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Visualizzazione dei post da giugno, 2022
  MAURO BOLOGNINI: "MAESTRO" D'ESPERIENZE Dalla commedia di costume al dramma, dall'opera lirica ai grandi romanzi. Bolognini ha saputo ritrarre scenari e situazioni differenti tra di loro. La sua cinepresa ha raccontato storie di comico realismo ("Arrangiatevi" con Totò, "Marisa la civetta" con la Allasio) e grandi opere letterarie con l'ausilio della "penna" di Pasolini, come "La viaccia",  "Il bell'Antonio" con Mastroianni e la Cardinale, o "Senilità" di Svevo.  Toscano di origine - nacque a Pistoia, il 28 giugno 1922 - ma romano di formazione (frequentò il Centro Sperimentale di Cinematografia), Mauro Bolognini dedicò la sua intera esistenza alla narrazione, facendosi promotore di una cultura trasversale, passando dalla classica commedia italiana alla direzione di opere liriche (Verdi e Puccini), accumulando un bagaglio di esperienze messe al servizio del pubblico. Ebbene, ad un secolo dalla sua n
  TATA GIACOBETTI: IL "BELLO" DEL "QUARTETTO" Affascinante, carismatico, distinto. Un' eleganza innata che traspariva anche dalle sue parole, oltre che dal suo volto gentile. Perché Tata Giacobetti era "Il bello" del Quartetto Cetra, il paroliere ufficiale, ma era anche il vero fondatore di quel gruppo che, nel Dopoguerra, aveva portato un po' di brio nella canzone melodica degli anni '40 e '50. La passione per la musica Giovanni "Tata" Giacobetti l'aveva fin da giovanissimo. Imparò a suonare il contrabasso da autodidatta e, mentre di giorno studiava all'Accademia di Belle Arti di Roma - città in cui nacque il 24 giugno 1922 -, la sera si esibiva nei locali della città, suonando e cantando. Ma a dare una svolta alla sua carriera fu la formazione del Quartetto Egie, fondato assieme a Enrico De Angelis, Iacopo Jacomelli e Enrico Gentile.  Era solo l'inizio: la fuoriuscita dal gruppo di Jacomelli, spalancò le porte a Virg
 ANNA MARIA PIERANGELI,  "ANGELICA" DIVA-BAMBINA Avrebbe novant'anni. L'età dei ricordi e dei rimpianti. Chissà cosa ne sarebbe stato della sua vita se fosse andato tutto diversamente. Sì, forse Anna Maria Pierangeli oggi ne avrebbe tanti di rimpianti, ma non possiamo saperlo. Perché il 10 settembre 1971 la sua vita si fermò precocemente, lasciandola riversa su un letto per una dose eccessiva di barbiturici a soli trentanove anni. Era nata a Cagliari, il 19 giugno 1932, ma era cresciuta a Roma, e proprio lì, appena diciassettenne, una bambina che ancora giocava con le bambole, si ritrovò in scena accanto a Vittorio De Sica in "Domani è troppo tardi". Un film che, in anticipo rispetto ai tempi, con dolcezza e candore, parlava della necessità di una educazione sessuale per i giovani. Fu il regista Léonide Moguy a volerla, rimasto folgorato da quella ragazza pura e angelica.  Così, un Nastro d'argento come miglior attrice protagonista fece di Anna Maria Pie
  ADIEU, JEAN-LOUIS!  Un sorriso gentile su un volto pulito. Voglio ricordarlo così. Con quell'immagine da bravo ragazzo che il peso del tempo, la malattia e le rughe non avevano minimamente scalfito. La purezza, il candore di Jean-Louis Trintignant ha fatto sì che se ne andasse in silenzio, quasi con pudore. Un silenzio che mette tristezza, un silenzio che fa paura. Come la paura di quel giovane studente universitario battezzato alla vita da un folle viaggio in un caldo mattino di Ferragosto, a bordo di una Aurelia spider guidata "senza pudore" dal "fanfarone" Gassman.  E se Dino Risi e "Il sorpasso" lo consacrarono alla popolarità in Italia (dove lavorò anche con Zurlini, Patroni Griffi, Bertolucci e Scola), fu la sua amata Francia a decretarne la fama mondiale, con Anouk Aimée, Claude Lelouch e un film indimenticabile: "Un uomo, una donna". Lì il suo sorriso era accompagnato da uno sguardo limpido e triste, specchio di un sentimento d'
 DOLORES PALUMBO, PASSIONE VERACE Una vita in scena. Una vita vissuta per il palcoscenico, dove le sue forme rotonde e la sua gaia risata sapevano calamitare l'attenzione di tutti, anche a scapito dei Grandi a cui questa "matrona" faceva da controcanto. La sua esuberanza, la sua vivacità d'artista era già nel nome: Dolores Palumbo. Con quel mix di partenopeo e spagnolo, due culture che si inseguono e rincorrono nei vicoli di quella Napoli dove ella nacque il 14 giugno 1912. Figlia d'arte, cresciuta dietro le quinte dei teatri cittadini, esordì a soli tredici anni in "Assunta Spina" di Salvatore Di Giacomo.  Solo cinque anni dopo, il suo nome entrò a far parte della più grande tradizione teatrale napoletana, quella dei De Filippo. Con Eduardo, Titina e Peppino, Dolores Palumbo divenne l'attrice che tutti abbiamo amato: gioviale, ironica, appassionata. Per lei, il "Maestro" De Filippo scrisse ben due commedie, "Bene mio e core mio"
