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Visualizzazione dei post da marzo, 2022
 ADDIO, MARIA ROMANA!  Ho letto alcuni suoi libri, ho visionato interviste, interventi sulla stampa e mi sono fatto una idea di che donna fosse. Tutta suo padre: forte, tenace, profondamente legata ai valori della vita, di fede sincera, di ideali incrollabili. Maria Romana De Gasperi ha vissuto in prima persona la Ricostruzione, sociale, politica, ed economica attuata dal padre Alcide, lo statista fondatore della Democrazia cristiana (Dc). Redigendo, ormai due anni fa, la mia tesi di laurea in Filosofia (dottrine politiche) su De Gasperi, ho avuto modo di conoscere pienamente l'opera di Maria Romana, fondatrice e poi presidente emerito della Fondazione dedicata a suo padre: scrigno prezioso che raccoglie memoria e memorie. Ricordi, testimonianze, racconti di un'Italia che risorgeva dalla guerra e che già aveva ripreso a "respirare" in regime di clandestinità nel '42-'43, gli anni in cui la Dc si formava e De Gasperi ed altre menti eccelse immaginavano il futur
 BRUNO BROCCOLI: STORIE DI TV, STORIA DELLA TV  Questo vuole essere un doppio omaggio. Uno al padre, l'altro al figlio, che ne ha saputo ereditare estro, ironia, competenza e serietà. Ma vuole essere anche un tributo allo spettacolo più bello, al teatro e al varietà, alla Tv più garbata. Cent'anni fa, il 31 marzo 1922, nasceva infatti Bruno Broccoli, uno degli autori più prestigiosi del teatro e della televisione italiani. Proprio quest'ultima divenne il suo "regno" dalla metà degli anni '60, quando cominciò a collaborare, come scrittore, alla realizzazione di numerosi programmi, richiudendo la "penna" nell'astuccio alla fine del secolo, dopo aver lavorato accanto al figlio Umberto, il "professor" Broccoli, volto noto della Rai anche lui, conduttore, autore, archeologo e "affabulatore".  La fortuna di Bruno Broccoli fu l'incontro - tra i banchi del liceo - con il coetaneo e concittadino Dino Verde, col quale diede inizio a
 GRAZIE, CARO TERENCE! Sono ottantatré. Ottantatré anni di occhi limpidi e cuore puro, di sorrisi, di sussurri di voce pacati, di finte "scazzottate" e padellate di fagioli. Ottantatré anni di vita per un uomo speciale, un attore brillante, una persona timida, riservata e mai sopra le righe. Nemmeno quando si trattava di aver a che fare con brutti ceffi nelle lande desolate del West. Men che meno, nei vicoli e nelle stradine dell'Umbria, tra Gubbio e Spoleto, in sella ad una bicicletta e con indosso l'abito talare e il basco. Si potrebbe chiudere anche così. Perché se questo articolo non avesse titolo, basterebbero queste poche righe a far capire di chi si tratta. Terence Hill, al secolo Mario Girotti, che fra due giorni tornerà in prima serata a vestire i panni del prete più famoso d'Italia, don Matteo. Per l'ultima volta. Già, l'ultima. Fa male a dirlo, ma Terence Hill ha da tempo comunicato che la tredicesima stagione di "Don Matteo", la ficti
  FELICE CHIUSANO, IL VOLTO COMICO DEI "CETRA" "Il bello, il calvo, l'occhialuto". Sembrerebbe quasi un western all'italiana e in effetti qualche somiglianza c'è. Perché se il bello, il calvo e l'occhialuto sono rispettivamente Tata Giacobetti, Felice Chiusano e Virgilio Savona e ad essi si aggiunge la melodiosa "cantante da saloon " Lucia Mannucci, ecco che il Quartetto Cetra diventa una vera e propria " gang" del Far West. Una parodia, come le tantissime proposte dal gruppo musicale "condito" in salsa swing in quarant'anni di carriera: dalla radio al teatro, dalla televisione al cinema. Ma oltre alle soavi voci, oltre a melodie orecchiabili e sinfonie di note magistralmente emesse, il tocco di classe dei "Cetra" era un altro: l'ironia. E la parte spiritosa, quella di chi non si prende mai troppo sul serio, di chi scherza su se stesso spettava a Felice Chiusano. Il penultimo membro di quel gruppo nat
