Passa ai contenuti principali

 ELSA MARTINELLI, FEMME DI FAMA

 Da commessa a mannequin, da principessa dell’alta moda internazionale ad attrice, da Hollywood a Cinecittà. Elsa Martinelli era una di quelle donne italiane che hanno conquistato il mondo: con eleganza, fascino e discrezione. Toscana di nascita - avvenuta a Grosseto, il 30 gennaio 1935, novant’anni fa esatti - ma romana d’adozione, la Martinelli era soltanto una giovanissima commessa quando, grazie a coincidenze fortunate, si trovò a passare dal retro di un bancone alle passerelle più prestigiose, iniziando una carriera da indossatrice che la portò oltreoceano, fino a New York. 


Alta, bella, di grande classe, venne notata in copertina da Kirk Douglas, che la volle con sé nel film Il cacciatore di indiani, suo trampolino di lancio nel mondo del cinema, dove Elsa Martinelli brillò per grazia e naturalezza. La consacrazione in patria arrivò nel 1956, con Donatella di Mario Monicelli - che le valse l'Orso d'Oro al Festival di Berlino -, dove ella interpretava una sorta di Cenerentola di estrazione popolare romana che rapisce il cuore di un principe azzurro che ha il volto e lo charme di Gabriele Ferzetti. Una favola moderna che fece di Elsa Martinelli un volto amatissimo e popolare su un corpo naturalmente elegante che risultava credibile nelle più belle vesti d’alta sartoria come nei costumi di scena più poveri. Ha lavorato con Raffaello Matarazzo e Mauro Bolognini, con Orson Welles e Howard Hawks. È stata la ragazza ingenua, la fidanzata capricciosa, la prostituta astuta, la moglie delusa e l’amante appassionata. Ha sfilato sul palco della vita come in passerella: con garbo, misura ed educazione. È stata la diva e il suo esatto contrario. Adorazione e ritrosia. Fino alla fine, sopraggiunta nel 2017, quando se ne andò in punta di piedi, con eleganza e discrezione, come se fosse ancora sul tappeto rosso. Quello dell’ammirazione eterna e della fama perpetua.

A.M.M.





Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...