Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da luglio, 2022
  CIAO, ANTONIO! Enrico "Settebellizze" e una intensità interpretativa travolgente. Era il 1962, Eduardo De Filippo portava sul piccolo schermo una delle sue commedie più celebri, "Napoli milionaria", con quella chiosa finale ," Ha da passa' 'a nuttata ", che ha fatto epoca. Ebbene, anche per Antonio Casagrande è passata la nottata. Una nottata intensa, fatta di palcoscenici, di set cinematografici, studi televisivi.  Dai tempi di "Settebellizze", quel giovanotto figlio d'arte, tra musica e teatro, ne fece di strada. Con Eduardo De Filippo recitò in altre grandi commedie: "Filumena Marturano", "Mia Famiglia, "Il sindaco del Rione Sanità". Successi che il "Maestro" napoletano portò sul piccolo schermo grazie all'entusiasmo e alla maestria di tanti giovani proprio come lui. Poi proseguì il suo cammino da solo, cimentandosi in tante grandi opere teatrali, soprattutto napoletane, fondando una propria
 CELI, L'ADOLFO "Di protagonisti ce ne sono molti, mentre gli antagonisti sono pochi. Non siamo in tanti in grado di interpretare queste parti con naturalezza". E lui, in questo, era un maestro. Adolfo Celi non ha mai sofferto dell'etichetta di "secondo". D'altra parte, proprio nei panni del "numero 2" della SPECTRE, Emilio Largo, ottenne la fama internazionale con "Agente 007 - Thunderball (Operazione Tuono)" (1965). Lì era l'antagonista di Sean Connery, mentre qualche tempo prima lo era stato di Jean-Paul Belmondo ne "L'uomo di Rio" (1964). Furono questi due ruoli a fare di Adolfo Celi una vera celebrità quale "cattivo" per eccellenza, con il suo sguardo freddo e austero sopra il naso aquilino. Ma la sua prima passione, però, fu il teatro.  Nato a Messina un secolo fa, il 27 luglio 1922, Adolfo Celi si appassionò al mondo dello spettacolo e alla recitazione fin da giovanissimo. Nel 1945 si diplomò in regi
  GIUSEPPE FERRARA E DAMIANO DAMIANI: IL CINEMA D'IMPEGNO Non avendo avuto modo precedentemente, approfitto per dedicare un articolo unico a due grandi registi italiani. Simili perché appartenuti alla medesima generazione: quella del cinema di denuncia e d'impegno civile. Sto parlando di Giuseppe Ferrara e  Damiano Damiani. Il primo avrebbe compiuto novant'anni venerdì scorso, il secondo ben cento oggi. I loro nomi fanno parte di un elenco di cineasti il cui principale scopo fu quello di raccontare pagine di storia complicate, di descrivere la realtà che li circondava, spesso commentando "a caldo" gli eventi. Come Francesco Rosi, Elio Petri e Carlo Lizzani, Giuseppe Ferrara e Damiano Damiani sono stati autori di pellicole ancora oggi indimenticabili, sfruttando l'immagine di grandi attori italiani, come Gian Maria Volonté, Lino Ventura, Franco Nero ed Omero Antonutti.  Giuseppe Ferrara (a sinistra) e Damiano Damiani. Per Giuseppe Ferrara - nato, a Castelfioren
 PAOLO BORSELLINO, UN UOMO Un uomo. Un uomo che sorride, che scherza, che sogna, che soffre, che piange. Un uomo come tanti, anche se speciale. Speciale perché sapeva di avere degli obblighi nei confronti del Paese a cui prestava il proprio ingegno. Ma pur sempre un uomo. Ecco, quando pensiamo a Polo Borsellino, al magistrato del pool antimafia, al cavaliere senza macchia e senza paura pronto a sfidare Cosa Nostra fino all'estremo sacrificio, dovremmo ricordarci che era innanzitutto un uomo.  Un uomo che quel 19 luglio di trent'anni fa era solo. Solo. Quando l'aria di Via d'Amelio, a Palermo, si gonfiò di fumo e di fiamme, Paolo Borsellino stava andando a trovare la madre. Era domenica e quell'uomo stava compiendo un gesto normalissimo. Però, dicevamo, era un uomo speciale, e con sé aveva cinque angeli custodi: quattro uomini e una donna anch'essi fuori dal comune. Consapevoli che quanto loro stavano facendo andava ben oltre il regolare servizio. Agostino Catal