 ARETHA FRANKLIN, "REGINA DELL'ANIMA"  Potente, vellutata, elegante. La sua voce era come un vestito da sera, non passava mai di moda. Anzi, forse sarebbe meglio usare il presente, perché Aretha Franklin, the queen of soul , la regina del soul , è ancora qui, col suo profilo scuro, la sua grinta e le sue "corde" celestiali. Non a caso, i primi acuti cominciò a farli assieme alle sorelle nel coro della chiesa di suo padre, famoso predicatore battista, a Detroit, dove si trasferì bambina da Memphis - città in cui nacque il 25 marzo 1942. Iniziò col gospel , melodie celestiali, per poi cimentarsi con la musica del "diavolo" il rock 'n 'roll , passando per il jazz e il soul .  Alla fine degli anni '50, Aretha Franklin aveva già cominciato a farsi conoscere, ma fu alla fine del decennio successivo che la sua potenza sonora, spesso accompagnata dalla tastiera di un piano (strumento che sapeva suonare), squarciò i cieli della musica. I Never Loved
  IL CONTE TOGNAZZI, "NOBILE" DELLA RISATA Un semplice " cazzaro " e nel senso più aulico e gentile del termine. Credo basti questa parola a racchiudere Ugo Tognazzi in una definizione lapidaria e definitiva. Ne diceva di sciocchezze, in scena e fuori dalla scena, ci faceva ridere con aneddoti, battute e racconti spesso presentati con  nonchalance  durante alcune interviste televisive. Era un folle, è vero, ma dietro quella faccia da schiaffi, dietro il sorriso malandrino sotto lo sguardo da triglia e i baffi e la barba che si lasciò crescere negli anni, da vero  tombeur de femmes  (tre compagne, di cui due mogli, e quattro figli), si nascondeva il genio di un attore che aveva fatto tutta la gavetta prima di consacrarsi agli altari della celebrità. Cominciò nella sua Cremona - dove nacque un secolo fa, il 23 marzo 1922 -, come dilettante, per poi sbarcare a Milano debuttando nel 1945 nella compagnia di Wanda Osiris.  Proprio dietro i lustrini della "Wandissima&
 TONINO GUERRA, L'ANGELO COI BAFFI  Se ne andò dieci anni fa, il 21 marzo 2012, nella sua città natale, anche se gli ultimi anni della sua vita li aveva trascorsi nel "cantuccio" di Pennabili, un piccolo borgo dell'Appennino riminese, tra versi poetici e pennellate artistiche. Pittura e poesia, sue grandi passioni, tennero compagnia a Tonino Guerra nel suo rifugio fisico e spirituale, nella sua amata Romagna. Era nato a Santarcangelo, il 16 marzo 1920, ma aveva viaggiato tanto per obbligo e per diletto. Dalla prigionia in Germania durante la guerra - dove iniziò a scrivere i primi versi in romagnolo - alla Roma del Dopoguerra e di Cinecittà, dove conobbe la celebrità come sceneggiatore, ad esempio per l'amico Federico Fellini.  Ma fu anche nella Russia sovietica, che considerava una seconda patria. Il suo cuore, però, rimase sempre legato alla sua terra. Quel cuore che pulsava fiducia e ottimismo, come in quegli spot "UniEuro" andati in onda nei primi an
