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 CLAUDIO GORA: UN BORGHESE GRANDE GRANDE


Espressione severa, fisico imponente, sguardo ambiguo. Particolari che ne hanno fatto uno dei più grandi comprimari che il cinema italiano abbia mai avuto. Di Claudio Gora è impossibile dimenticare il portamento, l'eleganza borghese e quei ruoli dipinti con ricercatezza e maestria. 




Genovese - nacque nel capoluogo ligure centodieci anni fa, il 27 luglio 1913 -, figlio di un ufficiale degli alpini, laureato in Legge, Claudio Gora (all'anagrafe Emilio Giordana) iniziò a muovere i primi passi sul palcoscenico del teatro "GUF" della sua città, esordì al cinema nel 1939 con "Trappola d'amore" di Raffaello Matarazzo per poi diventare già prima della guerra uno degli attori giovani maggiormente quotati, ma è stata la commedia italiana a consacrarlo al successo. 


In alto, Claudio Gora con Simone Signoret in "Adua e le compagne" (1960) di Antonio Pietrangeli.
In basso, con Alberto Sordi in "Una vita difficile" (1961) di Dino Risi.



Diretto da registi come Risi, Zampa, Pietrangeli, Claudio Gora divenne l'archetipo dell'uomo d'affari del "boom economico", opulento, elegante, spregiudicato e cinico. Dal commendator Bacci a cui fa da galoppino Sordi in "Una vita difficile" di Risi a "Bibì", il ricco industriale milanese che si invaghisce della sedicenne Catherine Spaak figlia di Gassman ne "Il sorpasso" sempre di Risi, fino al primario del dottor Tersilli/Sordi ne "Il medico della mutua" di Zampa, passando per Ercoli, squallido lenone in "Adua e le compagne" di Pietrangeli. 


Claudio Gora con Vittorio Gassman ne "Il sorpasso" (1962) di Dino Risi.

Ruoli - ai quali ne andrebbero aggiunti altri - magistralmente resi in corpo ed animo, grazie a un savoir faire e a una presenza scenica senza pari. Ma Claudio Gora è stato anche un apprezzato regista. Debuttò con "Il cielo è rosso" - dall'omonimo romanzo di Giuseppe Berto - nel 1950, scoprendo una intensa e giovanissima Anna Maria Ferrero, mentre tre anni dopo, con "Febbre di vivere" si guadagnò un Nastro d'argento. Tuttavia è soprattutto come interprete ad aver lasciato il segno.


Claudio Gora e Alberto Sordi ne "Il medico della mutua" (1968) di Luigi Zampa.


 E per quanto sia comparso frequentemente sul piccolo schermo (tra opere di prosa e sceneggiati) e in palcoscenico - dividendo spesso la scena con Andrea Giordana, uno dei suoi cinque figli avuti dalla collega Marina Berti -, è stato soprattutto il cinema a dargli maggiori soddisfazioni. Un cinema che faceva "storia" raccontando la storia. Un cinema che contestava e puntava il dito contro una certa società borghese. Un cinema che è stato grande anche grazie ad attori "grandi", proprio come lui.


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