ADDIO, SUOR PAOLA!
Era solo una donna di fede. Fede in Dio come nella Lazio. Dopotutto, il bianco e il celeste sono anche i colori del Paradiso. Il luogo in cui Suor Paola è approdata ieri ma dove, in fondo, ha vissuto tutta la vita. Perché il suo Paradiso l’aveva creato sulla terra. Con la sua associazione SoSpe, con la sua opera missionaria, col suo sorriso e la sua mano tesa.
Perché noi ricordiamo Suor Paola con le cuffie aderenti al velo e la sciarpa biancoceleste al collo, quando commentava le partite a Quelli che il calcio. Ma di partite Suor Paola ne ha vissute molte di più, e non solo in campo - coi giovanissimi a cui faceva da “mister” - o sugli spalti. Le sue partite le ha compiute nel quotidiano, quando giovani, donne vittime di violenza o persone in difficoltà si affacciavano alla sua porta per chiedere aiuto. E lì che la sua fede è emersa. La fede sincera, quella granitica e incrollabile. La fede nella vita e nelle possibilità umane. La fede che ti spinge a giocare sempre, anche quando non credi che il pallone possa finire davvero in rete. Bisogna essere capaci di giocare in attacco e non in difesa, questo è il trucco. Buttarsi, dare tutto se stessi, e accettare la sconfitta. Ecco, Suor Paola ha sempre giocato in attacco. Da buona calabrese, benché trapiantata a Roma, ha sempre avuto la testa dura. Purtroppo contro la malattia la tenacia e il coraggio non sono valsi a nulla. Ma Suor Paola era una donna di fede. E grazie a quella fede ora è Lassù, in quella porzione di cielo più limpida, dove sembra rivelarsi la profezia dell'inno della sua squadra del cuore: «Vola un’aquila nel cielo vola». In fondo, la sua fede l’ha portata solo un poco più in alto di dove ha sempre vissuto. Oltre le nuvole, dove osano le aquile e le donne dal cuore grande e forte. Addio, Suor Paola!
A.M.M.
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