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 "L'IMBATTIBILE" BINDA



Chi è appassionato di ciclismo oppure semplicemente di storia (perché anche lo sport è storia) non può non essere affascinato dalle vite e dalle imprese di Gino Bartali, Fausto Coppi, Marco Pantani. Tutti diversi, tutti popolari, tutti imbattibili. Ma prima di loro c'è stato chi, per la sua tenacia, per la sua forza, imbattibile lo era con l'articolo determinativo davanti. "L'Imbattibile" era infatti l'appellativo con cui Alfredo Binda divenne celebre. La sua passione per la bicicletta nacque a Nizza, in Francia, dove il giovane Binda si trasferì da Cittiglio, nel varesotto - dove era nato centoventi anni fa,  l'11 agosto 1902 -, per lavorare. 




Lì iniziò a spingere sui pedali e, chilometro dopo chilometro, vittoria dopo vittoria, se ne ritornò in Italia per diventare leggenda. Ciclismo su strada, ciclismo su pista. La Milano-Sanremo, il Giro di Lombardia, il Giro d'Italia, i colori della "Legnano" che dal 1925 divenne la sua squadra. La rivalità con Costante Girardengo e Learco Guerra. Non c'è tappa, non c'è salita, non c'è discesa che lo spaventi. Lui è Alfredo Binda, il "Signore della Montagna" - per la sua eleganza in salita -, "l'Imbattibile". Tuttavia, l'emblema della forza, del vigore e della tenacia crolla nel '35, durante l'ennesima Milano-Sanremo. Binda si rompe il femore. È la fine di un'era, la sua. L'era del ciclismo moderno, però, quella continua. Appaiono nuovi astri nascenti. C'è Bartali, in testa alla "Legnano", e qualche anno dopo si avvicina con ossequio e decisione anche Coppi, come suo gregario - l'Airone della "Bianchi" arriverà dopo. Binda venne nominato Commissario tecnico della Nazionale, e fu proprio lui a dirigere e "affiatare" Coppi e Bartali, i nuovi idoli nazionali, guidandoli al Tour de France. Poi anche quell'esperienza, durata dodici anni, finì, e Alfredo Binda si ritirò nella sua Cittiglio, tra ricordi e memorie. Lì morirà serenamente superando gli ottanta, nel 1986. Ci sono molte interviste, di un vegliardo Binda, tenero e spiritoso, che racconta le sue imprese. Imprese epiche di un'Italia che non aveva paura della fatica, ma soltanto della fame. Di un'Italia che vinceva, ma sapeva anche perdere. Un'Italia che con Binda prima, con Coppi e Bartali poi, sapeva far sognare ad occhi aperti, con due ruote e una catena ben oliata - soprattutto "a forza" di gambe. Di un'Italia che, rispetto a quella del "Pirata" Pantani, era molto diversa ma con cui condivideva l'amore per i propri eroi umili. Era l'Italia imbattibile, era l'Italia dell' "Imbattibile". L'Italia di Binda.

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