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Visualizzazione dei post da giugno, 2020
VITTORIO, IL "RE" "Non fu mai impallato!", recita la sua lapide al Cimitero del Verano di Roma. Un chiaro riferimento alla sua immensa vita artistica dove effettivamente non fu mai "impallato", in quanto non ci fu mai alcun ostacolo tra lui e la macchina da presa. Vittorio Gassman ha indubbiamente dominato la scena quasi ininterrottamente tra gli anni '40 e gli anni '90, in teatro e al cinema. Nel primo ha rappresentato le più belle opere della letteratura mondiale, nel secondo ha incarnato alla perfezione l'italiano sbruffone e sicuro di sé, bugiardo e fanfarone, donnaiolo e superficiale. Per decenni nel suo profilo aquilino, nel suo sguardo magnetico e nel suo fisico atletico, l'Italia intera si è specchiata nella speranza di trovarvi una qualche somiglianza, invidiandone sicumera e spavalderia: alla stregua di Roberto Mariani, alias Jean-Louis Trintignant, nel cult di Risi "Il sorpasso". Timido, riservato ed insicuro, contrar
ALDO GIUFFRE': TEATRANTE, MA "GRANDE"    " Sono e rimango un teatrante ". Lo sostenne fino alla fine, sopraggiunta dieci anni fa esatti - il 26 giugno 2010 - all'Ospedale San Filippo Neri di Roma, dove era stato ricoverato per una peritonite.  Pur sapendo che quella definizione stava per lo più ad indicare un attore di scarsa qualità, Aldo Giuffré l'amava molto: un po' per umiltà, cosa che lo ha sempre contraddistinto. Un po' perché, dopotutto, proprio come teatrante iniziò la sua brillante carriera giovanissimo, nella sua amata Napoli - dove nacque il 10 aprile 1924. Rimasto orfano del padre (violoncellista al Teatro San Carlo) a soli dodici anni, iniziò presto a lavorare per mandare avanti la famiglia composta dalla madre, le sorelle Lidia e Dora e il fratello Carlo, anche lui una "colonna" del teatro, partenopeo e non. Proprio con questi, Aldo Giuffré cominciò a calcare la scena, con una lunga gavetta che portò entrambi, ne
MARTA ABBA: LA "VITA" DI PIRANDELLO E DEL TEATRO ITALIANO  È annoverata tra le più grandi interpreti del palcoscenico del Novecento. Con la sua presenza scenica e le sue immense doti artistiche fu illustre interprete del teatro di Pirandello, con cui instaurò un rapporto quasi simbiotico, suggellato da opere straordinarie e da un prezioso carteggio, da cui si evince una probabile "passione" del Maestro di Girgenti per la sua Musa. Marta Abba fu tra le primissime protagoniste della gloriosa stagione teatrale del secolo scorso. Dimostrò fin da giovanissima una forte propensione per l'arte, riuscendo ad entrare non ancora maggiorenne all'Accademia dei filodrammatici di Milano - città in cui nacque il 25 giugno 1900. Diplomatasi a pieni voti, fece alcune esperienze in alcune compagnie filodrammatiche per poi entrare prima nella compagnia di Ettore Paladini poi in quella di Virgilio Talli, sotto la cui direzione si esibì ne "Il gabbiano" di An
"IL CIELO IN UNA STANZA": SESSANT'ANNI DI UN "SOGNO" D'AMORE  È un classico della canzone italiana. Un brano poetico in cui l'amore si trasforma in qualcosa di etereo, magico e coinvolgente, in una sinfonia di note e sussulti dell'animo. "Il cielo in una stanza" è considerata una delle più belle canzoni sentimentali di sempre: romantica, poetica, in grado di trascendere il tempo e lo spazio portandoci in una dimensione "altra". Che a cantarla sia Mina, colei che per prima la portò al successo, oppure il suo stesso autore Gino Paoli, ciò che traspare è un sentimento forte, profondo, travolgente. Qualcosa che è impossibile spiegare a parole, eppure diventa comprensibile, con le giuste metafore e una opportuna melodia. Sono passati esattamente sessant'anni dalla sua prima pubblicazione, avvenuta nel giugno del 1960, e ancora oggi rimane uno dei brani più conosciuti del cantautore genovese, che proprio grazie a questa canzone
