Passa ai contenuti principali
OTTANT'ANNI PER PEPPINO DI CAPRI: LO CHANSONNIER DEL "TWIST"

Un pianoforte a coda, due grandi occhiali ed una voce inconfondibile che si spande dall'angolo illuminato di una sala buia. Peppino Di Capri lo abbiamo sempre visto così: come una "luce", fatta di note e parole indimenticabili che ci hanno fatto amare, sognare e ballare.



Giuseppe Faiella - questo il suo vero nome - nasce a Capri il 27 luglio del 1939. Proveniente da una famiglia di musicisti, è ancora un bambino quando, nel 1943, si esibisce al pianoforte per intrattenere i soldati americani di stanza nell'Isola.
Studia pianoforte, ma ben presto si appassiona al rock'n roll, che agli inizi degli anni '50 era appena sbarcato nel nostro Paese.
Comincia ad esibirsi nei night di Capri, insieme agli amici Enrico Falconieri (Bebè), Pino Amenta, Mario Cenci e Gabriele Varano. Nacquero così "Peppino Di Capri e i suoi Rockers" che ottengono un primo successo con "Malatia", nel 1958.
Ma è nell'Italia del "boom", quella delle vacanze al mare e delle serate danzanti, che per Peppino Di Capri arriva la popolarità. "Let's twist again", "Don't play that song", "Saint Tropez twist", hanno riscaldato migliaia di cuori e di piste da ballo, dal Tirreno all'Adriatico, passando per i juke-box e i mangiadischi di tutta Italia.
Ma, soprattutto, Peppino Di Capri ha dato nuovo lustro alla canzone napoletana, con brani inediti e rivisitazioni fantastiche, divenute veri e propri capolavori: "Nun è peccato", "Voce 'e notte", "Luna caprese", "Lassame".
E come non citare "Un grande amore e niente più", vincitrice del Festival di Sanremo del 1973, oppure le intramontabili "Roberta" - dedicata alla sua prima moglie -  e "Champagne", regina di tutti i lenti degli anni '70.
Ancora oggi, dopo oltre sessant'anni di carriera e ad ottant'anni di età, Peppino continua a regalarci forti emozioni. Con una voce ed una espressività che, per il grande chansonnier della musica italiana, sembrano non sentire affatto il peso del tempo.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...