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Visualizzazione dei post da aprile, 2025
LUISA CONTE, L’ARTE DEL SUBLIME Una vera “ femmena ” della scena. Appassionata, prorompente, verace. Donna Luisa Conte ha calcato i palcoscenici più prestigiosi del teatro partenopeo  raggiungendo l’apoteosi sulle quinte del Sannazaro, che riportò in auge negli anni ’70 promuovendone la ricostruzione.  L’unione artistica e sentimentale  con Nino Veglia, la consacrazione con Eduardo De Filippo e i suoi personaggi femminili più intriganti, il lungo sodalizio con Nino Taranto in seno  al Sannazaro. Luisa Conte ha raccontato e rappresentato il teatro popolare napoletano, passando da Pepito a Raffaele Viviani, di sipario  in sipario, di scena in scena, donando se stessa e la sua recitazione appassiunata in nome di quell’arte che in lei ha più volte sfiorato il sublime. Un’arte che  merita di essere conosciuta, onorata e ricordata. Ebbene, nel centenario della nascita di Luisa Conte vi ripropongo un articolo che le dedicai qualche  tempo fa, disponibile al ...
IL DOVERE DI ESSERE LIBERI « Sorsero i partigiani e fu una aperta ribellione contro il mondo, contro uomini, contro idee umanamente e storicamente condannate, contro sistemi che avevano forzatamente agganciato a un carro in folle corsa verso la rovina il destino di quarantacinque milioni di vite. E i ragazzi lasciarono le case e andarono sui monti. Lasciarono la loro giovinezza che non aveva e non avrebbe mai più trovato la sua stagione. Videro la morte e uccisero, seppero la crudeltà e l’amore , la disperazione e la speranza. Offrirono i loro vent’anni per avere una certezza, una fede che li sollevasse. La trovarono in un nome: libertà. Li sostenne nei giorni duri; li animerà se dovranno ancora combattere perché nessuno tolga – agli uomini di vent’anni  già vecchi – quella libertà che fu spesso la sola fiamma per riscaldare la loro inesistente giovinezza ». Scriveva così, sulle pagine di  Patrioti, giornale clandestino dei partigiani emiliani di Giustizia e Libertà, Enzo Biag...
BUON COMPLEANNO, MILENA! Per molti è ancora oggi semplicemente la Pina, la donna emaciata, amorevole e servile, moglie devota del ragionier Ugo Fantozzi che lei “stimava moltissimo”. Per tanti, invece, è la raffinata, antipatica e snob Enrica, consuocera (e poi moglie) di Libero Martini/ Lino Banfi e nonna di Maria, Ciccio e Annuccia nella fiction Rai   Un medico in famiglia . Ma racchiudere oltre cinquant’anni di carriera in due ruoli, per quanto artisticamente perfetti e molto amati, sarebbe un grave sgarbo nei confronti di un’attrice che, quasi ispirandosi alle sue apparizioni cinematografiche spesso defilate o secondarie, non ha mai ostentato alcunché.  Nata a Roma novant’anni fa da un diplomatico montenegrino e una pianista italiana, Milena Vukotic ha trascorso la sua infanzia e l’adolescenza tra le principali capitali europee. Comincia a esprimersi con la danza, perfino tra le fila dell’Opera di Parigi, studia pianoforte, ma alla fine è la recitazione a rapirla. Dopo la ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
PASQUA, RIVOLUZIONE QUOTIDIANA « Don Camillo non dimenticare che anche io, durante la mia breve vita terrena, ero un capellone » diceva sorridente il Crocefisso al burbero  parroco emiliano in uno dei più bei romanzi di Guareschi, Don Camillo e don Chichì . Il Cristo, con cui il prete parlava a tu per tu, voleva  consolare e redarguire al tempo stesso un don Camillo alle prese con scalmanati ragazzi dai capelli lunghi (tra cui il figlio del sindaco Peppone),  ragazzine spigliate (Cat, la nipote del parroco) in minigonna e quella rivoluzione socio-culturale di metà anni ’60, nel bel mezzo del rinnovamento della Chiesa stessa secondo  i dettami del Concilio Vaticano II.  Don Camillo, in verità, nelle pagine di quel romanzo si rivelava più moderno e all’avanguardia - secondo i solidi  precetti umani e cristiani - di tanti rinnovatori propriamente detti. Ma il Cristo, dalla sua croce issata sull’altare di una parrocchia della Bassa emiliana,  raccontava un...
