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 DON PUGLISI: IL SORRISO DELLA RIVOLUZIONE


"Me lo aspettavo", disse sorridendo ai suoi assassini. Perché don Pino Puglisi sorrideva, sorrideva sempre. Anche davanti alla miseria della sua Brancaccio, periferia di Palermo, dove era nato, cresciuto e dove nel 1990 era stato nominato parroco della Chiesa di San Gaetano. La fame, il degrado, il male che imperversava nel suo quartiere don Puglisi li conosceva bene. 



Ma lui non si indignava. O meglio, aveva un modo diverso di indignarsi: sorrideva. Sorrideva alla vita, alla sua missione sacerdotale, al suo compito di pastore d'anime, di educatore e insegnante. Don Puglisi lottava contro la Mafia, il clan dei Graviano che controllava il suo angolo di mondo, e sorrideva. Sorrideva ai suoi ragazzi, che trovavano in lui un punto di riferimento, un sostegno fisico e psicologico, un esempio di vita vera. Una vita in cui sorridere, sempre. E don Puglisi sorrideva, anche dall'altare quando attaccava apertamente la Mafia, oppure dai locali del centro "Padre Nostro", cuore della sua opera evangelica. E sorrise anche quella sera del 15 settembre di trent'anni fa, quando Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza gli si pararono davanti cercando di fermare la sua rivoluzione con un colpo di pistola alla nuca. Ma non valse a nulla. Perché quella rivoluzione, come il suo sorriso, è ancora viva.

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