera del 27 ottobre 1962, nei cieli di Bascapè, nella campagna pavese, svanì un uomo e il suo sogno. Quell'uomo si chiamava Enrico Mattei e sebbene fosse un ingegnere ( honoris causa ) aveva conservato - dopo anni di militanza politica e una pazzesca scalata ai vertici dello Stato - l'umiltà e la semplicità di quel ragazzo marchigiano che, nemmeno ventenne, aveva cominciato come operaio e fattorino per poi diventare direttore responsabile della medesima azienda per cui lavorava.  Era nato in provincia di Pesaro, ad Acqualagna - il 29 aprile 1906 -, ma quella che considerava la sua patria era Matelica. L'aveva lasciata per obbligo e per necessità, e aveva fatto bene. Nel giro di pochi anni passò da rappresentante di commercio a fondatore e dirigente di una azienda (la ICL) attiva nel settore chimico. Nel frattempo, la sua scarsa attitudine allo studio non gli aveva impedito di migliorarsi. Sotto la guida del professor Marcello Boldrini, e
 BOB HOSKINS: UN CARO AMICO Per quanto mi riguarda non è stato soltanto un attore, bensì direi quasi un compagno di giochi. Un uomo grande, grosso, calvo, dal volto simpatico o severo, burlesco o inquisitorio, dal fascino di un personaggio animato. Non a caso, Bob Hoskins  è stato per me semplicemente Eddie Valiant, il detective alle prese con le follie del coniglio Roger Rabbit, un cartone animato implicato in uno sporco delitto frutto di una speculazione edilizia.  "Chi ha incastrato Roger Rabbit"  - fenomenale film a tecnica mista - ha per me il profumo di bellissimi pomeriggi d'infanzia passati davanti alla Tv. E lui, Bob Hoskins, nei panni di un investigatore dal cuore grande - pieno di ferite che cerca di cicatrizzare con l'alcol e afflitto da una profonda malinconia -, era il principale oggetto della mia venerazione in quella pellicola. Forse è stato proprio lui, in un periodo in cui vedevo più cartoni animati che film, ad avvicinarmi al cinema per grandi. Di B
 VALERIO ZURLINI, MALINCONICA BELLEZZA Malinconia e sensibilità. Era questo il segreto del successo dei suoi film. Poche  pellicole, in verità, ma davvero ben fatte. Perché Valerio Zurlini, regista bolognese di nascita - avvenuta il 19 marzo 1926 - ma romano d'adozione, faceva tutto con amore e per amore. Claudia Cardinale, che con lui lavorò in quel piccolo capolavoro de "La ragazza con la valigia", disse che egli aveva la sensibilità tipica dell'universo femminile.  E se pensiamo a quella "ragazza" del film, illusa per amore, oppure alle "Ragazze di San Frediano" - Rossana Podestà, Giovanna Ralli e Giulia Rubini -, ai loro sguardi e ai loro sentimenti per il "Bell'Antonio" Cifariello - nei panni del latin lover pratoliniano "Bob" -, quel lato della personalità di Zurlini emerge chiaramente. Tuttavia, la sua capacità di guardarsi dentro, di esprimere emozioni, sentimenti e delusioni appare palese anche nella caratterizzazio
 ANTONIO LA RAINA, BRILLANTE GENTILUOMO  Le sue interpretazioni, soprattutto in teatro, non avevano nulla da invidiare a quelle di attori molto più noti e celebri. Ma Napoli, la città in cui Antonio La Raina nacque un secolo fa, il 21 ottobre 1922, ha dato i natali a tanti grandi artisti come lui di cui si è persa memoria: uomini semplici e appassionati, in grado di mettere in scena la vita, bella o brutta, grama o ricca. La sua parabola artistica iniziò, come per molti, all'indomani della Seconda guerra mondiale. La passione e la fame spinsero Antonio La Raina a tentare la strada del palcoscenico. Iniziò in alcune compagnie dialettali partenopee, dove mise in luce la sua elegante presenza e la sua voce calda e profonda.  La grande occasione arrivò grazie al più grande "burattinaio" del teatro napoletano, Eduardo De Filippo, che lo accolse nella sua compagnia su segnalazione della sorella maggiore Titina, alla quale (si sa) non sapeva dire di no. Fu così che Antonio La Ra
 ADDIO, FRANCO! "Che sarà, che sarà/da domani si vedrà!". È il caso di dirlo. La musica piange, la cultura piange. Piange quell'Italia che ha cantato quelle canzoni così allegre e spensierate. Franco dei "Ricchi e Poveri" se n'è andato, ad ottant'anni compiuti neanche due settimane fa. Con lui scompare un uomo gentile, schivo, sempre un passo indietro rispetto all'esuberante effervescenza di Angela e del "bell'" Angelo. La brunetta e il biondo, oltre la "Bionda" Marina che lasciò il quartetto a metà anni '70. Franco, però, con la sua ironia sottile, il baffo folto, l'aria da impiegato, più che da cantante di una band , ha saputo portare il suo savoir faire   e la sua gentilezza in canzoni che hanno fatto la storia della musica nazional popolare. Canzoni che abbiamo cantato tutti, almeno una volta: da "Sara perché ti amo" a "Mamma Maria", passando per "Che sarà" e "La prima cosa bella&