  LETTERA A  LUCIANO DE CRESCENZO N°3 Caro Luciano, è un impegno a cui non riesco proprio a sottrarmi. Sono tre anni che te ne sei andato Lassù e questa è la terza lettera che ti scrivo nel giorno della tua "partenza", per sapere come stai. Una domanda retorica, lo so, in quanto sono certo che tu stia bene. Anche perché, detto fra noi, la fortuna tua e di tutti voi abitanti del Paradiso è quella di vivere nell'unico luogo in cui è ormai possibile tenere conversazioni intelligenti. Noi qui, tra alti e bassi, folli guerre, questo " cazzimmoso " virus che non molla la presa e problemi quotidiani, piccoli e grandi, continuiamo a fare del nostro meglio e ad andare avanti, seguendo l'esempio di chi come te ha sempre creduto nella bellezza della vita. Più che allungarla bisognerebbe "allargarla", renderla più ricca, più intensa, la vita, amavi ripetere. Meglio un giorno da leone che cento da pecora, mi verrebbe da dire, ma in realtà la questione è molto p
 L'INCANTEVOLE JACQUELINE! L'ho scoperto soltanto qualche mese fa e ci sono rimasto molto male. Non solo perché non avevo saputo della sua scomparsa, ma soprattutto perché non avevo avuto modo di salutarla a dovere. È per questo che lo faccio oggi, ad un anno dalla sua morte, discreta come la vita che aveva scelto più di cinquant'anni fa, abbandonando quel grande schermo che le aveva regalato tanto. Jacqueline Sassard era francese, di Nizza, dove nacque il 13 marzo 1940, ma potrebbe essere considerata a tutti gli effetti un'attrice italiana.  A lanciarla, nel 1957, ancora adolescente, fu infatti Alberto Lattuada nel film "Guendalina", dove interpretava una fanciulla apparentemente superficiale ma in realtà soltanto bisognosa d'affetto, che ritroverà nell'amore per un timido e gentile Raf Mattioli (giovane promessa del cinema oggi dimenticata, scomparso a soli ventitré anni). Da quel momento, la Sassard lavorò con i più prestigiosi registi italiani, com
  COSETTA GRECO: PRESENZE CHE LASCIANO IL "SEGNO" Se ne andò via vent'anni fa, il 14 luglio 2002 (anche se la sua scomparsa venne annunciata solo il 18), ma erano più di trent'anni che la sua vita scorreva nell'ombra, per sua esplicita volontà. Cosetta Greco, infatti, aveva raggiunto il successo dal nulla, ma in quel nulla era voluta ritornare dopo il matrimonio, a metà anni '50. Trentina di nascita, veneziana d'adozione, Cesarina Rossi - per l'anagrafe - giunse a Roma col fratello Moraldo (celebre sceneggiatore di Fellini) dopo aver vinto un concorso indetto dalla Scalera film.  Esordì a metà anni '40, per poi raggiungere la celebrità nel decennio successivo, in particolar modo con "La città si difende" di Germi e "I sogni nel cassetto" di Castellani. Bionda, dai lineamenti spigolosi ma piena di fascino e femminilità, Cosetta Greco lavorò con Mario Camerini, Carlo Lizzani, Dino Risi e Luciano Emmer, che la consegnò alla popolar
