Passa ai contenuti principali

ISA MIRANDA: SUCCESSI, SILENZIO E SOLITUDINE


Una diva sfortunata. Una bellezza austera ed elegante. Una donna morta in solitudine, dopo che il cinema, di cui fu una folgorante “stella” tra gli anni ‘30 e ‘40, si era dimenticato di lei. Dall’Accademia dei Filodrammatici e i teatrini della sua Milano ai palcoscenici più prestigiosi d’Italia e d’Europa. 



L’esordio sul grande schermo con Blasetti (Il caso Haller), la consacrazione con Ophüls (La signora di tutti), la popolarità con Soldati (Malombra) e Castellani (Zazà). Dai kolossal girati a Cinecittà alla collina di Hollywood. Isa Miranda è stata una attrice applaudita, amata, premiata (sebbene una sola volta), osannata, eppure la sua vicenda  personale e artistica ha vissuto un andamento altalenante e non privo di dispiaceri. Bionda, raffinata, autorevole nel candore rafforzato dal bianco e nero, la Miranda ha attraversato il panorama cinematografico nazionale dall’avvento del sonoro alle pellicole a colori. Il teatro, il suo primo amore, fu anche l’ultimo appiglio a cui aggrapparsi quando il cinema sembrò snobbarla, lasciando che la sua immagine, un tempo limpida e brillante, riapparisse sbiadita sui rotocalchi nel 1982, quando se ne andò, per un male incurabile, in silenziosa solitudine. Ma rompere quel silenzio, oggi, non è difficile. Basta rivedere uno dei suoi film, drammatico o brillante che sia, per riaccendere la luce del suo sguardo e rivivere un talento dimenticato troppo in fretta. A voi la scelta, tra i tanti citati qui e nell’ampio articolo che le dedicai qualche anno fa (disponibile a questo link https://ilrestodelmarino.blogspot.com/2022/07/per-isa-altera-sofisticata.html) che vi invito a leggere per riscoprire, a centoventi anni dalla sua nascita, questa brava, bella e affascinante attrice italiana.

A.M.M.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...