MARIO, IL COMMENDATOR CAROTENUTO Aveva una eleganza innata e una disinvoltura che risplendevano, in tutta la sua massiccia corporatura, in abiti distinti e in sorrisi beffardi. Non a caso la fama di Mario Carotenuto è legata alla riproposizione, quasi ciclica e costante, dei medesimi personaggi. L’industriale, il commerciante, il discografico, il padre di famiglia benestante, il seduttore di provincia con la moglie insipida e l’amante maliarda. Tra  gli anni ’50 e ’60 non c’è commedia farsesca, musicarello o melodramma sentimentale che non l’abbia visto tra i protagonisti.  Capello brizzolato, ventre pingue elegantemente avvolto in immacolate camicie e giacche su misura, cravatta ben annodata al collo. Busto eretto, mani in tasca e quello sguardo fiero e buffo dietro spesse lenti che divennero il suo tratto distintivo.  L’inconfondibile figura di Mario Carotenuto è stata senza dubbio tra le migliori del nostro cinema, ma la sua esperienza artistica lo ha visto esprimersi ...
CIAO, ANTONELLO! « Ci sono della gente che stanno a pezzi » diceva il “suo” Cesare Cesaroni, oste della Garbatella. E quella gente sta o meglio “stanno” soffrendo davvero. Perché Antonello Fassari era un volto molto amato. La televisione, dai tempi di Avanzi , fucina di comici e talenti insuperati, dove “osò” imitare la Sora Lella, lo ha reso una piccola celebrità, dandogli la definitiva affermazione nei panni del fratello maggiore di Giulio (Claudio Amendola) nella fiction Mediaset I Cesaroni che prossimamente tornerà sui nostri schermi.  Zio Cesare, tirchio, burbero, apparentemente antipatico ma in realtà uomo dal core grande   era pronto a indossare di nuovo la parannanze per  spillare birre e svuotare damigiane di vino novello dietro a un bancone, con la stessa gioia di molti altri protagonisti della serie. Antonello Fassari, va detto, al di fuori di quei panni, è stato molto altro. Il diploma all’Accademia d’arte drammatica, gli esordi in teatro con Luca Ronconi e ...
CATHERINE SPAAK, L’ASSENTE ESSENZA Elegante e discinta, innocente e spregiudicata, raffinata e sensuale. È stata angelo e demone, purezza e trasgressione insieme. Ma in fondo,  il suo essere stata etichettata, nel pieno dell’adolescenza, come una ragazza fin troppo aperta e libera le ha portato soltanto fortuna. Catherine Spaak  avrebbe compiuto oggi ottant’anni, ma la sua immagine di donna matura, affascinante e di classe non ha mai offuscato, nei più, le fattezze  filiformi di una fanciulla bionda che osava amare e non se ne vergognava affatto.  Il suo accento francese, mai perduto nonostante una vita e una  carriera pienamente costruite in Italia, diventò il simbolo di una sensualità che, col passare del tempo, passò dall’anticonformismo al  conformismo a tal punto da spazzar via anni di critiche, polemiche e censure che colpirono la Spaak, con impietosa superficialità, negli anni ’60,  quando registi come Alberto Lattuada, Luciano Salce, Dino Risi ...
ADDIO, SUOR PAOLA! Era solo una donna di fede. Fede in Dio come nella Lazio. Dopotutto, il bianco e il celeste sono anche i colori del Paradiso. Il luogo in cui Suor Paola è approdata ieri ma dove, in fondo, ha vissuto tutta la vita. Perché il suo Paradiso l’aveva creato sulla terra. Con la sua associazione SoSpe, con la sua opera missionaria, col suo sorriso e la sua mano tesa.  Perché noi ricordiamo Suor Paola con le cuffie aderenti al velo e la sciarpa biancoceleste al collo, quando commentava le partite a Quelli che il calcio . Ma di partite Suor Paola ne ha vissute molte di più, e non solo in campo - coi giovanissimi a cui faceva da “mister” - o sugli spalti. Le sue partite le ha compiute nel quotidiano, quando giovani, donne vittime di violenza o persone in difficoltà si affacciavano alla sua porta per chiedere aiuto. E lì che la sua fede è emersa. La fede sincera, quella granitica e incrollabile. La fede nella vita e nelle possibilità umane. La fede che ti spinge a giocare ...