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 CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: SOLO CON I SUOI IDEALI



Si muore quando si rimane soli, e lui lo era. Erano cento giorni, cento giorni che il generale Dalla Chiesa aveva assunto l'incarico di prefetto a Palermo. Era ritornato in Sicilia, la calda e sfortunata terra del Sud dove lui, piemontese di Saluzzo - dove nacque il 27 settembre 1920 - aveva prestato i suoi servigi da giovane capitano prima e colonnello poi, tra la caccia al bandito Giuliano e i delitti mafiosi "firmati" con la lupara. Allora non era solo. Con lui c'erano i suoi uomini, i suoi carabinieri pronti all'estremo sacrificio per difendere i valori di uno Stato assediato. Come quando, con fermezza, aveva sferrato un duro colpo alle Brigate Rosse, lottando in prima linea contro il terrorismo. 



Dalla Chiesa non era solo, perché dietro di lui c'era lo Stato. Lo stesso Stato che aveva chiesto il suo ingegno e la sua forza per liberare la Sicilia da quel cancro chiamato Mafia. Il generale aveva rinunciato alla divisa, aveva indossato abiti borghesi e si era prestato, con fede, all'immane incarico. Ma era solo. Lo aveva capito subito che sarebbe stato solo. Aveva chiesto pieni poteri, uomini e mezzi come quando lottava contro il terrorismo, ma tutto sembrava essere contro di lui. Lo Stato era assente, non c'era. Come era assente quella sera di quarant'anni fa, il 3 settembre 1982, quando la A112 su cui viaggiava con la moglie, la giovane Emanuela Setti Carraro, venne crivellata di colpi, insieme all'Alfa di scorta che la seguiva, con a bordo l'agente Domenico Russo. Si muore quando si rimane soli, e specialmente quando a lasciarti solo è chi ti aveva promesso appoggio e protezione: lo Stato. Perché a uccidere Dalla Chiesa è stata la Mafia, certo, ma a muovere i fili di quel burattino c'era qualcun altro. Chi fosse, questo non si sa, e probabilmente non si saprà mai. Come non si saprà mai il perché Dalla Chiesa compaia, tra luci ed ombre, in numerosi misteri italiani (la scomparsa di Enrico Mattei, l'assassinio di De Mauro, il rapimento di Moro). Anche dietro tutto questo c'era "quello" Stato, lo stesso che quella sera di fine estate di quarant'anni fa uccise anche lui? Chi può dirlo. L'unica certezza è che Dalla Chiesa è morto perché era rimasto da solo. Solo a lottare per una guerra che nessun voleva vincere. Solo anche dopo aver commesso qualche sbaglio. Solo a difendere uno Stato che, probabilmente, non voleva essere difeso. Solo a difendere degli ideali che, nonostante tutto, hanno valicato i confini dell'esistenza terrena e continuano a vivere per lui.

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