 ADDIO, EUGENIO!   “Non ci sono alternative alla vita e dunque il suo senso altro non è che viverla.”. E lui l'ha vissuta, intensamente. Anzi, forse le ha vissute. Perché dire che Eugenio Scalfari abbia avuto una sola esistenza sarebbe errato. Di sicuro iniziò a Civitavecchia, sul litorale romano, il 6 aprile 1924, ma fu talmente appassionata, complessa e piena di interrogativi da apparire difficilmente unitaria.  Fascista prima, antifascista poi, monarchico (votò per il re al referendum del '46), liberale, socialista.  Compagno di banco di Calvino. Pioniere del giornalismo economico, ideatore del primo settimanale di inchieste giornalistiche, "l'Espresso", e fondatore, nel 1976, di uno dei più importanti quotidiani nazionali, "La Repubblica", forgiato sulla sua anima e sui suoi ideali. Ideali laici, ideali di giustizia, socialità, libertà. Ideali filosofici raccolti in romanzi, saggi e poesie con cui spese il suo tempo fin dagli anni '90, dopo aver
 DINO VERDE, L'IRONIA INTELLIGENTE Il suo contributo all'allegria, alla spensieratezza, al divertimento e all'emozione è trasversale. Radio, cinema, teatro, televisione, musica. Non c'è un solo campo dello spettacolo in cui Dino Verde non abbia lasciato la sua "firma". Un nome spesso accoppiato ad altre grandi "penne", come Antonio Amurri, Bruno Broccoli, Marcello Marchesi, Guido Sacerdote, Antonello Falqui. Quegli artigiani della Tv in bianco e nero, quella del varietà del sabato sera.  Il suo estro e la sua genialità videro la luce a Napoli, il 13 luglio 1922. Edoardo "Dino" Verde iniziò fin da giovane studente del liceo ad interessarsi di scrittura e ironia. Tra i banchi di scuola conobbe Bruno Broccoli - il papà del "professor" Umberto -, che in seguito convincerà a seguirlo nella sua avventura tra umorismo e genialità a Roma, dove Verde giunse alla fine degli anni '40, dopo essersi arruolato come pilota in Aeronautica dur
 L'"IMMENSO" BUAZZELLI  Un "grande" nel senso ampio del termine. Una presenza - fisica e artistica - ingombrante, unita ad una eleganza e ad uno charme senza pari. Di Tino Buazzelli si parla davvero poco e questo ad un secolo dalla sua nascita - avvenuta a Frascati, ai Castelli Romani, il 13 luglio 1922 - mette un po' tristezza. Perché Buazzelli ha dominato le scene dei più prestigiosi palcoscenici nazionali, dove approdò nel Dopoguerra dopo il diploma all'Accademia d'Arte Drammatica di Roma. Il suo più celebre personaggio teatrale è sicuramente Galileo Galilei, nell'interpretazione brechtiana portata in scena al "Piccolo" di Milano sotto la direzione di Strehler. Sul piccolo schermo, invece, ottenne la popolarità nazionale con Nero Wolfe, il celebre detective gourmet e amante delle orchidee. La carriera di Buazzelli si divise infatti tra palcoscenico e televisione, tra pièce e sceneggiati, apparendo sul grande schermo soltanto di ra
 11 LUGLIO 1982: IL CORAGGIO DEGLI ITALIANI Il Santiago Bernabéu gremito di tifosi e di speranze. Il presidente Pertini che esulta dagli spalti perdendo il suo proverbiale aplomb . Il gol al 57' di "Pablito" Rossi. E quell'urlo, quell'urlo che ancora riecheggia nelle orecchie di chi c'era: "Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!". La voce di Nando Martellini, storico cronista della Rai, segnò la fine di una partita in cui, forse, nessuno avrebbe mai creduto. Bearzot, Zoff, Bergomi, Cabrini, Gentile, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani, Altobelli, Causio. Nomi entrati nella storia d'Italia, non solo calcistica. Tre reti contro la Germania Ovest. Forse anche quelle un presagio dello sgretolamento del Muro che si sarebbe verificato qualche anno dopo. L'Italia che combatte e ce la fa, l'Italia che vince. L'Italia che comincia male, l'Italia che si riprende e affronta il " Mundial "
