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 VASCO PRATOLINI, "CRONACHE" DELL' UMANITA'


"S'imparano mille cose in un istante, non occorre essere stati a scuola, quando la vita ti colpisce a tradimento con le sue cattiverie: basta avere una spina dorsale che ti mantenga in piedi". È una di quelle verità che fanno male, eppure Vasco Pratolini ha dimostrato come i "colpi" della vita possano essere sfruttati per creare qualcosa di bello. Le sue sofferenze, le sue esperienze personali, la sua Firenze - dove nacque il 19 ottobre 1913 -, furono i protagonisti di un meraviglioso spettacolo fatto di poesia e di "cronache", di dolori e di gioie, di reale e immaginario (sebbene la fantasia in lui sia poca cosa), che ha indubbiamente segnato la nostra letteratura ma anche la nostra cultura.



Attraverso la sua vita - segnata dalla prematura scomparsa della madre, dalla triste esperienza in sanatorio e dalla tragica morte del fratello Dario -, segnata dagli anni del fascismo e dal fermento culturale del mondo "anti" e "di sinistra", in cui si formò la sua coscienza civica, Pratolini ha raccontato pagine indelebili fatte di sentimenti e rancori, di pianti e di sorrisi, di momenti di oscurità profonda ma anche di speranza e di luce.

La sua cultura da autodidatta, fatta delle letture più disparate, trovò massima espressione sulle principali riviste fiorentine, da "Letteratura" a "Campo di Marte", dove iniziò a mostrare il suo talento scrittorio negli anni '30. Poi il trasferimento prima a Roma, dove prese parte alla Resistenza, poi a Napoli ed infine il ritorno nella Capitale, negli anni '50, dove visse fino alla morte.

Ma a raccontare quegli anni, a esprimere le sue personali considerazioni e le sue esperienze, ci sono le sue opere. Tra le più note, "Cronaca familiare" - in cui racconta del suo difficile rapporto col fratello Dario e della sua tragica scomparsa -, "Cronache di poveri amanti" , dove la storia dell'Italia fascista si mescola ai sentimenti e alle speranze di giovani pieni di desideri ma anche di dubbi e paure. 



In alto, Antonella Lualdi e Gabriele Tinti in "Cronache di poveri amanti" (1954) di Carlo Lizzani.
In basso, Antonio Cifariello e Giovanna Ralli in "Le ragazze di San Frediano" (1955) di Valerio Zurlini.





Oppure ancora, su un tono più lieto, la storia del "rubacuori" Bob de "Le ragazze di San Frediano". Tutte opere portate al successo grazie anche alle trasposizioni cinematografiche di registi come Carlo Lizzani e Valerio Zurlini. Tuttavia il cinema vide lo stesso Pratolini protagonista, non solo come collaboratore alle sceneggiature di alcuni dei sopracitati film, ma anche coautore di pellicole celebri, come "Paisà" (1946) di Roberto Rossellini oppure "Rocco e i suoi fratelli" (1960) di Luchino Visconti.




 
  Marcello Mastroianni e Jacques Perrin in "Cronaca familiare" (1962) di Valerio Zurlini.



Dunque una carriera - coronata da molti riconoscimenti e da una laurea honoris causa all'Università di Firenze - piena e soddisfacente, ma minata fino alla fine dai "colpi" di una esistenza che ha superato la morte - avvenuta esattamente trent'anni fa, il 12 gennaio 1991 - continuando a vivere ancora oggi nei suoi racconti e nelle sue "Cronache": immagini di un'umanità che ha saputo apprendere anche dai propri errori. 

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