PASQUA, RIVOLUZIONE QUOTIDIANA
«Don Camillo non dimenticare che anche io, durante la mia breve vita terrena, ero un capellone» diceva sorridente il Crocefisso al burbero parroco emiliano in uno dei più bei romanzi di Guareschi, Don Camillo e don Chichì. Il Cristo, con cui il prete parlava a tu per tu, voleva consolare e redarguire al tempo stesso un don Camillo alle prese con scalmanati ragazzi dai capelli lunghi (tra cui il figlio del sindaco Peppone), ragazzine spigliate (Cat, la nipote del parroco) in minigonna e quella rivoluzione socio-culturale di metà anni ’60, nel bel mezzo del rinnovamento della Chiesa stessa secondo i dettami del Concilio Vaticano II.
Don Camillo, in verità, nelle pagine di quel romanzo si rivelava più moderno e all’avanguardia - secondo i solidi precetti umani e cristiani - di tanti rinnovatori propriamente detti. Ma il Cristo, dalla sua croce issata sull’altare di una parrocchia della Bassa emiliana, raccontava una verità che in molti spesso dimenticano. Gesù, figlio di Dio e figlio dell’Uomo, era un ragazzo capellone e rivoluzionario forse più dei tanti “zazzeruti” degli anni ’60. La sua Rivoluzione, ovvero riportare al popolo la parola del loro Padre, fu compiuta con la forza e la tenacia di chi conosce l’animo umano come pochi. Di Rivoluzionari ce ne sono sempre stati tanti. Anche i guerrafondai, gli uomini di potere, i capitalisti di ogni tempo e i folli estremisti in nome di un dio si sono sempre presentati come degli innovatori. Sostenitori di una Pars destruens in virtù di una Pars costruens direttamente legata alla prima fase, ovvero quella del distruggere per ricostruire meglio. E che la distruzione riguardasse usanze, costumi, precetti, valori, sistemi politici o generazioni di esseri umani poco importa. I fautori di queste Rivoluzioni, fondate sulla forza e sull’abuso, hanno sempre anteposto il proprio interesse a quello degli altri. Gesù, invece, ha fatto del Verbo e della comprensione la sua Rivoluzione. Ha attraversato deserti, frequentato templi, case, piazze, bordelli. Si è lasciato deridere di fronte a quelle sue parole che sembravano farneticazioni di un folle, si è lasciato percuotere, offendere, processare, crocifiggere e morire. Ha rinunciato a se stesso pur di salvare l’umanità intera. La vera Rivoluzione, però, quella che si è compiuta nel Verbo e che hanno fatto propria i seguaci di Cristo, ha trovato il suo apice nella Resurrezione. La Resurrezione di Gesù, la promessa fatta all’umanità prima di abbandonare le spoglie mortali e di raggiungere quell’Altrove in cui chi è cristiano crede, è stata la più grande Rivoluzione della Storia. Una Rivoluzione che la Settimana Santa e la Pasqua celebrano annualmente con la consapevolezza di aver regalato all’Uomo la sua più grande risorsa: la capacità di saper risorgere dalle proprie ceneri. E non solo le ceneri della morte, ma quelle che ci seppelliscono ogni giorno, quando ci ritroviamo continuamente a lottare per la sopravvivenza tra le grandi e piccole difficoltà quotidiane. Perché si muore e si risorge ogni giorno. Perché siamo tutti dei rivoluzionari, pronti a combattere contro le insidie del mondo d’oggi. Un mondo dove la vera Rivoluzione è essere se stessi e non smettere mai di credere che un domani diverso sia possibile. Serena Pasqua a tutti!
A.M.M.
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