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GEGÉ DI GIACOMO: SUONI, BURLE E RICORDI


«CantaNapoli!» e spazio alla fantasia. Che scuotesse maracas, che rullasse le bacchette della batteria, che percuotesse tamburi o bonghi, che rumoreggiasse con la bocca o facesse smorfie, l’animazione era assicurata. Perché non era soltanto musica, la sua, la loro. Perché Gegé Di Giacomo e Renato Carosone, due fratelli, due amici, due corpi e un’anima, erano molto di più che musicisti. E se Carosone, sorridente al pianoforte, ci metteva la tecnica e lo swing applicati alla tradizione melodica partenopea, Gegé ci metteva l’inventiva, l’estro e l’acrobatica abilità nel suonare una batteria anche se questa batteria non era presente fisicamente. CantaNapoli!, urlato a mo’ di introduzione da Di Giacomo, rappresentava l’incipit alle meraviglie di un trio musicale, costituito con Carosone e il chitarrista olandese Peter Van Wood, divenuto poi un vero e proprio complesso con fiati, legni, piano e percussioni a metà anni ’50 - con l’uscita di scena di Van Wood. La colonna portante del gruppo, il supporto, materiale e spirituale a Carosone, però, era solo e soltanto lui, Gegé Di Giacomo.  





Classe 1918, napoletano, nipote del celebre poeta Salvatore, cresciuto e pasciuto nell’arte, poetica e musicale, Gegé cominciò a suonare la grancassa da bambino, trovando un impiego al Cinema Sansone a Napoli, dove eseguiva dal vivo le colonne sonore per le pellicole del cinema muto proiettate in sala. La passione sbocciò, si alimentò di pratica e di inventiva, fin quando Di Giacomo divenne quel virtuoso della batteria che tutti abbiamo amato. Girò per diverse orchestre prima della consacrazione definitiva nel 1949 grazie all’incontro fortunato con Renato Carosone. Il maestro cercava un batterista per formare un trio con Van Wood. Si presentò questo ragazzetto riccioluto e occhialuto. Arrivò all’Hotel Miramare di Napoli, dove stavano provando, ma senza portare con sé la batteria. I due guardarono Gegé un po’ perplessi, ma quando egli, assemblando una batteria con sedie e bicchieri di diversa grandezza, dimostrò loro le sue prodezze, rimasero increduli e senza parole. Le parole, però, quelle di lode, arrivarono ben presto e non solo da parte dei “soci”. 



L’Orchestra Carosone.


Perché Gegé Di Giacomo si rivelò un talento vulcanico e fantasioso. Suonava batteria, percussioni, tamburi vari, ma soprattutto mimava ciò che cantava. Indossava un turbante per Caravan Petrol, si tingeva il volto e si ricopriva il capo di piume per ‘O Pellirossa, e rendeva quella che doveva essere una semplice esibizione musicale un vero e proprio spettacolo teatrale, passando con brio da Tu vuo’ fa’ l’americano‘O Sarracino. La magia svanì quando nel 1959, in diretta televisiva, Renato Carosone annunciò il suo ritiro dalle scene. Ma il loro legame non si ruppe mai. Lui c’era nel 1975, quando Carosone ritornò a esibirsi alla Bussola di Viareggio. E c’era nel 2001, quando il maestro se ne andò, lasciandolo solo e ammalato. Gegé Di Giacomo, forse, sapeva che non avrebbe resistito al lungo. In fin dei conti, nel suo passato, aveva anche tentato una carriera da solista, ma fu costretto a smettere per incapacità di pensarsi lontano da chi, dopotutto, aveva sempre creduto in lui. Forse la malattia, la costrizione su una sedia a rotelle non furono nulla in confronto alla triste consapevolezza di essere rimasto solo. Fu così che, il 1° aprile 2005, il genio, la vitalità e l’esuberanza di Gegé Di Giacomo si spensero all’unisono. Quell’allegria, però, a vent’anni di distanza, è sopravvissuta. Perché basta urlare CantaNapoli! e Napoli comincia a cantare: tra suoni, burle e ricordi.


A.M.M.

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