  PAPA LUCIANI: CANDORE E FORZA D'ANIMO Un prete di campagna, tanto gracile quanto sorridente. Un uomo, prima ancora che un prelato, umile e generoso, sempre pronto ad accontentare tutti. I giovani il suo primo impegno da sacerdote: ascoltati, compresi, guidati ma mai sgridati. Con la sua vocina flebile, mai impositiva, mai perentoria, emerse dalla sua cercata pace solitaria a favore degli ultimi prima con la nomina a vescovo di Vittorio Veneto, per volere del futuro "Papa Buono", poi come Patriarca di Venezia, per mano di Paolo VI.  Nell'agosto del '78, dopo l'assassinio di Aldo Moro, la morte di Papa Montini e le dimissioni del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, tra terrorismo e nefandezze, la sua candida anima di misericordia e tenerezza accettò le volontà del Padre, diventando pontefice col nome di Giovanni Paolo I. Trentatré giorni, solo trentatré giorni di un pontificato che non fu privo di innovazioni e che consegnò a tutti l'immagine di un
 DON LUIGI GIUSSANI: SOLO PER AMORE  Come ha fatto? Verrebbe da chiederselo davvero. Non è facile avvicinare a Dio, specialmente quando si tratta di chi contesta tutto, di questo mondo e dell'altro. Come ha fatto don Giussani a persuadere, a far si che i giovani, i più fragili ma anche i più ostinati, si aprissero alla fede? La risposta potrebbe apparire scontata, ma in realtà profondamente vera nella su semplicità: parlando, come Cristo. Don Luigi Giussani proveniva da una famiglia semplice. Figlio di un socialista e di una donna devota, ricevette dalla madre quelle "parole" che lo portarono, ancora bambino, a prendere coscienza della sua vocazione. Così, lasciò la sua Desio - dove nacque un secolo fa, il 15 ottobre 1922 - e si trasferì nel varesotto, entrando in seminario e compiendo studi inferiori e superiori. Venne ordinato sacerdote nel 1945 e iniziò subito ad insegnare. Luigi Giussani aveva la vocazione della fede e quella del suo insegnamento. Iniziò nei seminari,
 LEARCO GUERRA, EROE A PEDALI Era un manovale, abituato ad usare la propria forza poderosa per impastare calce e tirare su muri. La bicicletta la utilizzava come mezzo di trasporto e - inutile dirlo - sapeva ben manovrarla. Forse neanche lui, ormai venticinquenne - era nato, nel mantovano, il 14 ottobre 1902 -, avrebbe creduto di diventare ciò che poi è diventato: un campione. Learco Guerra, con una maglia della Maino (celebre squadra ciclistica dei primi del secolo scorso) e una bicicletta da corsa procurategli da una amico, si presentò alla Milano-Sanremo. Era il 1928: Costante Girardengo lo notò e lo segnalò al patron della Maino, che si era chiesto chi fosse quel giovane che correva coi colori della sua squadra senza farne parte. Era l'inizio di tutto. Guerra incominciò a spingere sui pedali con rigore e professionalità, da buon lavoratore abituato ad abbassare la testa e a faticare, di cervello e di gambe.  Nel 1931 fu il primo ad indossare la "maglia rosa", in quell
  GRAZIE, ANGELA!  Per tutti era Jessica Fletcher, la "Signora in giallo", la scrittrice che risolveva intricati delitti e che si affacciava ad ora di pranzo nelle nostre case. L'indimenticabile sigla, con un primo piano della macchina per scrivere (le ho sempre adorate), e mia nonna Rosa che si affaccendava in casa, o riposava in poltrona.  L'infanzia, in sostanza: la mia infanzia negli occhi di Angela Lansbury, volata via ieri col suo bagaglio di talento e gentilezza, dopo una carriera lunga e ricca di soddisfazioni (da Hollywood a Broadway) ma per sempre consacrata alla popolarità da quella serie tv che ancora oggi continua ad andare in onda. Prima su Rai Uno (i miei ricordi si concentrano lì, quando tornavo a casa da scuola in anticipo, o avevo la fortuna di non andarci), poi su Rete 4, dove qualche mese fa ho avuto occasione di rivedere un episodio. Ho preso un po' di tempo prima di salutarla, perché volevo riordinare i ricordi. Ricordi di un tempo che non c&
