Passa ai contenuti principali

BUON COMPLEANNO, ORNELLA!


È stata sempre una donna sopra le righe, anticonformista, un po’ folle, e forse con l’età, che raggiunge oggi i novanta, lo è diventata ancora di più. Il suo raccontare con disinvoltura di storie di amore, di strambe perversioni, di canne e di spinelli l’ha resa oggetto prediletto di imitazioni e sberleffi, con buona pace di lei, che ne ha sempre riso e - in un certo senso -  ne ha anche contribuito. La nostra cultura, musicale, teatrale ma anche televisiva, però, deve molto a Ornella Vanoni. 




Una voce nasale sensualissima, due mani grandi e “senza fine”, come le descriveva l’amico Gino Paoli, il suo grande amore. L’eleganza nel volto e nel fisico slanciato, che ancora oggi l’eleva in alto. Su, come le sue note lunghe, perfette, magnifiche. Dagli esordi in teatro con Strehler e “le canzoni della mala” alla commedia musicale targata G & G (nel Rugantino, al posto di Lea Massari), dai successi televisivi degli anni ’60 e ’70 alle canzoni che ne hanno fatto una grande interprete, come “Eternità”, “La musica è finita”, “L’appuntamento” e “Ti voglio” (di cui proprio in questi giorni ha presentato una nuova versione, realizzata con Elodie e Ditonellapiaga), la Vanoni richiama alla mente un universo meraviglioso fatto di musica, concerti, spettacoli, talenti e successi, tanti successi. Successi, appunto, fatti accaduti. Fatti ormai appartenenti al passato, per alcuni addirittura remoto. Ma Ornella Vanoni è ancora qui, tra noi, con i suoi pregi, i suoi difetti e la sua libertà. Quella che è un diritto o dovrebbe esserlo. E allora cosa importa delle sue gaffe, della sua spontaneità eccessiva, delle sue debolezze, delle sue dichiarazioni spesso inopportune.Tutto questo, il presente, appartiene alla cronaca spicciola, quella da quattro soldi, che si apprende e si dimentica con identica facilità. Il passato, invece, quello remoto, meraviglioso e indimenticabile, ciò che conta, appartiene alla Storia, come lei. Buon compleanno, Ornella!

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...