Passa ai contenuti principali

COME SAPREI: TRENT’ANNI D’AMORE PER GIORGIA 


«Come saprei, riuscirci io, nessuno saprebbe mai». In queste parole c’era già tutto. La voce, il talento, la bellezza, la determinazione. Aveva i capelli corti, un tailleur elegante che forse tradiva un po’ i suoi ventitré anni in quel volto, ancora adesso, da ragazzina. Sono passati trent’anni dal 25 febbraio 1995 quando sul palco dell’Ariston Giorgia Todrani, tenuta già a battesimo dal grande Pippo Baudo un anno prima con E poi, entrava a “gran voce” nel giro che conta vincendo il Festival di Sanremo con Come saprei






Di questi tre decenni si potrebbero citare decine di canzoni, eseguite sul filo di acuti che sembrava potessero non finire mai. Ha riempito piazze, arene estive e palazzetti, ha scavalcato classifiche e venduto milioni di dischi. Ha squarciato i cieli più cupi con una voce tendente alla perfezione divina. Con quel sorriso «di sole e d’azzurro», con quegli occhi limpidi, languidi e emozionati sempre come se fosse la prima volta, Giorgia è ancora oggi la ragazzina spigliata e grintosa che ha guadagnato il mondo intero senza perdere la sua anima. Una cantante che è tornata su quello stesso palco pochi giorni fa con La cura per me, tramutatasi in poche ore in una cura per tutti noi grazie a quelle “corde” incredibilmente forti, potenti, in grado di avvolgerti il cuore e frenarne il battito per qualche secondo. Secondi da spezzare il fiato, attimi di magia. La malìa di una voce unica e irripetibile. Sì, possiamo affermarlo: come ci è riuscita lei, nessuno sarebbe stato capace. Amare lei, invece, è stato molto semplice. Ci siamo riusciti tutti, fin dal primo ascolto.


A.M.M.


Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...