  ENZO MAGGIO, L'ARTE DI ARRANGIARSI Era il più grande della gloriosa dinastia dei Maggio ma è sempre stato quello meno noto e conosciuto. Perché Enzo Maggio, figlio del capocomico "Mimì" e fratello di Beniamino, Dante, Pupella e Rosalia (a cui vanno aggiunti i semisconosciuti Icadio e Margherita, scomparsi prematuramente), ebbe una esperienza artistica molto più silenziosa e discreta, ma non meno intensa. Nato a Napoli il 10 ottobre 1902, Vincenzo "Enzo" Maggio crebbe sul palcoscenico, portandosi dietro i suoi fratelli minori: Dante e Beniamino (divenuti noti soprattutto sul grande schermo quali caratteristi), Pupella, che diverrà una delle "muse" di Eduardo, e Rosalia, rimasta per sempre legata al teatro più popolare. Furono le medesime scene, i grandi e i piccoli teatri a vedere emergere il talento dei Maggio, in primis di Enzo. Iniziò col repertorio vernacolare per poi lanciarsi nell'avanspettacolo.  Piccolo di statura, magrissimo, dal volto al
 AUGUSTO DAOLIO, "ANIMA NOMADE"  "Sempre azzurra non può essere l'età". Lui lo sapeva bene. Perché le parole di "Io vagabondo", uno dei più grandi successi dei Nomadi e uno dei brani più amati dal loro fondatore, Augusto Daolio le aveva fatte sue nel vero senso del termine. Il nome di quel complesso, nato nei primi anni '60, respirava il profumo dei tempi. Hippie , girovaghi, uomini e donne desiderosi di cambiare il mondo, anche soltanto con una canzone. Una canzone come quella, che a cinquant'anni dalla sua incisione (era il 1972) continua a trasudare emozioni. Augusto Daolio non aveva perduto il fanciullino che era in lui.  Dietro gli occhiali grandi, i capelli lunghi e il barbone - che faceva un po' monaco francescano - si nascondeva l'animo di un ragazzo che amava vivere e raccontare la vita. I Nomadi hanno accompagnato generazioni di giovani e meno giovani con le loro canzoni, ma quando il loro guru venne a mancare, ormai trent'
 DOMENICO PAOLELLA: "ARTIGIANO" DI GENERI Amo ricordare chi è stato dimenticato. Uno dei molteplici "artigiani" del nostro cinema. Sceneggiatore e regista di numerose pellicole, più o meno note, più o meno importanti eppure in grado di lasciare il segno. Domenico Paolella è forse un nome che in molti non conoscono ma la sua carriera fu lunga e ricca di sperimentazioni. Pugliese, di Foggia - città in cui nacque il 18 ottobre 1915 -, iniziò la sua carriera a Roma, ancora studente in Legge, realizzando tre film sperimentali premiati ai Littoriali, le annuali manifestazioni organizzate dal Regime.  Il fascismo lo vide impegnato come assistente di Carmine Gallone nel kolossal "Scipione l'Africano", nel 1937, e due anni dopo regista del suo primo film da professionista, "Gli ultimi della strada". Ma fu il Dopoguerra a consacrarlo alle cronache nazionali. Domenico Paolella ha fatto della sperimentazione la sua ragion d'essere. Dal film musicale
 NATURALMENTE, "CICCIUZZO" Dei due era (artisticamente parlando) quello intelligente, colto, forbito nel linguaggio. Era quello distinto ed elegante. Anche se, in fondo, sotto sotto, Ciccio era sciocco quanto Franco. Tuttavia lui, con i suoi occhi chiari, l'allampanata figura dal naso grosso e i baffetti piccoli, neri e spioventi, rendeva al massimo l'immagine dello sfortunato incassatore della folle esuberanza del tarchiato compagno d'arte. Eppure Ciccio e Franco, singolarmente, non avrebbero ottenuto altrettanto successo. Già il fatto che di loro si parli semplicemente come di Ciccio e Franco (o di Franco e Ciccio), una coppia indivisibile, una società a comicità illimitata al 50 %, fa capire come sia quasi ingiusto parlare di uno senza prendere in considerazione anche l'altro.  Perché Francesco Ingrassia, in arte "Ciccio", nacque a Palermo un secolo fa - il 5 ottobre 1922 - ma la sua data di nascita "artistica" corrisponde a quella del s
 "LICENZA DI UCCIDERE": SESSANT'ANNI E IL FASCINO DELL'ESORDIO Un primo piano al "tavolo verde", durante una partita a poker . I capelli lucidi di brillantina, ben pettinati. La sigaretta all'angolo della bocca e una frase di presentazione che sarebbe entrata nella leggenda: "Bond, James Bond". Era il 5 ottobre 1962 quando, a Londra, sul grande schermo, Sean Connery fece la sua prima apparizione nei panni dell'agente segreto nato dalla "penna" di Ian Fleming e consacrato alla storia cinematografica mondiale dai produttori Saltzman e Broccoli.  James Bond (Sean Connery) in una delle prime sequenze del film. "Agente 007 - Licenza di uccidere" - "Dr. No" in lingua originale - fu il primo capitolo di una saga ormai sessantennale che ancora oggi racconta le imprese di James Bond, l'agente segreto dell' MI6 ( il servizio segreto britannico) diviso tra intrighi internazionali e incontri galanti con donne tanto