   ARMANDO TESTA,  RÉCLAME  D'ARTISTA "Bambina sei già mia, chiudi il gas e vieni via!". Chi non la ricorda questa frase. Chi non ricorda Caballero, il misterioso pistolero della Pampa alla ricerca della sua bellissima donna dalle lunghe trecce nere, Carmencita. Il caffè Paulista (prodotto Lavazza) era uno degli spot più celebri di Carosello. Quando la pubblicità era arte e ci voleva un artista per invogliare a comprare. Senza neanche il bisogno di bersagliare i consumatori con marchi e caratteristiche, ma con mini film di pochi minuti che poco c'entravano col prodotto in questione. Tra quegli artisti c'era anche lui, Armando Testa, uno dei più straordinari pubblicitari italiani, scomparso esattamente trent'anni fa, il 20 marzo 1992, a seguito di un tumore. Se ne andò a Torino, l'amata città - in cui era nato il 23 marzo 1917 - dove negli anni '40 aveva dato inizio alla sua attività con un piccolo studio da cartellonista. All'epoca la pubblicità er
 MARCO TULLI: "ALL'ALTEZZA" DELLA SCENA Alto, segaligno, un naso lungo che faceva ombra e uno sguardo a metà strada tra il truce e l'indifferente. Non a caso, Marco Tulli è passato alla storia come lo "Smilzo", fedelissimo scagnozzo di Peppone/Gino Cervi nella fortunata serie di film tratta dai romanzi di Guareschi. Ma la sua allampanata figura apparve in oltre cento film, sempre nelle vesti di caratterista.  Impiegati, ladruncoli, individui pedanti e puntigliosi sono le varie "maschere" indossate da Tulli nella sua lunga carriera, che lo vide esordire fin dagli anni '40 sul palcoscenico, dall'avanspettacolo al teatro di Strehler, per arrivare poi agli sceneggiati televisivi e ad un'infinita presenza sul set che lo vide lavorare con Steno, Comencini, Monicelli, passando dalla commedia sentimentale a quella "all'italiana" senza contare parodie e b-movie . Una brillante parabola artistica sempre "all'altezza" (
 MARCO BIAGI: IL CORAGGIO DI UN "PROFESSORE" Era un uomo giusto, un "cervello" al servizio dello Stato. Una persona perbene desiderosa soltanto di fare il proprio lavoro, con coscienza. Tanto bastò a farne la vittima di un'organizzazione altamente sofisticata (in termini organizzativi ed informatici) dal punto di vista tecnico ma profondamente antiquata nei suoi folli ideali, che si rifacevano alla rivoluzione armata degli anni '70. Furono le Nuove Brigate Rosse, quella sera del 19 marzo 2002, a freddare con sei pallottole il professor Marco Biagi, appena giunto in bicicletta davanti alla sua abitazione sotto i portici di Bologna, in Via Valdonica.  La medesima pistola, due anni prima, aveva assassinato il professor Massimo D'Antona, anch'egli un economista al servizio dello Stato. Un attacco al cuore economico del Paese, in grado di metterne a repentaglio la stabilità. sventato l'anno successivo, quando i leader dell'organizzazione, Nadia D
 MARIO LANDI, SOGNI SCENEGGIATI Le prime serate Rai degli anni '60 erano il regno della prosa televisiva, del varietà, degli sceneggiati. Quelli che tenevano incollati al piccolo schermo i primi manipoli di spettatori, facendoli trepidare in attesa dei loro beniamini davanti al monoscopio - l'immagine fissa che precedeva e seguiva la fine e l'inizio delle trasmissioni. In quel regno vi erano tanti "re". Soprattutto quelli degli sceneggiati: appassionanti, avvincenti, storici e polizieschi. Erano Anton Giulio Majano, Sandro Bolchi, Daniele D'Anza e Mario Landi. Il "monopolio" di Stato era anche il loro, in grado di calamitare gli spettatori con storie affascinanti e ben curate. Tra questi, Mario Landi fu sicuramente quello più eterogeneo. Siciliano, di Messina - dove nacque il  12 ottobre 1920 -, Landi si appassionò fin da piccolo al mondo dello spettacolo e alla scrittura. Seguì studi regolari, si laureò in Giurisprudenza, ma prima ancora di consegui
