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Visualizzazione dei post da maggio, 2025
BUON COMPLEANNO, GIOVANNI! « I talk-show sono fintamente democratici. Sono la distruzione del confronto delle idee. La natura del talk è una natura di superficialità ». Se è lui a fare un’affermazione talmente banale e palese, passando di canale in canale, dalla vecchia televisione generalista fino ai moderni canali digitali, credo che nessuno si permetterà di obiettare. E non solo perché è la sacrosanta verità (permettetemi di dichiarare apertamente una posizione) ma soprattutto perché a dirlo è una “colonna” del giornalismo televisivo.  Perché se Giovanni Minoli afferma che la confusione di un dibattito televisivo dove differenti idee si scontrano più che confrontarsi e voci plurime non fanno altro che deprezzare la loro autorevolezza aumentando la propria tonalità pur di sopraffare l’altro, significa che ha ragione. Ottant’anni sulle spalle, larghe, merito del tanto sport giovanile. Lo sguardo acceso e limpido di chi conosce la curiosità. Il fascino, il carisma e la passione deg...
I MATTARELLA: CONTRO LE PIEGHE DELLA STORIA « Nomen omen ». Nel nome si cela il destino di una persona. Se questo è vero, allora è normale che ci fosse comunanza d’intenti, di fede, di sogni, di ideali e di battaglie nei due “delfini” di una famiglia in cui la politica è sempre stato « un lessico familiare », come diceva il primogenito Piersanti Mattarella. Perché oggi il primo dei quattro figli di Bernardo, politico democristiano più volte ministro tra gli anni ‘50 e ‘60, avrebbe compiuto novant’anni. E sicuramente avrebbe gioito nel vedere suo fratello, il “piccolo” Sergio, classe 1941, caricarsi sulle spalle la responsabilità di un Paese in balie delle onde in un mare di sconsiderata follia.  Spesso capita che i fratelli tra di loro non si somiglino. Che ci siano delle legittime differenze, non solo estetiche ma anche caratteriali. Eppure a legare Piersanti e Sergio c’era qualcosa che andava ben oltre la genetica. Sicuramente la medesima formazione universitaria (Giurisprud...
RAFFAELE PISU, LA RISATA CHE FA BENE Sorriso sornione, sguardo da tonto e una voce cordiale e allegramente bolognese che faceva divertire anche quando non c’era il video. Perché Raffaele Pisu incominciò a far ridere alla radio. Gli esordi nella città delle Due Torri - dove nacque un secolo fa, il 24 maggio 1925 -, dietro i microfoni di Radio Bologna. Poi l’approdo nella Compagnia del Teatro Comico Musicale di Radio Rai nell’ immediato Dopoguerra. Alle spalle un passato da partigiano prigioniero dei tedeschi durante la guerra e da attore nella Compagnia di Memo Benassi, ma capì ben presto che la serietà non faceva per lui. E se il fratello maggiore Mario, grande attore di cinema e teatro, amato da Fellini, fu un grande interprete soprattutto drammatico, Raffaele ha sempre amato l’intrattenimento gioviale, la battuta simpatica, la risata contagiosa.  In alto, da sinistra, Raffaele Pisu, Enio Girolami e Carlo Delle Piane in “Caccia al marito” (1960) di Marino Girolami. In basso, da de...
BUON COMPLEANNO, DIEGO! Potremmo anche dire: basta col Terrunciello ! Il giovanottone aitante e spavaldo che dal profondo sud “sprofonda” nel nord industrializzato con la sua carica di simpatia e “ viuuulenza ” - come avrebbe detto lui - soprattutto quando si parla di calcio e il Milan (ma anche l’Inter) gioca a San Siro. Sì, potremmo dire anche basta a quel ragazzone dalla chioma crespa e i baffoni folti sotto gli occhi spiritati, ma perché? Diego Abatantuono è stato ed è ben altro, e forse proprio per questo in molti oggi lo apprezzano. Un attore capace tanto di ironia sagace, come con i suoi personaggi d’esordio, tenuti a battesimo dai fratelli Vanzina e dal loro papà Steno, quanto di una recitazione intima e drammatica.  Ma se non ci fosse stato lui, il Terrunciello , probabilmente non ci sarebbe stato neanche un seguito. Perché quel personaggio lì venne fuori dalla gavetta, quella che tutti i grandi hanno compiuto con rigore. Abatantuono, che pur vestendo i panni dell’immigrat...
