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MARIO, IL COMMENDATOR CAROTENUTO


Aveva una eleganza innata e una disinvoltura che risplendevano, in tutta la sua massiccia corporatura, in abiti distinti e in sorrisi beffardi. Non a caso la fama di Mario Carotenuto è legata alla riproposizione, quasi ciclica e costante, dei medesimi personaggi. L’industriale, il commerciante, il discografico, il padre di famiglia benestante, il seduttore di provincia con la moglie insipida e l’amante maliarda. Tra gli anni ’50 e ’60 non c’è commedia farsesca, musicarello o melodramma sentimentale che non l’abbia visto tra i protagonisti. 





Capello brizzolato, ventre pingue elegantemente avvolto in immacolate camicie e giacche su misura, cravatta ben annodata al collo. Busto eretto, mani in tasca e quello sguardo fiero e buffo dietro spesse lenti che divennero il suo tratto distintivo. L’inconfondibile figura di Mario Carotenuto è stata senza dubbio tra le migliori del nostro cinema, ma la sua esperienza artistica lo ha visto esprimersi nei contesti più diversi, partendo dal teatro per arrivare alla televisione.



In alto, Mario Carotenuto ne “L’opera da tre soldi” di Brecht, regia di Giorgio Strehler, 1955-1956.
In basso, Carotenuto con Delia Scala in “My fair lady” da Shaw, regia di Garinei & Giovannini, 1964.




Classe 1916, romano verace, figlio di Nello e fratellastro dell’indimenticato Memmo, Mario Carotenuto esordì da bravo figlio d’arte ad appena otto anni. La sua gavetta furono i palcoscenici della rivista, dove ebbe modo di rivelare quella brillantezza e quella vivida allegria che l’hanno sempre contraddistinto. La svolta arrivò nel 1955 quando Giorgio Strehler lo scelse per il ruolo di Peachum nell’Opera da tre soldi di Brecht, che si complimentò con Carotenuto per la sua interpretazione. 



In alto, Mario Carotenuto con Clelia Matania ne “La spiaggia” (1954) di Alberto Lattuada.
In basso, con Tina Pica e Vittorio De Sica in  “Pane, amore e...” (1955) di Dino Risi.

             



Sulle assi di legno affrontò di tutto: dalla rivista alla commedia musicale (memorabile in My fair lady accanto a Delia Scala), in cui dimostrò particolari doti canore, fino alle grandi opere di prosa, passando da Shakespeare a Pirandello, da Goldoni a Molière, le ultime soddisfazioni della sua vita, quando il cinema si era dimenticato di lui.



In alto, Mario Carotenuto con Valeria Fabrizi e Gino Ravazzini in “Caccia al marito” (1960) di Marino Girolami. 
In basso, con Memmo Carotenuto e Sylva Koscina in “Mariti in pericolo” (1961) di Mauro Morassi.



Perché dopo diverse apparizioni televisive (tra Carosello e sceneggiati) e una filmografia che va ben oltre le cento pellicole, passando da Lattuada (La spiaggia) a Steno (Susanna tutta panna), da Risi (Poveri ma belli) a Comencini (Lo scopone scientifico), tra commendatori divisi tra affari e avventure galanti in riva al mare (sotto la regia di Girolami), rivenditori d’auto e impiegati a caccia di evasioni coniugali o avventure sentimentali (col fratello Memmo), preti bacchettoni (il don Matteo fratello del maresciallo De Sica in Pane, amore e…), 



In alto, Mario Carotenuto con Mario De Simone e Andrea Checchi in “Colpo gobbo allitaliana” (1962) di Lucio Fulci.
In basso, con Enrico Montesano in “Febbre da cavallo” (1976) di Steno.




spacciatori di opere d’arte  (con Totò in Totò, Eva e il pennello proibito), ladruncoli redenti (come il Nando Paciocchi di Colpo gobbo all’italiana, da lui ideato e scritto e diretto da Lucio Fulci), avvocati fasulli e incalliti scommettitori di cavalli (il De Marchis di Febbre da cavallo) fino ad arrivare alle frequenti apparizioni tra liceali, insegnanti e infermiere discinte della commedia sexy, Mario Carotenuto trovò nel palcoscenico il luogo perfetto per esprimere se stesso al cento per cento, dando prova di una recitazione matura, solida, meditata e studiata non sempre messa in risalto nelle sue molteplici apparizioni in video. 



Mario Carotenuto con Rolando Ravello in “Romanzo di un giovane povero” (1995) di Ettore Scola.



Dopo dodici anni di assenza, però, su quel video riuscì a tornarci. Prima di andar via, stroncato dal cancro trent’anni fa, il 14 aprile 1995, Mario Carotenuto vestì i panni di un anziano, bonario e malinconico tipografo romano in Romanzo di un giovane povero di Ettore Scola. Visibilmente dimagrito e sofferente, quel faccione fiero e gaio, da vecchio commendatore residuato di un “boom” economico disinnescato da tempo immemore, Mario Carotenuto lasciò ai posteri la definitiva testimonianza della sua grandezza, in corpo e spirito. Una grandezza ineguagliabile e francamente insostituibile.


A.M.M.


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