 CARMELO BENE, "A MODO MIO" O lo si amava, o lo si odiava. Non c'era possibilità di mediare. O forse sì, forse una alternativa c'era: quella di lasciarsi travolgere dal suo fascino e dal suo carisma rimanendo inermi. Carmelo Bene era così. Uno dei più grandi, dei più controversi, dei più poliedrici artisti del Novecento. Libero, geniale, anticonformista. Un nativo della bella Puglia - dove nacque, nel leccese, a Campi Salentina, il 1° settembre 1937 - e un figlio di quella Roma dei teatri, dove giunse giovanissimo per studiare Giurisprudenza ma consacrandosi ben presto all'arte. Un'arte, tuttavia, vissuta a modo suo.  Carmelo Bene si iscrisse infatti ai corsi dell'Accademia d'Arte Drammatica, salvo abbandonarli poco dopo giudicandoli "inutili". Cominciò così una lunga carriera, esordendo col "Caligola" di Camus per la regia di Alberto Ruggiero, nel 1959, e da quel momento aprì una via completamente nuova nella storia del teatro. Ben
 IL "BUON" PAESE DI DON CAMILLO E PEPPONE Non è semplicemente un film. Lo definirei un documentario, anzi una candid camera . Una cinepresa libera sul "piccolo mondo di un mondo piccolo piantato in qualche parte dell'Italia del Nord", come recita il narratore subito dopo i titoli di testa. "Don Camillo", il primo capitolo della saga tratta dai racconti di Giovannino Guareschi, compie oggi settant'anni. Era il 15 marzo 1952 quando il regista Julien Duvivier portava sul grande schermo il parroco manesco e il collerico sindaco "rosso" nati dalla penna dello scrittore emiliano e resi vivi e vitali dai corpi e dai volti di Fernandel e Gino Cervi. Umanità, simpatia, resistenza, cooperazione, fede laica e religiosa, buon senso, credo siano queste le parole chiave per comprendere il senso dell'opera guareschiana. Il film racconta le vicende del parroco don Camillo/Fernandel in perenne lite col sindaco comunista Giuseppe Bottazzi/Gino Cervi, d
 SALVO LIMA, IL PATTO COL DIAVOLO Fu un segnale atroce, un presagio di mesi di cambiamenti, di morte, di confusione. L'assassinio di Salvo Lima, eurodeputato democristiano, rappresentò la fine di un "accordo", fa male dirlo, tra rappresentanti dello Stato e loschi individui appartenenti alla "metà oscura" del mondo, fatta anche di sangue e di orrore. Trent'anni fa esatti, il 12 marzo 1992, davanti alla sua casa di Mondello, l'onorevole Lima pagò con la vita la sua scelta. Quella di scendere a compromessi, di stipulare un vero e proprio patto col diavolo, in cambio di potere e successo. Un patto con la Mafia, l'ombra nera che da secoli (almeno dall'800) oscura il caldo sole della Sicilia. Quell'Isola bellissima, dove Lima nacque, il 23 gennaio 1928, a Palermo. Si laureò in Giurisprudenza, cominciò a lavorare in banca ma ben presto si avvicinò alla politica. Fu consigliere prima, assessore poi al comune di Palermo, divenendo sindaco della città
