Passa ai contenuti principali

 ROMOLO SIENA, "PAPÀ RAI"


C'erano il Monoscopio, la Tv dei ragazzi, il Telegiornale e il varietà del sabato sera. C'era il bianco e nero, in cui risaltavano impeccabili l'eleganza e la gentilezza del presentatore, che fosse Mike Bongiorno, Corrado o Pippo Baudo. E dietro la camera c'era lui, Romolo Siena. Uno dei pionieri, uno degli artefici della Rai Tv, dal 1954. Appassionato di fumetti, giornalista sportivo commentatore del "Giro d'Italia" per la "Gazzetta dello Sport", Siena si era spostato dalla natia Alessandria - dove venne alla luce un secolo fa, il 18 aprile 1923 - girovagando in lungo e in largo per il Bel Paese. Approdò a Roma quando la Rai era ancora in fase sperimentale e lì, insieme ad altri grandi autori e registi, da Jurgens a Verde, da Falqui ad Amurri, contribuì a realizzare quel piccolo mondo fittizio, fatto di scene superbamente preparate, corpi di ballo, canzoni, comici, quiz, presentatori e soubrette



"Battezzò" Mike Bongiorno con il leggendario "Lascia o Raddoppia?", uno dei primissimi successi della Rai, e lanciò nel firmamento televisivo Raffaella Pelloni in arte Carrà, passando da "Io, Agata e tu", con Nino Taranto, alla "Canzonissima" del '70 con l'indimenticato Corrado. Ma curò molti altri celebri programmi: da "Campanile sera" a "Speciale per voi", da "Scala reale" con Peppino De Filippo a "Rita '71" con la frizzante Rita Pavone. Per non parlare poi del leggendario sodalizio con la coppia Vianello-Mondaini, da "Tante scuse" fino a "Io e la Befana". Pillole, momenti di comicità, di divertimento e di spettacolo indimenticabili, rimasti legati per sempre a quella stagione televisiva ormai tramontata. Come la vita di Romolo Siena, dissoltasi nell'etere il 27 maggio 2004. La "Fine delle Trasmissioni" per un uomo gentile e perbene, come quella televisione di cui fu padre.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...