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 DOMENICO PAOLELLA: "ARTIGIANO" DI GENERI


Amo ricordare chi è stato dimenticato. Uno dei molteplici "artigiani" del nostro cinema. Sceneggiatore e regista di numerose pellicole, più o meno note, più o meno importanti eppure in grado di lasciare il segno. Domenico Paolella è forse un nome che in molti non conoscono ma la sua carriera fu lunga e ricca di sperimentazioni. Pugliese, di Foggia - città in cui nacque il 18 ottobre 1915 -, iniziò la sua carriera a Roma, ancora studente in Legge, realizzando tre film sperimentali premiati ai Littoriali, le annuali manifestazioni organizzate dal Regime. 



Il fascismo lo vide impegnato come assistente di Carmine Gallone nel kolossal "Scipione l'Africano", nel 1937, e due anni dopo regista del suo primo film da professionista, "Gli ultimi della strada". Ma fu il Dopoguerra a consacrarlo alle cronache nazionali. Domenico Paolella ha fatto della sperimentazione la sua ragion d'essere. Dal film musicale ("Canzoni di mezzo secolo", "Gran Varietà", "Destinazione Sanremo") all'avventuroso ("I pirati della costa"), dal mitologico ("Ursus gladiatore ribelle", "Ercole contro i tiranni di Babilonia") al western ("Odio per odio") e al poliziesco ("La polizia è sconfitta"), non c'è genere che Paolella non abbia affrontato, facendosi forte di una grande organizzazione che vedeva spesso sopperire sceneggiature inconsistenti con bei costumi, ottime scenografie e le interpretazioni degli attori.


Le locandine di alcuni film diretti da Domenico Paolella.




Memorabile, oltre che nei peplum, soprattutto nel genere musicale, dirigendo attori come Alberto Sordi, Delia Scala, Renato Rascel, Nino Manfredi e Paolo Panelli. Ma, soprattutto, meritano menzione due film costruiti attorno alla figura di Totò: "Destinazione Piovarolo" e "Il coraggio". Nel primo, l'attore napoletano interpretava un capostazione, assegnato ad una angusta stazione di un paese rurale, che si affidava ingenuamente alle promesse di politici e ministri compiacenti pur di ottenere il trasferimento in una località migliore. 


In alto, Totò e Gino Cervi ne "Il coraggio" (1955).
In basso, Totò e Tina Pica in "Destinazione Piovarolo" (1956).



Nel secondo, invece, un vedovo, con figli e anziano zio a carico, scampato al suicidio grazie all'intervento di un facoltoso industriale (Gino Cervi) che si ritrova costretto a mantenere lui e la sua grande famiglia per aver boicottato il suo piano. Sicuramente tra le interpretazioni migliori di Totò, ma il merito non era soltanto il suo. Perché Domenico Paolella era un grande esperto del suo mestiere. Un "artigiano", come dicevo all'inizio, di quelli che curavano nei minimi dettagli il proprio lavoro, che sapevano costruire una pellicola riuscendo a sopperire ad eventuali mancanze o inadeguatezze di mezzi. E rivedere un suo film, di qualunque genere (personalmente, consiglio quelli musicali, ne vale davvero la pena), di qualunque anno, credo sia la maniera migliore per ricordarlo e omaggiarlo a vent'anni dalla sua scomparsa - avvenuta, dopo una lunga malattia, il 7 ottobre 2002. Un gesto di riconoscenza e di memoria per chi, dopotutto, merita di non essere dimenticato.

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