Passa ai contenuti principali

 BUON COMPLEANNO, ORIETTA!


 Della gloriosa fauna musicale dominata dalla "Tigre" Mina e dalla "Pantera" Milva, lei era il dolce "Usignolo", che cinguettava felice e spensierata d'amore, di barche, di rose, di vita. Di quei tempi, Orietta Berti ha conservato la semplicità, la leggerezza, l'ironia. Quella di una donna che non si è mai presa troppo sul serio, che ha studiato canto lirico, che ha sempre riempito la sua esistenza di emozioni sincere. Da "Io ti darò di più" a "Fin che la barca va", da "Quando l'amore diventa poesia" a "Tipitipitì", Orietta Berti ha creato una sua immagine. 



Amatissima dalle vecchie generazioni, quelle abituate alle serate danzanti in balera, alle canzoni genuine e appassionate, si è rivelata un'artista al passo coi tempi, sbaragliando le classifiche estive due anni fa con "Mille", tormentone estivo interpretato con Fedez e Achille Lauro. Dietro i lustrini e le piume di quella esibizione coinvolgente - per quanto possa o meno essere gradita -, Orietta Berti è rimasta se stessa. La ragazza emiliana degli anni '60 che cantava l'amore al Festival di Sanremo. Genuina come le tagliatelle della sua terra. Sincera come l'amore per il suo Osvaldo, grande tanto se non più di quello per la musica. Orietta Berti non è mai caduta nel cliché. Da mito nazionalpopolare a icona delle hit estive, il suo volto rotondo e sorridente non si è mai aggrottato di fronte alle critiche che spesso sono arrivate nel tempo. Lei ha sempre rivendicato la sua libertà, il suo essere una persona semplice e stravagante allo stesso tempo. E cosa c'è di male dopotutto? Lei è Orietta Berti, così sul palco come nella vita, e a noi va bene così. Buon compleanno, Orietta!

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...