 LUCIA MANNUCCI, LA "GENTIL VOCE" DEL QUARTETTO CETRA Swing , gorgheggi e ironia. Erano questi i principali ingredienti della "ricetta Cetra". Una ricetta fatta di allegria e comicità, di vocalizzi e di note, di melodia e armonia. Ma per favorire l'amalgama c'era anche un ingrediente segreto: Lucia Mannucci. La sua "gentil voce", così calda, armoniosa e seducente, rendeva tutto più bello e più dolce. Se non fosse entrata in quel quartetto nel 1947, probabilmente i Cetra non sarebbero stati gli stessi. Virgilio Savona, Tata Giacobetti e Felice Chiusano non avrebbero avuto il medesimo successo senza la loro "signorina", così dolce e spigliata, così diplomatica da tenere a bada i suoi boys creando un gruppo affiatato in grado di sopravvivere anche alla morte dei suoi componenti. Alla fine degli anni '80, infatti, dopo la scomparsa di Chiusano e Giacobetti, lei e il marito rimasero gli unici custodi della memoria dei Cetra. Una tradizion
 GLI "ARZILLI VECCHIETTI" DI TURI PANDOLFINI  Piccolo, gracile, dal volto smunto e segnato, con pochi capelli bianchi arruffati ai lati del cranio. Due occhi piccoli e strabuzzati, dietro una sottile montatura da vista. Una specie di clown talmente ilare da suscitare divertimento senza neanche pronunciare una battuta, con la sua sola presenza, con la semplice mimica. Eppure quella inconfondibile vocetta stridula, che svelava le sue origini catanesi, fece di Turi Pandolfini una sorta di "maschera" della commedia, permettendogli di lavorare con prestigiosi registi e conoscendo fama e popolarità nazionali dopo anni di gavetta e pièce teatrali.  Nato nel capoluogo etneo il 10 novembre 1883, Salvatore "Turi" Pandolfini iniziò a recitare seriamente dopo i trent'anni. Esordì nel 1908  nella compagnia dello zio, l'attore Angelo Musco, per cui svolgeva anche la funzione di segretario. Decisosi ad intraprendere seriamente la carriera d'attore, si speci
 PIER PAOLO PASOLINI, IL FASCINO DELL'INCOMPRESO     "Bisogna essere molto forti per amare la solitudine". Fu lui a scriverlo e non si può certo pensare che non fosse forte. Perché Pier Paolo Pasolini era un uomo solo. La sua solitudine era stata in parte voluta, in parte subita. Cercata perché le sue riflessioni erano frutto di un'attenta analisi, basata sulla contemplazione, sulla osservazione della realtà. Quella rurale e quasi fiabesca di Casarsa, in Friuli, città della madre ma in fondo anche sua - sebbene nacque a Bologna, un secolo fa -, e quella povera, malfamata e a tratti oscena della periferia romana, quella dei "figli" della miseria all'ombra del "Boom". Quelli di film come "Accattone", "Mamma Roma" e del romanzo "Ragazzi di vita".  Opere amate e odiate, censurate e avversate dalla società borghese contro cui Pasolini si scagliava anche nei suoi articoli sul "Corriere della sera" e su altre ri
 GIUSEPPE PORELLI, IRONICO CHARMANT Brillante: forse basterebbe questo per racchiudere in un solo aggettivo il talento e la carriera di Giuseppe Porelli. Un attore versatile, in grado di cimentarsi con la commedia e con il dramma, passando dalla prosa al varietà e alla commedia musicale, per arrivare al cinema. Nato a Napoli il 24 novembre 1897, Giuseppe Porcelli - questo il suo vero nome - cominciò ad interessarsi al teatro giovanissimo, quando si divertiva a recitare in una filodrammatica nel tempo libero dal suo lavoro di ferroviere.  Non appena comprese le sue potenzialità e la sua inclinazione all'arte, Giuseppe Porelli rese più "elegante" il suo cognome accompagnandolo con un gesticolare, un vestire e un parlare raffinato. Esordì sui palcoscenici di professione con Irma Gramatica, nel 1918, e a cavallo delle due guerre fece parte di compagnie prestigiose. Lavorò con Sergio Tofano, Evi Maltagliati, Enrico Viarisio, Ave Ninchi, Vittorio De Sica, Giuditta Rissone, And