Passa ai contenuti principali

FRANCO DI MARE, SETTANT’ANNI SU NUOVE “FRONTIERE


Sta solo esplorando una delle sue amate Frontiere. Consideriamolo semplicemente un inviato speciale chiamato a raccontare il luogo più bello, magico, misterioso e ignoto: il Paradiso. Franco Di Mare, un giornalista di razza, che ci racconta cosa c’è al di là di quella coltre di nuvole che separa il mondo sensibile dal sovrasensibile, come avrebbe detto Platone, il mondo dei vivi da quello dei morti. 




Con parole “franche”, come sua consuetudine in quella rubrica giornaliera che per anni ci ha tenuto compagnia all’ora della colazione, prendendo spunto dalla quotidianità e dai fatti di cronaca, Franco Di Mare è stato in grado di rendere comprensibile anche l’incomprensibile, conosciuto lo sconosciuto. Con parole mai prive di sensibilità, garbo, rispetto ed empatia ci ha dato per lungo tempo notizie dai più atroci teatri di guerra. Con parole umili, giuste e opportune ha avuto anche il coraggio di chiedere scusa degli errori commessi (come aver partecipato, da giovane e appassionato cronista, alla campagna mediatica scatenatasi contro l’innocente Enzo Tortora). E con la medesima delicatezza, ma anche la consueta professionalità, ha messo nero su bianco sensazioni, emozioni, paure e moti d’ira ma anche una impensabile serenità nel raccontare, in un meraviglioso libro (Le parole per dirlo), la sua esperienza con la malattia che ce lo ha portato via poco più di un anno fa. Perché Franco Di Mare non è soltanto un giornalista, è soprattutto un narratore. Uno che con la sua “penna” dipingeva volti, passioni, circostanze e avvenimenti come se fossero quadri composti di parole. Parole che lo hanno accompagnato lungo la sua intera esistenza. Nei suoi romanzi, da Non chiedere perché (in cui ha raccontato l’incontro con sua figlia in un orfanotrofio di Sarajevo) e Il cecchino e la bambina (appunti dai fronti di guerra), da Il paradiso dei diavoli (il racconto di una Napoli meravigliosa e spaventosa nella sua dualità) a Il caffè dei miracoli, Il teorema del babà e Barnaba il mago (trilogia ambientata in un immaginario paesino della Costiera amalfitana), quelle parole ci hanno fatto ridere, commuovere, riflettere. Allora ecco che viene naturale pensarla così: Franco Di Mare non è andato via. Sta solo proseguendo altrove il lavoro di sempre. Dopo anni in cui aveva preferito smettere di fare l’inviato, per prendersi un po’ più di tempo per se stesso, per vivere una quotidianità più tranquilla ma sempre al servizio della parola e della buona informazione, è credibile che abbia deciso di lanciarsi in una nuova avventura, di esplorare e raccontare un luogo che ha sempre affascinato tutti, credenti, non credenti e dubbiosi. Lo immagino così: con una sciarpa bianca al collo, il giubbotto di pelle, il microfono in mano e quell’indimenticabile sorriso barbuto mentre descrive strade, case e monumenti fatti di batuffoli di nuvole o parla con l’Ufficio Stampa dell’Altissimo per una intervista esclusiva. La prima domanda che gli farebbe? Secondo me il perché, tra i tanti angoli del pianeta, abbia scelto proprio il golfo di Napoli - secondo la leggenda una pura casualità, ma Anatole France diceva che Caso è solo lo pseudonimo che usa Dio quando non vuole firmare - per buttare un pezzo di Paradiso sulla terra. Sì, io preferisco pensare che le cose stiano davvero in questi termini e che quel giovane cronista de L’Unità cresciuto tra gli ostricari di Mergellina (suo padre e suo nonno), studente di Scienze politiche e giovane proprietario di un rinomato pub irlandese a Fuorigrotta, inviato di guerra per il TG2, giornalista del TG1 e poi conduttore, direttore di rete ma soprattutto amabile scrittore, sia rinato a nuova vita solo per raccontare un luogo migliore di questo. Non ci resta che aspettare, dunque. Prima o poi Frontiere tornerà sui nostri schermi con questa nuova inchiesta. Quando? Nessuno può dirlo. Chi però ha una spiccata sensibilità può provare a sperarlo. Io, nel mio piccolo, voglio crederlo. Come voglio credere che in questo momento Franco stia Lassù, seduto davanti a una torta con Totò, Luciano De Crescenzo e Maradona pronto a spegnere le sue settanta candeline nel bel mezzo di una allegra festicciola. Allora non disturbiamolo oltre coi nostri pensieri. Limitiamoci a usare le parole come ci ha insegnato lui: con essenzialità e misura. Buon compleanno, Franco!


A.M.M.


Commenti

Post popolari in questo blog

GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...