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 GEORGES SIMENON, MAIGRET E IL CONFORTO DELL'ESISTENZA UMANA


Un uomo triste profondamente convinto che l'unico modo per sopravvivere fosse quello di tirare fuori tutto ciò che custodiva dentro di sé, nel bene e nel male, per essere di aiuto a qualcuno, per essere utile. Che di psicologia i suoi romanzi fossero permeati è cosa nota, ma dietro il suo sguardo di attento osservatore, attraverso le lenti dei suoi occhiali, Georges Simenon scrutava ciò che non andava nella realtà, e cercava di ricucire ferite con l'inchiostro della sua penna. Fin dall'infanzia, trascorsa a Liegi, in Belgio - dove nacque centoventi anni fa, il 13 febbraio 1903 -, si appassionò alla letteratura, cercando nei libri quella tranquillità assente nella sua vita, minata da un difficile rapporto con la madre e dalla scomparsa prematura del padre. 



Iniziò a scrivere per un bisogno, dunque, e anche questo lo convinse ad abbandonare il giornalismo (con cui aveva mosso i primi passi) per la narrativa non appena arrivò a Parigi, città centro della sua vita e dei suoi racconti più celebri. Jules Maigret, il poliziotto dal fiuto infallibile e la pipa perennemente all'angolo della bocca (vezzo anche dello scrittore), passeggia per i boluevard della Ville Lumière, dai porti fluviali della città al Moulin Rouge. Ma le principali "passeggiate" del commissario Maigret erano quelle compiute alla ricerca della verità, in continuo conflitto con se stesso, per smascherare il colpevole di turno indagando nei meandri della mente umana. Una letteratura, quella di Simenon, innovativa e frizzante, portata poi anche sul piccolo e sul grande schermo sia in Francia che altrove. Oltralpe, primo fra tutti, fu Jean Gabin a vestire i suoi panni. In Italia, invece, con una connotazione leggermente più bonaria e "italianizzata" ci fu Gino Cervi. Ma al di là di tutto, a colpire l'immaginario collettivo, ad affascinare il pubblico di affezionati lettori è stata soprattutto la sua "penna": fluida, precisa. Simenon ha raccontato storie che riuscivano a prenderti, trascinandoti in un vortice di mistero e fascino dove, ad ogni pagina, al centro c'era sempre l'uomo, con le sue paure e le sue sofferenze. Simenon scrisse l'ultimo romanzo di Maigret nel 1973, ma la sua produzione non si ridusse a quello. Oltre ad altri romanzi (come "Tre camere a Manhattan) scrisse anche una autobiografia, "Memorie interne", pubblicata nel 1980, solo nove anni prima di morire. Un racconto intimo, come suggerisce il titolo, in cui narra della sua vita, dei suoi viaggi (da Parigi alla Costa Azzurra, passando per gli Stati Uniti), dei suoi amori (le sue due mogli e l'infermiera che gli fu accanto fino alla fine) e delle sue sofferenze. Tuttavia questo è molto altro emerge ancor di più nei romanzi su Maigret. Il personaggio attraverso cui Georges Simenon è riuscito nel suo intento: fare della scrittura e del racconto strumenti di conforto dell'esistenza umana.

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