CIAO, NINO! La “nobile arte” ha perso il suo principe. Sorriso smagliante, fisico statuario, un gancio che non ammette repliche ma anche la consapevolezza che, nella vita, con i pugni non si risolve nulla. Nino Benvenuti se n’è andato e l’ha fatto così come ha condotto la sua lunga esistenza, dentro e fuori dal ring.  Con discrezione, lontano dai clamori, dalle lacrime facili.  Classe 1938,  boxeur dal volto candido, istriano e triestino fin nel temperamento, amato dalle donne, invidiato dagli uomini per la sua agilità e sicurezza nello schivare colpi così come polemiche inutili, Nino Benvenuti è stato l’emblema di un ’arte  che sembra aver ben poco di nobile. Eppure, negli anni ‘60, fare il suo nome significava ammettere che un che di grazia, in quei match , ci fosse sempre. Perché Nino Benvenuti era un signore come pochi nel mondo della boxe. Un uomo elegante, un conversatore pacato e uno sportivo vero. Nella rivalità con Sandro Mazzinghi, nell’epica sfida del 1967...
LETTERA A FRANCO DI MARE Caro Franco, in questi giorni, in questi mesi così difficili la tua assenza si è avvertita ancor di più. Perché tu avresti sicuramente  trovato un modo per raccontare l’inenarrabile. Di guerre ne hai vissute tante, dai Balcani all’Iraq fino al  mesotelioma che ti ha portato via esattamente un anno fa. La guerra più difficile, perché non hai dovuto soltanto descriverla , ma combatterla in prima persona. Quello che però mi ha sempre colpito di te, è stata la capacità di trovare il   punto di vista più giusto per raccontare ciò che hai vissuto. Perché la geopolitica, l’analisi economico-sociale, i punti   cardine del giornalismo vanno benissimo, però bisognerebbe saper andare oltre. Badare all’essenza stessa delle cose più   che riportare dati, numeri, osservazioni politiche, etiche o storico-culturali. Forse per restituire un po’   di umanità in un momento storico che sembra non averne alcuna.  Per chi ha la fortuna (è brutto dir...
MARIO MONICELLI, UNA VITA BEN SCRITTA Chi è abituato a scrivere storie, a raccontare o inventare vite di altri, ergendosi a Deus ex machina , a creatore di piccoli microcosmi decidendo, tra gioie e sorrisi, delle peripezie altrui, finisce per sentirsi non tanto in dovere ma in diritto di scegliere la conclusione della propria lunga, avvincente, ironica e malinconica esistenza. Mario Monicelli, l’autore dei più bei capolavori del cinema italiano, da I soliti ignoti a Speriamo che sia femmina , da Amici miei a Parenti serpenti , lo sceneggiatore, in coppia con Steno, delle più belle battute di Totò, scrisse di suo pugno il finale della sua vita, mettendosi per una volta davanti alla macchina da presa, recitando un copione scritto, pensato e digerito.  Una conclusione talmente paradossale, burlesca e “originale” nel senso più malinconico del termine da sembrare davvero un film dei suoi. Un novantacinquenne stanco di vivere che si butta dalla finestra dell’ospedale in cui è ricoverat...
MIA MARTINI, LA BELLA VOCE DI UN’ANIMA FRAGILE « Sai, la gente è matta/Forse troppo insoddisfatta ». È tutto qui. È tutto racchiuso in quel brano che nel 1989, sul palco dell’Ariston, la riportò in alto dopo i tanti, troppi saliscendi della sua breve esistenza. Almeno tu nell’universo non è soltanto una canzone che parla del bisogno di amore da parte di un uomo unico e speciale. È un brano che racconta, quasi inconsciamente, attraverso le parole di Bruno Lauzi, quello che Mia Martini, ma soprattutto Mimì Berté, ha dovuto subire nella sua vita. La gente è matta, davvero, se non capisce quando si tocca il fondo senza la possibilità di risalire e non perdere la propria dignità. La gente è matta quanto mette in giro cattiverie, in apparenza sciocchezze che diventano inevitabilmente lame ben affilate in grado di lacerare un animo sensibile.  Mia Martini aveva una bella voce, forse una delle più belle che si siano mai ascoltate nel nostro Paese. Ma aveva un cuore, un corpo e una testa co...
CARLO LIMA, UN FIGLIO TRA I FIGLI DEL “MAESTRO” EDUARDO Bello, elegante, raffinato. Recitazione calda e misurata. Uno dei più promettenti attori eduardiani, ma anche l’unico ad aver abbandonato tutto nel pieno del successo e per un atto d’amore. Pur continuando altrove a raccogliere lodi e apprezzamenti sinceri. Carlo Lima era un giovane di limpidissime speranze quando, a metà anni ‘50, ebbe l’occasione di entrare nel mondo del teatro napoletano dalla porta principale. Nato a Napoli novant’anni fa, l’8 maggio del 1935, nipote di un celebre tenore, Carlo Lima si appassionò alla recitazione fin dall’adolescenza. A notarlo fu Pietro Carloni, marito di Titina De Filippo, garantendo per lui e presentandolo al “maestro” e cognato Eduardo, che lo accolse prima nella Scarpettiana , poi nella sua compagnia, dove Carlo Lima riuscì a esprimere al meglio il proprio talento. Diventò così uno dei bravissimi, intensi e naturalmente appassionati giovani interpreti delle più belle commedie di Eduardo D...