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Visualizzazione dei post da aprile, 2025
MARIO, IL COMMENDATOR CAROTENUTO Aveva una eleganza innata e una disinvoltura che risplendevano, in tutta la sua massiccia corporatura, in abiti distinti e in sorrisi beffardi. Non a caso la fama di Mario Carotenuto è legata alla riproposizione, quasi ciclica e costante, dei medesimi personaggi. L’industriale, il commerciante, il discografico, il padre di famiglia benestante, il seduttore di provincia con la moglie insipida e l’amante maliarda. Tra  gli anni ’50 e ’60 non c’è commedia farsesca, musicarello o melodramma sentimentale che non l’abbia visto tra i protagonisti.  Capello brizzolato, ventre pingue elegantemente avvolto in immacolate camicie e giacche su misura, cravatta ben annodata al collo. Busto eretto, mani in tasca e quello sguardo fiero e buffo dietro spesse lenti che divennero il suo tratto distintivo.  L’inconfondibile figura di Mario Carotenuto è stata senza dubbio tra le migliori del nostro cinema, ma la sua esperienza artistica lo ha visto esprimersi ...
CIAO, ANTONELLO! « Ci sono della gente che stanno a pezzi » diceva il “suo” Cesare Cesaroni, oste della Garbatella. E quella gente sta o meglio “stanno” soffrendo davvero. Perché Antonello Fassari era un volto molto amato. La televisione, dai tempi di Avanzi , fucina di comici e talenti insuperati, dove “osò” imitare la Sora Lella, lo ha reso una piccola celebrità, dandogli la definitiva affermazione nei panni del fratello maggiore di Giulio (Claudio Amendola) nella fiction Mediaset I Cesaroni che prossimamente tornerà sui nostri schermi.  Zio Cesare, tirchio, burbero, apparentemente antipatico ma in realtà uomo dal core grande   era pronto a indossare di nuovo la parannanze per  spillare birre e svuotare damigiane di vino novello dietro a un bancone, con la stessa gioia di molti altri protagonisti della serie. Antonello Fassari, va detto, al di fuori di quei panni, è stato molto altro. Il diploma all’Accademia d’arte drammatica, gli esordi in teatro con Luca Ronconi e ...
CATHERINE SPAAK, L’ASSENTE ESSENZA Elegante e discinta, innocente e spregiudicata, raffinata e sensuale. È stata angelo e demone, purezza e trasgressione insieme. Ma in fondo,  il suo essere stata etichettata, nel pieno dell’adolescenza, come una ragazza fin troppo aperta e libera le ha portato soltanto fortuna. Catherine Spaak  avrebbe compiuto oggi ottant’anni, ma la sua immagine di donna matura, affascinante e di classe non ha mai offuscato, nei più, le fattezze  filiformi di una fanciulla bionda che osava amare e non se ne vergognava affatto.  Il suo accento francese, mai perduto nonostante una vita e una  carriera pienamente costruite in Italia, diventò il simbolo di una sensualità che, col passare del tempo, passò dall’anticonformismo al  conformismo a tal punto da spazzar via anni di critiche, polemiche e censure che colpirono la Spaak, con impietosa superficialità, negli anni ’60,  quando registi come Alberto Lattuada, Luciano Salce, Dino Risi ...
ADDIO, SUOR PAOLA! Era solo una donna di fede. Fede in Dio come nella Lazio. Dopotutto, il bianco e il celeste sono anche i colori del Paradiso. Il luogo in cui Suor Paola è approdata ieri ma dove, in fondo, ha vissuto tutta la vita. Perché il suo Paradiso l’aveva creato sulla terra. Con la sua associazione SoSpe, con la sua opera missionaria, col suo sorriso e la sua mano tesa.  Perché noi ricordiamo Suor Paola con le cuffie aderenti al velo e la sciarpa biancoceleste al collo, quando commentava le partite a Quelli che il calcio . Ma di partite Suor Paola ne ha vissute molte di più, e non solo in campo - coi giovanissimi a cui faceva da “mister” - o sugli spalti. Le sue partite le ha compiute nel quotidiano, quando giovani, donne vittime di violenza o persone in difficoltà si affacciavano alla sua porta per chiedere aiuto. E lì che la sua fede è emersa. La fede sincera, quella granitica e incrollabile. La fede nella vita e nelle possibilità umane. La fede che ti spinge a giocare ...
PAPA WOJTYLA, QUEL SENTIERO NEL CIELO « Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo ». Due milioni di giovani, riuniti a Tor Vergata, a Roma, per una veglia  di preghiera in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) nel 2000, in concomitanza col Giubileo. Un papa dal volto rotondo, dallo  sguardo vispo e dal sorriso sincero regalava ai presenti questo messaggio di speranza, mentre nell’aria risuonava  Jesus Christ you are my life ,   Gesù Cristo tu sei la mia vita. Papa Giovanni Paolo II stava mantenendo con fede il suo impegno. Traghettare una umanità afflitta, sconfitta  e delusa nel ventre del nuovo secolo, confidando tutto nella forza e nella tenacia dei ragazzi.  Quei giovani che vedevano in lui il nonno buono,  che sa darti baci e carezze, ma sa anche redarguirti se sbagli. Fu lui stesso a dirlo, quella sera d’ottobre del 1978, quando presentandosi  come un uomo « venuto di molto lontano » chiese di cor...
GEGÉ DI GIACOMO: SUONI, BURLE E RICORDI « CantaNapoli! » e spazio alla fantasia. Che scuotesse maracas, che rullasse le bacchette della batteria, che percuotesse tamburi o bonghi, che rumoreggiasse con la bocca o facesse smorfie, l’animazione era assicurata. Perché non era soltanto musica, la sua, la loro. Perché Gegé Di Giacomo e Renato Carosone, due fratelli, due amici, due corpi e un’anima, erano molto di più che musicisti. E se Carosone, sorridente al pianoforte, ci metteva la tecnica e lo swing applicati alla tradizione melodica partenopea, Gegé ci metteva l’inventiva, l’estro e l’acrobatica abilità nel suonare una batteria anche se questa batteria non era presente fisicamente. CantaNapoli!, urlato a mo’ di introduzione da Di Giacomo, rappresentava l’incipit alle meraviglie  di un trio musicale, costituito con Carosone e il chitarrista olandese Peter Van Wood, divenuto poi un vero e proprio complesso con fiati, legni, piano e percussioni a metà anni ’50 - con l’uscita di scen...