Passa ai contenuti principali
SETTANT'ANNI PER PAOLO MIELI: ILLUSTRE "FIRMA" DEL GIORNALISMO ITALIANO

Ci sono stati giornalisti la cui personalità e professionalità ne hanno fatto veri e propri "miti". Penso a Enzo Biagi, Indro Montanelli, Giorgio Bocca.
Tra questi, a mio avviso, un posto di rilievo merita anche Paolo Mieli, giornalista, saggista, storico e volto noto della Rai, per la quale ha realizzato programmi straordinari.


Di origine ebraica, Mieli nacque a Milano il 25 febbraio di settant'anni fa. La sua formazione, però, si svolse a Roma dove, dopo il diploma, si laureò in "Storia moderna e contemporanea" sotto la guida dello storico Renzo De Felice.
Esordì nel giornalismo a soli 18 anni, a "L'Espresso" di Eugenio Scalfari. Collaborò poi con "La Repubblica", "La Stampa" (che diresse dal 1990 al 1992) e infine col "Corriere della Sera".
Qui fu direttore ben due volte, dal '92 al '97 e dal 2004 al 2009.
Per la storica testata di via Solferino riuscì a creare una nuova impostazione che svecchiò il quotidiano, attraverso uno stile innovativo per cui fu coniato l'appellativo di "mielismo".
Nell'arco della sua carriera, poi, oltre a collaborare con alcune riviste, ha pubblicato vari testi e saggi, tutti di carattere storico-politico. Al grande pubblico, però, è noto soprattutto per la sua attività televisiva. Ha condotto e realizzato programmi di successo come "La grande storia", "Correva l'anno", "Passato e presente". Programmi in cui alti contenuti culturali vengono diffusi attraverso un linguaggio chiaro e comprensibile a tutti. Un valido esempio di "educazione televisiva" che ancora resiste nei palinsesti nazionali. Anche per questo piccolo-grande contributo dobbiamo dire grazie a Paolo Mieli: un uomo retto e un grande professionista che, a mio avviso, può essere incluso tra le illustri "firme" del giornalismo italiano.

Commenti

Post popolari in questo blog

GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...