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ALDO GIUFFRE': TEATRANTE, MA "GRANDE"

  
"Sono e rimango un teatrante". Lo sostenne fino alla fine, sopraggiunta dieci anni fa esatti - il 26 giugno 2010 - all'Ospedale San Filippo Neri di Roma, dove era stato ricoverato per una peritonite.
 Pur sapendo che quella definizione stava per lo più ad indicare un attore di scarsa qualità, Aldo Giuffré l'amava molto: un po' per umiltà, cosa che lo ha sempre contraddistinto.
Un po' perché, dopotutto, proprio come teatrante iniziò la sua brillante carriera giovanissimo, nella sua amata Napoli - dove nacque il 10 aprile 1924. Rimasto orfano del padre (violoncellista al Teatro San Carlo) a soli dodici anni, iniziò presto a lavorare per mandare avanti la famiglia composta dalla madre, le sorelle Lidia e Dora e il fratello Carlo, anche lui una "colonna" del teatro, partenopeo e non.




Proprio con questi, Aldo Giuffré cominciò a calcare la scena, con una lunga gavetta che portò entrambi, negli anni '40, nella compagnia di Eduardo De Filippo.
Col Maestro, Aldo diede gran prova di sé in commedie come "Napoli Milionaria!", "Questi fantasmi!" - nel ruolo del viscido portiere, che ritornerà ad interpretare anche nell'omonimo film di Castellani, con Sophia Loren e Vittorio Gassman, nel 1967 -, e "Le voci di dentro". Nello stesso periodo approdò anche in radio. Grazie alla sua caratteristica voce - pastosa e partenopea - entrò come annunciatore alla Rai di Napoli, per poi passare alla sede di Roma, dove ebbe un grande privilegio: comunicare l'avvenuta conclusione del secondo conflitto mondiale, il 25 aprile 1945.
Ma in radio interpretò anche numerosi drammi e opere teatrali tra gli anni '50 e '60.


 In alto, Aldo Giuffré con Totò in "Guardie e ladri" (1951).
           In basso, con Vinicio Sofia e Totò in "Un turco napoletano" (1953).

                                                                                                  


Il suo volto, però, è legato anche al grande schermo, dove prese parte a una novantina di film, a partire da "Assunta Spina" (1947) di Mario Mattòli.
Sicuramente celebri sono i ruoli accanto a Totò ("Guardie e ladri", "Un turco napoletano", "Il medico dei pazzi"), ma recitò anche in capolavori come "I magliari" (1959) di Francesco Rosi, accanto ad Alberto Sordi e Renato Salvatori, "Le quattro giornate di Napoli" (1962) di Nanni Loy, con Lea Massari e Gian Maria Volonté, e  "Il buono, il brutto, il cattivo" (1966) di Sergio Leone, accanto a Clint Eastwood ed Eli Wallach.


                Da sinistra: Aldo Giuffré, Alberto Sordi, Aldo Bufi Landi e Nino Di Napoli ne "I magliari" (1959).                                                                        

                                                                                               
                                                                                   
A partire dagli anni '60, inoltre, apparve anche sul piccolo schermo. Partecipò a numerosi sceneggiati televisivi, come "Le avventure di Laura Storm" (1965), accanto a Lauretta Masiero, e condusse anche il celebre varietà "Senza rete" (1973). Tuttavia, come già detto, la sua principale attività è sempre stata il teatro. Fin dagli anni '50 affiancò alla tradizionale commedia napoletana alcune "incursioni" nel teatro classico, cimentandosi con Pirandello, Goldoni e Balzac, diretto da Luchino Visconti, Cesco Baseggio e Giorgio Strehler.



                  Aldo Giuffré con Eli Wallach (a sinistra) e Clint Eastwood in "Il buono, il brutto, il cattivo" (1966).


Ma il meglio di sé lo diede soprattutto accanto al fratello Carlo, col quale nel 1972 diede vita ad un sodalizio durato più di dieci anni, portando in scena opere come "La fortuna con l'effe maiuscola" di De Filippo e "Francesca da Rimini" di Antonio Petito.


Aldo Giuffré con il fratello Carlo.

                                                                                                      

Alla fine degli anni '70 - dopo essere anche apparso in alcune commedie del filone "sexy", molto in voga al tempo -, a causa di una operazione alla gola, perse il suo inconfondibile timbro. Ciononostante, tornò ancora al cinema - nel 1989 venne candidato ai David di Donatello per la sua partecipazione al film "Mi manda Picone" di Loy - ed anche al suo amato teatro, recitando quasi fino alla fine.

D'altra parte, un vero teatrante vorrebbe davvero morire sul palcoscenico. Andarsene dietro uno scroscio di applausi, mentre il sipario si chiude sul proprio volto.
Ma quel sipario, in realtà, non si chiuderà affatto fin quando la loro arte sopraffina, la sua e quella del fratello Carlo - scomparso circa due anni fa -, resterà viva in tutti noi.
D'altronde, si sa, gli artisti non muoiono mai. Figuriamoci i teatranti, seppur "grandi" come Aldo Giuffré.

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