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 NON SMETTERE DI CERCARE, MAI!


"In fin dei conti il lavoro è ancora il mezzo migliore di far passare la vita", lo scriveva Flaubert e potrei dire di essere d'accordo. Però, da meridionale, "uomo d'amore" e sensibile fino al midollo, mi trovo più in sintonia con quel che diceva il buon Luciano De Crescenzo, ovvero che la vita è fatta per metà di amore e per metà di lavoro. E quando parlo d'amore mi riferisco al senso più ampio del termine: amore per la vita, amore per se stessi, amore per i propri interessi e le proprie passioni. C'è però una soluzione: cercare di conciliare il bisogno di lavorare con la necessità di coltivare i propri sogni. In sostanza, Flaubert e De Crescenzo sarebbero soddisfatti allo stesso tempo se noi riuscissimo a fare il lavoro che ci piace, così da sentirci pienamente paghi e soddisfatti della nostra vita che scorre - forse anche troppo velocemente. 




Certo, fare un discorso del genere il 1° maggio, Festa dei Lavoratori, nel momento storico in cui trovare uno straccio di impiego per sbarcare il lunario sembra quasi un'utopia, potrebbe apparire indelicato. Tuttavia, con il massimo rispetto e la dovuta umiltà, mi piace sottolineare un aspetto non da poco. La vita è una sola. Una monetina che ha pochissime possibilità di fare jackpot nella grande slot dell'umanità terrena. Tutto sta nel saper giocare bene quella moneta, nel non sprecarla, nel saperla utilizzare al meglio. D'altra parte, quando Luciano De Crescenzo - in uno dei suoi memorabili libri di filosofia - parlava della "formula" della vita come insieme di amore e lavoro, quando si riferiva a quest'ultimo utilizzava parole ben precise e inequivocabili: «quando dico lavoro, non penso a una fatica, a un supplizio che uno deve sopportare dalla mattina alla sera per rendersi indipendente dal punto di vista economico, ma a un'opportunità che Dio ci ha offerto per dare più senso alla nostra esistenza [...] ricordatevi quello che vi dico: una cosa è "fare" il tabaccaio, e una cosa è "essere" tabaccaio». Il lavoro, dunque, non deve essere una fatica, una "croce" da portare per soddisfare le proprie esigenze materiali (il che è scontato e comprensibile). Il lavoro deve consentire di sentirci uomini e donne fieri di noi stessi, realizzati in quella vita che è una piccola possibilità in un universo immenso e ancora non pienamente compreso. Ecco, io credo che in questa giornata in cui si festeggiano i lavoratori, la consapevolezza che tutti noi dobbiamo avere è quella di fare tutto, tutto il possibile per riuscire a fare dei nostri sogni realtà concreta, di trovare qualcosa per cui valga la pena anche sopportare stress e stanchezza. "L'uomo è arrivato quando fa per mestiere quel che farebbe gratis", scriveva invece George Bernard Shaw, ed effettivamente questo sarebbe l'apoteosi del successo di un individuo. È difficile, è complicato in una società in cui si corre talmente tanto che non si ha neanche il tempo di valutare, di soffermarsi a pensare perché ci si sente quasi costretti a prendere quel che viene senza fare troppo gli schizzinosi. Ed è giusto, perché il lavoro, qualunque esso sia, dà sempre e comunque dignità all'uomo. Ma io sono un sognatore incallito, e sono convinto che questa possibilità nessuno, dico nessuno dovrebbe mai negarsela, perché è anche l'unico modo per poter svolgere il proprio mestiere con il massimo rendimento. "L'unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare.” Fu Steve Jobs a dirlo e credo non ci sia augurio migliore in questo primo giorno di maggio. La parola d'ordine è: non smettere di cercare, mai!


                                                                                                                                                A.M.M.

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