 E. B. CLUCHER, IL "PAPÀ" DI TRINITÀ E DI UN MONDO FANTASTICO  Se fu Giuseppe Colizzi a farli incontrare e a tenerli a battesimo con "Dio perdona...io no!", è anche vero che a consegnare definitivamente alla storia del cinema Bud Spencer e Terence Hill fu lui, Enzo Barboni. Il nome, forse, non suggerirà molto ai più, perché quello che compariva sotto la dicitura "regia di" nei titoli di testa di cult come "Lo chiamavano Trinità" e "Nati con la camicia" era E. B. Clucher.  Lo pseudonimo che Barboni scelse (unendo alle iniziali del suo nome il cognome della madre) per rendere più credibili quei film che facevano il verso ai western e ai film d'azione statunitensi. La sua carriera, però, iniziò molto prima del 1970, quando l'iconico film con protagonisti i fratelli Trinità/Hill e Bambino/Spencer sbancò al botteghino con un successo straordinario. Figlio d'arte - suo padre, Leonida Barboni, fu un celebre direttore della fotograf
 ROD STEIGER: IL FASCINO DELL'ESISTENZA  Per me è e rimarrà per sempre Edoardo Nottola, lo spregiudicato costruttore nella Napoli del "boom" edilizio a cavallo tra gli anni '50 e '60 del secolo scorso. Un profilo tracciato con sapiente maestria, grazie alla supervisione di Francesco Rosi che dirigeva il film ("Le mani sulla città") ed alla bravura del suo interprete, in grado di rendere al meglio un personaggio così sinistro e ambiguo. Ma ridurre a quel solo ruolo la carriera di Rod Steiger sarebbe un duro affronto, specialmente se lo si vuole omaggiare nell'anniversario della sua scomparsa, sopraggiunta per una polmonite il 9 luglio 2002, a Los Angeles.  Aveva settantasette anni. Era nato a Westhampton, uno stato di New York, il 14 aprile 1925, ma era cresciuto nel New Jersey con la madre e la sua nuova famiglia, dopo che i suoi genitori (entrambi attori d'avanspettacolo) si erano separati. Il piccolo Rodney Stephen - questo il suo vero nome - e
 APPLAUSI PER ISA!  Bella, altera, sofisticata. Un fascino fatto di fierezza e semplicità. Una diva che avrebbe meritato senz'altro di più, soprattutto alla fine. Isa Miranda è stata una delle prime "stelle" del cinema sonoro italiano. La prima donna italiana a raggiungere la collina di Hollywood, anche se con scarsi risultati. La prima attrice nazionale ad aver raggiunto il successo oltre i confini, sebbene con pochi titoli. Ma anche, purtroppo, quella che soffrì più di tutte, andandosene via quasi in solitudine, all'ospedale CTO della Garbatella, a Roma, l'8 luglio 1982. La sua vicenda artistica cominciò nella sua Milano - dove nacque il 5 luglio 1906. Dopo aver svolto diversi mestieri, tra cui quello di dattilografa, Ines Isabella Sampietro (per l'anagrafe) cominciò a calcare i teatrini della città, frequentando nel contempo l'Accademia dei Filodrammatici. Elegante, bionda, raffinata, Isa Miranda arrivò per la prima volta sul grande schermo nel 1933, di
 FOLCO LULLI, IL GENTIL "CATTIVO" DEL NEOREALISMO Imponente e massiccio. Un volto ambiguo, a metà strada tra il truce e il bonario. Perfetto per interpretare numerosi "cattivi" nelle pellicole del Dopoguerra. Folco Lulli aveva alle spalle un passato da combattente: prima nella guerra d'Etiopia, nel 1936, poi nella Resistenza, dopo aver abbandonato l'esercito, riuscendo a scappare anche dalla prigionia nazista rifugiandosi in Russia e ritornando in Italia solo alla fine della guerra.  Fiorentino - nacque nel capoluogo toscano il 3 luglio 1912 -, figlio di un cantante e fratello d'attore, si ritrovò sul grande schermo scoperto dal regista Alberto Lattuada, a cui lo presentò il produttore Carlo Ponti, suo ex compagno di scuola. Fu così che il volto rubicondo di Folco Lulli apparve nelle più belle pellicole del neorealismo italiano, diretto da registi quali Giuseppe De Santis e Mario Soldati, e lavorando con attori del calibro di Amedeo Nazzari e Anna Magnan