Passa ai contenuti principali

 CESARE ZAVATTINI: LA "PENNA" DEL NEOREALISMO


Fantasia e realtà, estro e semplicità. Rivedere un vecchio film da lui sceneggiato, come "Umberto D." o "La ciociara", equivale a leggere la cronaca di un'epoca. Angoli di quotidianità, di gente semplice, di tragedie, di piccole rivincite, di sconfitte in un'Italia sofferente, con le ossa rotte, martoriata dalla guerra e vessata dalle difficoltà del Dopoguerra. Cesare Zavattini è stato uno sceneggiatore, un autore di favole e opere umoristiche, di fumetti. Fondò la celebre rivista "Il Bertoldo", giunto a Milano dalla natia Luzzara, in Emilia - dove nacque il 20 settembre 1902. 




Ma il suo nome, indubbiamente, è rimasto per sempre legato al neorealismo e al sodalizio artistico con un altro grande osservatore della realtà. Un altro "signore" in grado di offrire uno spaccato tragicamente vero dell'Italia post-bellica: Vittorio De Sica. Con quest'ultimo, Cesare Zavattini confezionò pellicole pluripremiate, dove all'interpretazione di attori per caso, come Lamberto Maggiorani ("Ladri di biciclette"), di giovani promesse del cinema come Franco Interlenghi ("Sciuscià") e attrici consacrate alla fama mondiale, come Sophia Loren ("La ciociara"), si univa una sceneggiatura scorrevole, minuziosamente curata ad ogni scena, ad ogni battuta. Forse ancor più vera della stessa interpretazione dei suoi attori. A centoventi anni dalla sua nascita, insomma, Cesare Zavattini rimane ancora la "penna" del neorealismo - lavorò anche con De Santis, Emmer, Visconti -, anche se il suo contributo all'arte nazionale non si limitò soltanto a quello. Ebbene, per celebrarlo degnamente, voglio riproporvi l'articolo da me redatto quasi tre anni fa, in occasione del trentennale della scomparsa. L'articolo è fruibile al seguente link:

https://ilrestodelmarino.blogspot.com/2019/10/cesare-zavattini-sguardo-sul-novecento.html

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...