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 CIAO, CATHERINE!


Appena quindicenne divenne il simbolo della spregiudicatezza e della sensualità precoce. Bersaglio prediletto della censura cinematografica. Eppure, a rivederli, molti di quei film incriminati mettono in risalto una civetteria quasi ingenua, una sfrontatezza non priva di garbo ed eleganza. Perché questo è stata Catherine Spaak: una fanciulla prima e una donna poi di innata eleganza, sensuale e mai volgare. Fisico da mannequin, capelli biondi, origini belga e francesi, nacque nell'Île-de-France il 3 aprile 1945, ma fu l'Italia a portarle fortuna. 



Con quell'inconfondibile accento francese cantò "Quelli della mia età", celebre successo della Hardy, mentre al cinema mieteva successi di pubblico al fianco di celebri attori. Esordì con Lattuada in "Dolci Inganni", ma lavorò con Gassman ne "Il sorpasso" (1962) di Risi e "L'armata Brancaleone" (1966) di Monicelli, con Tognazzi ne "La voglia matta" (1962), con Manfredi in "Adulterio all'italiana" (1966) di Campanile, e con Gigi Proietti in "Febbre da Cavallo" (1976) di Steno. Poi si dedicò alla scrittura e al giornalismo, riscoprendosi come conduttrice. Con "Harem", celebre talk-show di Rai 3, intervistò con gentilezza ed acume donne bellissime e intelligentissime: da Marisa Allasio a Monica Bellucci, da Catherine Deneuve a Claudia Mori. Anime e cuori si aprivano alle sue domande come fiori al sole, con naturalezza e sincerità. Altro che spregiudicata, altro che sfrontata. Dietro quei panni da fanciulla anticonformista si nascondeva una vera signora: talentuosa e charmant. Quale lato della sua personalità ci mancherà di più? Questo non sappiamo dirlo, ma una cosa è certa: alla sua "essenza", col tempo, tutti si abituarono di buon grado, ma alla sua "assenza", ne sono convinto, non ci abitueremo mai. Ciao, Catherine!

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