Passa ai contenuti principali

 NINO TERZO, IL MAGICO "SOFFIO"  DELLA COMMEDIA ITALIANA


Baffone nero, occhi strabuzzati, sorriso sdentato, corpo piccolo e dall'andatura goffa, Nino Terzo ha fatto ridere anche solo per questo. Se poi ci si aggiunge la sua parlata sicula da balbuziente asmatico, incapace di parlare senza emettere un "soffio" d'incoraggiamento, ecco che il suo posto d'onore tra i più grandi caratteristi nostrani è garantito senza ombra di dubbio. 



Quella macchietta lì, quella del balbuziente dal "soffio" proibito, in grado di far ridere prima ancora di proferir verbo, Antonino "Nino" Terzo iniziò a provarla nei teatri della "sua" Palermo, dove nacque un secolo fa - il 22 maggio 1923. 


In alto, Nino Terzo con una comparsa ne "I due colonnelli" (1963). In basso, da destra, Nino Terzo,
 Totò e Ugo D'Alessio in "Totò contro i quattro" (1963). Entrambi i film sono diretti da Steno.


L'avanspettacolo e il varietà furono una palestra importante, potendo così tastare dal vivo il gradimento del pubblico, perfezionando i suoi caratteri e accentuando la sua "ridicola" espressività. Fu proprio questo, a partire dagli anni sessanta, a permettergli di fare un salto di qualità, passando dai palcoscenici ai set cinematografici, dando inizio a una carriera che, tra alti e bassi, durò ben quarant'anni. 


In alto, da sinistra, Vittorio Congia, Gianni Morandi, Nino Terzo e Nino Taranto in "Se non avessi più te" (1965).
In basso, Nino Terzo con Federico Moroni in "Perdono" (1966). Entrambi
i film sono diretti da Ettore M. Fizzarotti.


Caporali dell'esercito, agenti di P.S., capistazione, uscieri, mafiosi sono questi i ruoli - più o meno marginali, più o meno riusciti - cuciti addosso alla sua recitazione spontanea. Tra Steno e Sergio Corbucci, tra Giorgio Simonelli, Mario Amendola e Lucio Fulci, tra Nanni Loy e Giuseppe Tornatore, Nino Terzo partecipò a decine di film, passando dalla parodia nonsense alla commedia farsesca, dal "musicarello" alla commedia all'italiana, senza contare partecipazioni di maggiore rilievo (con Fellini ne "I clowns").


Da sinistra, Isabella Savona, Nino Terzo e Little Tony in "Zum Zum Zum - La canzone che mi passa per la testa" (1968) di Bruno Corbucci.


Tra sorrisi buffi, asmatiche espressioni e momenti di improvvisa collera, Nino Terzo riuscì a crearsi un suo spazio, lasciato libero nei primi anni '90, quando le sue condizioni di salute - che lo avrebbero portato alla morte l'8 maggio 2005 - si aggravarono. 


In alto, Nino Terzo con Franco Franchi in "Storia di fifa e di coltello - Er seguito der Più" (1972)
 di Mario Amendola. In basso, in "Nuovo cinema paradiso" (1988) di Giuseppe Tornatore.


Ma in fondo, quel posto non l'ha mai preso nessun altro. Quei film, quelle scenette accanto ad attori come Totò e Nino Taranto, Peppino De Filippo e il duo Franchi-Ingrassia, tra Gianni Morandi che canta "I ragazzi dello Shake" e "La donna di picche" di Little Tony, sono ancora oggi indimenticabili anche grazie alla sua maldestra presenza e a quel magico "soffio", ironico orgoglio della commedia italiana.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...