 ALCATRAZ, GIUGNO '62:  LA LEGGENDA DI UNA "FUGA" Ciò che accadde nelle acque della Baia di San Francisco sessant'anni fa è ancora avvolto nel mistero. Non sappiamo come si concluse quel disperato tentativo di tre detenuti, Frank Morris, John e Clarence Anglin, che nella notte tra l'11 e il 12 giugno 1962 provarono a fuggire dall'inespugnabile penitenziario di Alcatraz, un fortino "galleggiante" nel Pacifico posto sull'omonima isola soprannominata " The Rock " per via della sua conformazione rocciosa. Si parla di "tentativo", di "prova" perché se effettivamente i tre detenuti riuscirono a guadagnarsi la libertà, questo non si è mai saputo. Quel che è certo, è che quella notte i tre uomini abbandonarono le proprie celle. Il penitenziario di Alcatraz, istituito nel 1934, era un carcere in cui venivano "parcheggiati" i detenuti più ostinati e ribelli, con lo scopo di renderli più malleabili.  Gli "ospiti&
 ENZO TURCO, "GRANDE" DIMENTICATO Il ruolo della "spalla", nel cinema come in teatro, è stato sempre molto delicato. Ci vuole attitudine, ironia, prontezza di riflessi e battute. Un mestiere vero e proprio, nato sulle tavole del palcoscenico e trasposto sul grande schermo. Enzo Turco, in questo, è stato uno dei migliori. Un attore brillante, un ottimo caratterista, ma soprattutto un grande "incassatore", in grado di reggere il confronto con mostri sacri della comicità napoletana, come Totò e Nino Taranto.  Turco iniziò la sua carriera negli anni '30, nei teatri della sua Napoli - dove nacque l'8 giugno 1902 -, nell'ambito dialettale. Fu per anni in compagnia con Nino Taranto, al cui fianco recitò anche sul piccolo schermo.  Enzo Turco con Nino Taranto nello sketch "I due amici" di Scarnicci e Tarabusi nel varietà televisivo "Un due tre" (1955). Lavorò poi molto con Erminio Macario, nella rivista, anche quella musicale, esib
 NINO VINGELLI,  "CARATTERE" E  "FACCIA TOSTA"   Mascella quadrata, occhi scuri e penetranti sotto le sopracciglia folte. Capelli imbrillantinati, all'indietro, sopra una testa quasi cubica. Questa è l'immagine che Nino Vingelli ha consegnato alla storia. Quella di un uomo piccolo ma di forte tempra, sul palcoscenico come sul set, specialmente quando si trattava di interpretare tipi loschi. Gennaro, un " guappo " contrabbandiere di sigarette, gli valse nel 1959 un Nastro d'argento come miglior attore non protagonista. Il film era "La sfida",  ambientato a Napoli e diretto da uno dei suoi più celebri "figli", Francesco Rosi. Anche Nino Vingelli era napoletano. Dalla sua città - dove nacque il 4 giugno 1912 - Salvatore Vingelli (questo il suo vero nome) apprese l'arte del palcoscenico frequentando diverse filodrammatiche. Non solo la recitazione, ma anche il canto gli diedero modo di farsi conoscere negli ambienti teatrali
  ARRIVEDERCI, LILIANA! Già lo vedo, col suo tight , la bombetta e i pantaloni a "fischietto" sull'uscio del Paradiso, ad attenderla. Magari sbuffando, gonfiando le gote e dilatando quelle fenomenali pupille protagoniste di mille espressioni. Sarà impaziente Totò di riabbracciare l'amata figlia Liliana, che portava il nome di una soubrette che si era tolta la vita per lui. E Liliana De Curtis, figlia del  "Principe" e della di lui moglie, Diana, aveva la bellezza e lo spirito di una donna di scena. Il papà però, geloso, appassionato d'amore e di donne, la tenne sempre lontana dalle scene, sconsigliandole di entrare nel mondo dello spettacolo. Ma lei, Liliana, riuscì a calcarle anni dopo la sua scomparsa, specialmente quando si trattava di omaggiare il suo papà.  Spettacoli, eventi, interviste televisive, libri volti a mantenere viva la memoria di Totò. Perché c'è sempre bisogno, anche se si parla di chi indimenticabile lo è di per sé. E anche Lilia
 DINO VALDI: UNA "LUCE" ALL'OMBRA DEL PRINCIPE DE CURTIS "Totò è vivo, è qui...Totò è vivo!". Tre persone, un grido all'unisono e poi giù, a terra prive di sensi. Nella Basilica di Santa Maria del Carmine a Napoli, il 17 aprile 1967, si stava svolgendo il secondo funerale (il primo era stato a Roma) del Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, morto due giorni prima. Eppure in quella ressa paurosa, in quella massa di gente accorsa per onorare una delle ultime "maschere" della commedia dell'arte, tre giovani, due ragazze e un ragazzo, giurano di averlo visto. E lo gridano: Totò è vivo, Totò è qui, svenendo per l'emozione. Ma non si tratta di un fantasma ma di un corpo in "carne, ossa e cartilagine", come avrebbe detto il "Principe". Di una persona che per quasi vent'anni aveva vissuto alle sue spalle. O meglio, aveva "vissuto" le sue spalle, visto che era la sua controfigura ufficiale: Osvaldo Natale, per t