Passa ai contenuti principali
 "MONSIEUR" ALBERTO LIONELLO


Un volto grande, morbido e sornione. Gli occhi intelligenti, grandi anche quelli, e un portamento da vero gentleman. Alberto Lionello, in corpo, anima e talento, esprime al meglio tutto ciò che di più bello c'è stato nello spettacolo del secolo scorso: dal teatro, il suo primo amore, alla televisione, passando per il cinema. Senza dubbio, però, è stato proprio sulle tavole del palcoscenico che Lionello ha dato il meglio di sé, con una lusinghiera carriera terminata poco prima della sua prematura scomparsa.





Salì per la prima volta sul palcoscenico ancora ragazzino, presso l'oratorio di via della Passione, nel centro di Milano - città in cui nacque il 12 luglio 1930. La sua passione per la recitazione pare sia nata ancora prima, quando vide in teatro Vittorio De Sica, nel quale scorse una certa somiglianza con suo padre - Luigi, sarto di origini venete come anche sua madre, Giuditta Bruneri -, rimanendo affascinato dalla sua eleganza e dal suo portamento "borghese".
Ben presto, quel recitare per gioco, un po' fatto per vincere la sua timidezza, divenne una passione vera, tanto che nel 1948 si iscrisse alla prestigiosa Accademia dei filodrammatici, e l'anno successivo entrò nella compagnia di Antonio Gandusio esordendo con una pochade francese, "Paradiso sotto chiave". Lionello dimostrò subito grandi doti attoriali, grazie alla sua recitazione brillante e vivace.
Il primo vero successo arrivò nel 1951 con "La pulce nell'orecchio", nella compagnia di Giuseppe Porelli. I sette anni seguenti lo videro consacrato su palcoscenico, lavorando con attori del calibro di Ernesto Calindri, Elsa Merlini, Ivo Garrani, Tino Buazzelli, Andreina Pagnani e Lauretta Masiero, passando con disinvoltura da pièce comiche a drammatiche, e con una piccola esperienza anche nel teatro di rivista, accanto a Wanda Osiris e Erminio Macario in "Made in Italy" di Garinei & Giovannini, e in "Festival" di Age, Scarpelli e altri, accanto a Elio Pandolfi, Nino Manfredi e ancora la "Wandissima". Molti anni dopo, nel 1973, tornò a lavorare con Garinei & Giovannini nella riedizione di "Ciao Rudy", interpretando Rodolfo Valentino (ruolo che era stato di Marcello Mastroianni).


Alberto Lionello in "Canzonissima".

                                                                                                                                      

La sua popolarità è legata però al piccolo schermo. Nel 1960 condusse, accanto a Lauretta Masiero ed Aroldo Tieri, una celeberrima edizione di "Canzonissima": la sigla "La, la, la", entrata nella storia della televisione italiana, era interpretata (in ballo e canto) da Lionello stesso, indossando una paglietta calzata a tre quarti - immagine, questa, a cui il pubblico lo legherà per sempre. L'anno successivo, invece, condusse l'undicesima edizione del Festival di Sanremo, affiancato da Lilli Lembo e Giuliana Calandra. Ma Alberto Lionello prese parte anche a numerosi sceneggiati, recitando da protagonista in "Oblomov" (1966) di Claudio Fino, "La coscienza di Zeno" (1966) di Daniele D'anza, e "Puccini" (1973) di Sandro Bolchi. Inoltre partecipò anche ad una lunga serie di "Carosello" che contribuirono ancor di più alla sua fama tra i telespettatori.


Alberto Lionello nei panni di Zeno Corsini nello sceneggiato "La coscienza di Zeno".

                                                                                         


Al cinema, invece, la sua presenza fu quasi sempre marginale, seppur frequente. Tra i suoi primi ruoli, la parte del giovane Alberto alle prese con l'eccentrica nonna Tina (Tina Pica) appassionata di gialli in "Mia nonna poliziotto" (1958) di Steno.


 In alto, Alberto Lionello e Tina Pica in "Mia nonna poliziotto".
 In basso, con Totò in "Chi si ferma è perduto".

      


Recitò poi accanto a Totò e Peppino De Filippo in "Chi si ferma è perduto" (1960) di Sergio Corbucci, ma senza dubbio il suo ruolo più conosciuto è quello del seduttore di provincia in "Signore & Signori" (1965) di Pietro Germi. Così come degno di nota è il ruolo del fratello travestito in "Sessomatto" (1973) di Dino Risi.

 Da sinistra, Giulio Questi, Gigi Ballista, Sergio Fincato e Alberto Lionello in "Signore & Signori".

                                                                                   


Alberto Lionello, però, rimase sempre, fino alla fine, un "animale da palcoscenico". Proprio lì, su quelle assi di legno, si mostrò per l'ultima volta al suo pubblico, affiancato dalla sua compagna, l'attrice Erika Blanc, con la quale condivise la scena in opere come "Il piacere dell'onestà" di Pirandello, "L'egoista" di Carlo Bertolazzi e "Il mercante di Venezia" di Shakespeare.


  Alberto Lionello con Erika Blanc a teatro ne "Il piacere dell'onestà".


                                                                                 
E proprio accudito da lei e dai suoi due figli Luca e Gea, nota attrice teatrale e televisiva, (avuti dai due matrimoni precedenti), trascorse gli ultimi anni della sua esistenza, minata da un trapianto di rene e da una lunga malattia che se lo portò via il 14 luglio 1994, due giorni dopo il suo sessantaquattresimo compleanno.

Di questo "Monsieur" dello spettacolo italiano - il francese è d'obbligo, avendo lui iniziato la sua carriera con la pochade - sono davvero in pochi a ricordarsi. Ma, sono certo, chiunque leggerà queste poche righe, tra partecipazioni televisive, film e opere teatrali, immediatamente ricorderà la distinta figura, il sorrisetto furbo e la grande - e forse poco considerata - bravura di questo dimenticato ma indimenticabile interprete, a cui ho voluto rendere omaggio a novant'anni dalla sua nascita.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...