LUIGI MALABROCCA: IL CAMPIONE DEGLI "ULTIMI" "Gli ultimi saranno i primi", disse il Signore. E quella frase, nell'Italia del Dopoguerra, sembrava destinata a diventare realtà, anche nello sport più popolare di tutti: il ciclismo. In un Paese in cui tutti "pedalavano" verso il futuro, con in testa Bartali e Coppi a contendersi la fatidica "maglia rosa", c'era anche chi non puntava ad essere tra i primi, ma il primo tra gli "ultimi". Costui era Luigi Malabrocca, corridore originario di Tortona, in provincia d'Alessandria - dove nacque il 22 giugno 1920 -, che aveva messo in atto una tecnica infallibile (o quasi) per guadagnarsi la "maglia nera", il premio per l'ultimo classificato al Giro d'Italia. La "maglia nera" - il cui nome prende spunto da Giuseppe Ticozzelli, ex calciatore degli anni '20, che si presentò al Giro del 1926 indossando una maglia da calciatore di colore nero - venne i
MARISA VERNATI, SEDUCENTE SPLENDORE Un fisico statuario, una bellezza appariscente e un talento che meritava di certo molta più considerazione. Quella di Marisa Vernati fu una carriera breve, forse effimera, ma nulla di così poco "vistoso" - in termini artistici oltre che fisici - da non risaltare all'occhio dello spettatore. Dopotutto, una bellezza come la sua non passava di certo inosservata: alta, bionda, due gambe bellissime, aveva tutte le carte in regola per sfondare nel mondo dello spettacolo. Fu anche per questo che, neanche maggiorenne - nacque a Roma il 21 giugno 1920 -, sua zia, la soprano Luisa Tetrazzini, la spinse a tentare la carriera cinematografica. Esordì nel 1937 con un piccolo ruolo in "Sono stato io!" di Raffaello Matarazzo. Grazie alle sue doti fisiche, la Vernati riuscì ben presto a trovare il suo posto nel cinema, interpretando quasi sempre donne fatali e seduttrici in commedie e melodrammi come "Melodie eterne" (1940) d
NOVANT'ANNI PER MASSIMO TURCI: "LA VOCE DEI GIOVANI"  È stato "l'anima" della giovinezza. Col suo timbro familiare, ironico e gioviale ha saputo impersonare decine di attori giovani, star del cinema mondiale e sconosciuti, sapendo dare le giuste caratterizzazioni al personaggio di turno. Massimo Turci, novant'anni oggi, si è allontanato dalla sala di doppiaggio alla fine del secolo scorso, quando terminò la sua brillante carriera iniziata più di cinquant'anni prima e quasi per caso. Un giorno, passeggiando per Roma - città in cui è nato il 20 giugno 1930 - con sua sorella Anna, venne fermato dal direttore di produzione Franco Amalfitano che aveva individuato in lei la bambina che cercava da tempo. Quando però accompagnò la sorella al provino per il film "Fari nella nebbia", Massimo Turci colpì a tal punto il regista Gianni Franciolini che questi decise di creare apposta un personaggio anche per lui. Fu così che nel 1942, a soli dodi
PEPPINO DE MARTINO: "DISCRETA" PRESENZA  Lui appartiene alla grande famiglia dei caratteristi del cinema italiano, che comprende nomi come Mimmo Poli, Luciano Bonanni, Nando Bruno e Turi Pandolfini: uomini che grazie alle loro caratteristiche fisiche ed espressive sono stati in grado di impreziosire decine e decine di pellicole soprattutto a cavallo tra gli anni '50 e '60. Ma anche per Peppino De Martino la qualifica di caratterista appare riduttiva. È stato di certo il grande schermo a dargli maggiore popolarità, ma la sua carriera lo vide anche gradevole interprete in teatro, nella rivista e nella commedia musicale. Come ogni buon interprete partenopeo - nacque infatti a Napoli l'8 dicembre 1908 -, De Martino iniziò la sua carriera calcando le tavole del palcoscenico da giovanissimo. Negli anni '30 entrò nella celebre compagnia "I De Filippo", accanto a Eduardo, Titina e Peppino, recitando in alcune delle primissime commedie eduardiane come
ALBERTO SORDI: MILLE ANIME, UN SOLO VOLTO  " Casetta de Trastevere, casa de mamma mia... ". Chissà se l'ha mai cantata lui, che in quel quartiere tanto popolare quanto affascinante, fucina d'artisti e operai, artigiani e commercianti, vide la luce cento anni fa. Alberto Sordi, "core de Roma", il 15 giugno 1920 faceva la sua "apparizione". La prima di una lunga serie che lo ha visto indiscusso protagonista dello spettacolo, col suo faccione, gli occhioni azzurri e l'irresistibile sorriso: canzonatorio e sincero, enigmatico o ironico, a seconda delle circostanze sceniche. E forse non ho sbagliato a parlare di "apparizione", visto che Alberto Sordi capì fin da subito che la sua strada era lo spettacolo. Amava l'esibizione, che fosse canora o recitativa, e ancora ragazzino si presentava a Cinecittà, il "tempio" del cinema, per rimediare qualche comparsata, marinando la scuola pur di seguire il suo sogno. Per fa