Passa ai contenuti principali

MARIA FIORE, LA DISCREZIONE DI UN SORRISO


Classe 1935, romana. Gentile ed elegante. Un volto distinto e perbene su un corpo minuto. Maria Fiore non sarà passata alla storia per grandi successi. Eppure, sul piccolo schermo, raggiunti i cinquant’anni e conservato intatto il fascino di un viso pulito, ebbe il suo piccolo riscatto accanto a Ferruccio Amendola in alcuni storici sceneggiati Rai:  Quei trentasei gradini,  Little Roma  e Pronto soccorso



                                   


L’inquilina del “piano nobile” di un lussuoso palazzo romano, l’affascinante insegnante di una scuola serale di una borgata dell’Urbe e la solerte e materna infermiera del pronto soccorso dell'ospedale sull’Isola Tiberina avevano in comune la sua voce garbata, quasi sussurrata e l’amore del suo coprotagonista, Amendola appunto, che con le sue calde “corde” passava con disinvoltura dai panni del simpatico portiere a quelli del barbiere di quartiere e dello scrupoloso e generoso medico di pronto intervento. 


Maria Fiore con Ferruccio Amendola in “Quei trentasei gradini” (1984) di Luigi Perelli.


Maria Fiore, però, in quei piccoli capolavori di quotidianità romana metteva tutta se stessa. Innanzitutto la sua presenza, rivelata da Renato Castellani che le affiancò un istintivo e intenso Vincenzo Musolino (un attore preso dalla strada) nel pluripremiato affresco neorealista Due soldi di speranza nel 1952. 


Maria Fiore con Vincenzo Musolino in “Due soldi di speranza” (1952) di Renato Castellani.


Lì era una bella e “selvatica” ragazzotta innamoratasi di un giovane appena tornato dalla guerra che si rifiuta di sposarla prima di trovare un impiego degno di tal nome. Poi la sua voce, prestata anche al doppiaggio, a cui tanto si dedicò a partire dagli anni ‘70. Infine la sua umiltà, regalata senza pudore al pubblico del piccolo schermo, dove tra opere di prosa e sceneggiati, incominciò a farsi amare fin dagli anni 60.


Maria Fiore con Adolfo Celi in “Joe Petrosino” (1972) di Daniele D'Anza.


Come nei panni della dolce e comprensiva moglie di Joe Petrosino, il poliziotto italo-americano assassinato dalla Mafia, interpretato da uno straordinario Adolfo Celi nello sceneggiato di Daniele D'Anza. Perché Maria Fiore era così: affascinante nella sua discrezione. E proprio con discrezione, quasi in punta di piedi, se ne andò vent'anni fa, il 28 ottobre 2004, a causa di una crisi respiratoria. Ma la sua immagine, così graziosa e umile, accanto al volto simpatico e popolare di Ferruccio Amendola, quella nessuno l’ha dimenticata. Perché il successo, a volte, è fatto anche di piccole cose. Come un sorriso gentile in uno sceneggiato popolare.


A.M.M.





Commenti

Post popolari in questo blog

GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...