CIAO, ANTONELLO!
«Ci sono della gente che stanno a pezzi» diceva il “suo” Cesare Cesaroni, oste della Garbatella. E quella gente sta o meglio “stanno” soffrendo davvero. Perché Antonello Fassari era un volto molto amato. La televisione, dai tempi di Avanzi, fucina di comici e talenti insuperati, dove “osò” imitare la Sora Lella, lo ha reso una piccola celebrità, dandogli la definitiva affermazione nei panni del fratello maggiore di Giulio (Claudio Amendola) nella fiction Mediaset I Cesaroni che prossimamente tornerà sui nostri schermi.
Zio Cesare, tirchio, burbero, apparentemente antipatico ma in realtà uomo dal core grande era pronto a indossare di nuovo la parannanze per spillare birre e svuotare damigiane di vino novello dietro a un bancone, con la stessa gioia di molti altri protagonisti della serie. Antonello Fassari, va detto, al di fuori di quei panni, è stato molto altro. Il diploma all’Accademia d’arte drammatica, gli esordi in teatro con Luca Ronconi e con un repertorio vasto, il cinema, tra comico e drammatico, con Risi, Ferrara, Scola, Monicelli, Tullio Giordana, Vanzina (memorabile nei panni di Mario Nardone, impiegato delle poste di fede comunista in Selvaggi), la televisione, da I ragazzi della Terza C (dove era Puccio, fedele consigliere di Chicco Lazzaretti/ Fabio Ferrari) alla satira di Avanzi e Tunnel con Serena Dandini su Rai3. Ma è stato senza dubbio il personaggio di Cesare Cesaroni, timido e irascibile, misogino e romantico, tirchio e generoso, diffidente e compagnone a donargli quell’affetto e quella popolarità che a distanza di undici anni dalla fine della serie, e all’alba di una nuova edizione che si appresta (o forse si apprestava) ad essere un lieto ritorno, non sono mai mutati. Perché a piangere Antonello Fassari, scomparso dopo una lotta silenziosa contro la malattia, c’è un nutrito gruppo di persone, di amici, di colleghi e di semplici spettatori che gli ha voluto bene. Gente che ha scelto di manifestare il proprio dispiacere con le sue stesse parole. Con una frase che per Cesare Cesaroni era un mantra: «Che amarezza!». Una amarezza che sarà difficile addolcire. Ciao, Antonello!
A.M.M.
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